Il prof. Adriano Fabris, direttore dell'Istituto ReTe.
Ticino e Grigionitaliano

La fede è veramente scomparsa o forse va cercata sotto la cenere?

di Cristina Vonzun

La copertina del libro.

Non c’è dubbio che il volume appena pubblicato «La fede scomparsa. Cristianesimo e problema del credere» (Ed. Morcelliana 2023) di Adriano Fabris, direttore dell’Istituto RETE della Facoltà di teologia di Lugano, con un simile titolo incuriosisce e contemporaneamente sconcerta. Se poi siamo sufficientemente realisti e guardiamo attorno a noi, nel nostro Occidente secolarizzato, non possiamo che constatare una notevole corrispondenza tra il titolo e la realtà che ci circonda. Tuttavia Fabris, dopo aver presentato – grazie a recenti studi e indagini – un disanima della situazione della fede nel contesto occidentale, si spinge e ci spinge oltre: a capire il fenomeno anzitutto a partire dal contesto: la complessità del mondo di oggi che corre veloce, le chiese sempre più vuote, l’indifferenza generalizzata nei confronti di un approccio religioso alla vita. Si riscontra anche – spiega l’autore – la sopravvivenza di una fede soggettiva meglio definibile come credenza individuale, a cui i più attingono quando e come serve. La fede, anche quella cattolica, appare in tensione tra due polarità: un piccolo gregge di credenti da un lato e gruppi di fondamentalisti religiosi dall’altro, imprigionati questi ultimi in una guerra senza confini con quel mondo di oggi che vedono «cattivo» e che li intimorisce. La fede appare «debole», indebolita nelle sue motivazioni e vissuta in una società dalla cultura «tecnica». Fabris riguardo a questo aspetto cita lo scrittore e filosofo tedesco Günther Anders. La società dalla cultura tecnica non pone più domande di senso ma solo domande pratiche che si concentrano sul «come fare le cose», possibilmente nel minor tempo possibile e seguendo la procedura più efficiente. Non c’è spazio per il senso, o se c’è, esso è relegato alla sfera della soggettività. Dopo questa analisi Fabris conduce il lettore a porsi una domanda: cos’è la fede che oggi si è smarrita? La risposta si radica nella tradizione neotestamentaria e da essa riparte: la fede è un incontro, una relazione che chiede di essere vissuta e sperimentata. La fede, viene descritta a partire da quel capovolgimento culturale incredibile che compie San Paolo quando afferma, scrivendo ai Corinzi, quindi ad un contesto di sapienza greca, ma tenendo presente anche il pensiero ebraico a lui contemporaneo: «Non ha forse Dio reso pazza la sapienza del mondo? (…) I giudei infatti chiedono segni miracolosi, i greci cercano sapienza, ma noi invece predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per i greci è pazzia» (Cfr 1 Cor 20,25ss). La fede che va riscoperta – secondo l’autore – è una relazione sempre in atto, ai tempi di Paolo come oggi. Non è una sapienza soggettiva per vivere bene o un evento prodigioso. «La fede annuncia un incontro, un cambiamento che si sperimenta: è una «resurrezione» quotidiana». Non è repulsione della conoscenza, ma a partire dalla relazione e non da idee o elucubrazioni o sapienze varie, è relazione capace di cultura, cioè in grado di incidere nelle motivazioni personali e collettive. Fabris attinge all’esempio dei Padri della Chiesa dei primi secoli che – senza timore della cultura non cristiana a loro contemporanea – hanno saputo far incontrare il mondo pagano con il cristianesimo anche sul piano delle idee. Ma prima di tutto, resta che la fede è relazione e come tale calza a pennello con quello che ogni essere umano sperimenta di essere: un soggetto in «relazione», che attende e incontra un Dio relazionale, capace di risollevarlo proprio in ciò che lo costituisce: l’insieme delle sue relazioni quotidiane e la relazione con sè stesso. Una relazione che è comunità. Il libro aiuta a pensare e forse a ritrovare cos’è la fede sotto la cenere delle sue diverse interpretazioni.

Il prof. Adriano Fabris, direttore dell'Istituto ReTe.
2 Aprile 2023 | 14:18
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