La mostra alla Züst di Rancate dedicata a Domenico Fontana

di Laura Quadri 

Di lui si ricordano anzitutto le imprese romane condotte per papa Sisto V: la Cappella «Sistina», luogo di sepoltura del Pontefice, presso la basilica romana di Santa Maria Maggiore, il Palazzo Lateranense, la Scala Santa, la Biblioteca Vaticana; ma poi anche il Palazzo reale di Napoli, gli interventi nel Duomo cittadino, l’allestimento delle cripte nelle cattedrali di Amalfi e Salerno. Una carriera, quella del ticinese Domenico Fontana (1543-1607) incominciata da lontano, dalla sua terra e dal suo paese di origine, Melide, per poi farne un nome noto lungo tutta la Controriforma, grazie a Sisto V che gli affiderà la realizzazione di alcune delle opere a lui più care e preziose. Una mostra, attualmente visitabile alla Pinacoteca Züst e congiuntamente allestita con l’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana – con il partenariato dei Musei Vaticani e il patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Fondazione della Guardia Svizzera Pontificia – intende ripercorrerne il vissuto, nell’intento di far rivivere un’eccellenza tutta ticinese che modificò sensibilmente, con il suo operato, il panorama artistico e architettonico dell’Urbe: «L’età di Sisto V, il momento in cui Fontana gode di maggior successo – ci racconta la prof.ssa Patrizia Tosini, curatrice della mostra insieme al prof. Nicola Navone – è uno dei periodi più fervidi dell’età della Controriforma, una fase di riaffermazione della centralità della Chiesa di Roma, che manifesta la sua supremazia anche attraverso grandi imprese artistiche a carattere pubblico. Di questa attività di propaganda attraverso le arti visive e l’architettura si fa interprete Fontana, scelto dal Papa non solo per le sue competenze, ma proprio per la sua capacità di organizzare i cantieri, accantonando la sua identità di singolo artefice, a vantaggio di creatività e produttività collettive».

Le committenze pontificie

Così, presto, Fontana si ritrova a dirigere vere e proprie squadre di artisti, architetti, scultori: «Il sistema di organizzazione corale nei cantieri di Fontana – prosegue Tosini – è certamente un aspetto peculiare del suo tempo, già anticipato nei grandi cantieri decorativi del pontificato precedente, quello di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585): si tratta di un metodo di organizzazione del lavoro che vuole rispondere all’incalzare delle grandiose committenze pontificie, che richiedevano sempre più uno sviluppo rapido ed efficace, sia sotto il profilo della «comunicazione visiva», sia dal punto di vista dell’intreccio delle diverse competenze artistiche. È proprio l’efficacia di questo approccio a garantire il successo di Fontana e il saldo rapporto di fiducia stabilito con Sisto V, che gli sollecitò (come scrisse, nel Seicento, lo storico Giovanni Pietro Bellori) «l’invenzione di tante opere» in tempi brevissimi».

Da Melide a Roma

Il viaggio che da Melide condusse Fontana a Roma è tuttavia ancora da chiarire e, in parte, avvolto nel mistero: «È certo tuttavia – prosegue il prof. Navone, prendendo la parola – che a Roma Domenico fu preceduto dal fratello maggiore Giovanni, che stabilisce importanti rapporti di committenza con la famiglia Sforza di Santa Fiora. Importante fu anche la collaborazione con Giovanni (e gli altri due fratelli, Marsilio e Santino, mancato prematuramente) e Carlo Maderno, di cui Fontana era zio. Fu anche grazie a loro che egli potè assurgere a una tale notorietà».

L’obelisco egizio

Notorietà dovuta, come noto a molti, anche all’innalzamento del famoso obelisco di origine egizia che ancora oggi campeggia al centro di Piazza S. Pietro: «Già altri pontefici – spiega Navone – si erano proposti di far traslare dalla sua originaria collocazione, sul lato meridionale della basilica di San Pietro, il solo obelisco egizio integro e in posizione eretta che sorgesse a Roma. Ma fu Sisto V a compiere questa impresa proprio grazie a Fontana, il cui progetto venne preferito a quello del fiorentino Bartolomeo Ammannati (1511-1592) e di altri pretendenti, sollecitati da un concorso d’idee bandito dal pontefice. Mentre la maggior parte delle proposte s’ingegnava a traslare l’obelisco in posizione eretta, Fontana assunse il rischio di «coricarlo» e innalzarlo nuovamente, una volta giunto a destinazione, per poterlo trasportare in orizzontale, così da ridurre il rischio di incidenti durante la traslazione di alcune centinaia di metri».

Fino al 19 febbraio

Ricostruire le dinamiche di questi lavori fa parte dell’approccio innovativo della mostra, che rimarrà visitabile fino al 19 febbraio: «Il nostro auspicio è quello di essere riusciti a restituire ai visitatori una figura di primo piano della storia architettonica e artistica italiana, specialmente nelle sue componenti di modernità. Inoltre, speriamo di aver suscitato la curiosità di visitare i luoghi che la mostra evoca attraverso le molte opere esposte e le sue ricostruzioni multimediali», concludono gli studiosi.

6 Febbraio 2023 | 09:45
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