Il papa incontra gli indigeni (foto Twitter Spadaro)
Papa e Vaticano

Il Papa agli indigeni: «Vi indico tre donne esempio di riconciliazione»

Un «tesoro impareggiabile, fatto di persone e popolazioni, volti, sorrisi e parole». Così Papa Francesco descrive la popolazione indigena incontrata in Canada durante questo suo 37esimo viaggio apostolico. In mattinata, venerdì 29 luglio, dopo l’incontro privato con i membri della Compagnia di Gesù presso l’Arcivescovado a Québec,  il Papa ha infatti nuovamente voluto salutare una delegazione di indigeni, confessando di avere cuore e animo profondamenti segnati da realtà che gli sono «entrate dentro» e che lo accompagneranno sempre.

«Vi ringrazio per essere venuti qui da diversi luoghi. La vastità di questa terra fa pensare alla lunghezza del percorso di guarigione e riconciliazione che stiamo affrontando insieme…Sono state le vostre realtà, le realtà indigene di questa terra, a visitare il mio animo: mi sono entrate dentro e mi accompagneranno sempre. Oso dire, se me lo permettete, che ora, in un certo senso, mi sento anch’io parte della vostra famiglia, e ne sono onorato«, ha affermato il Pontefice incontrando la delegazione.

Un donarsi, quello di Francesco pellegrino, affinchè insieme «si prosegua nella ricerca della verità, si progredisca nel promuovere percorsi di guarigione e nella riconciliazione», e perché si vada avanti – rimarca – a seminare speranza tra chi, indigeno o no, desidera «vivere insieme fraternamente, in armonia». Poi la confessione: il viaggio intrapreso, da dono offerto si è trasformato in dono ricevuto.

Se sono venuto animato da questi desideri, ritorno a casa molto più arricchito, perché porto nel cuore il tesoro impareggiabile fatto di persone e di popolazioni che mi hanno segnato; di volti, sorrisi e parole che rimangono dentro; di storie e luoghi che non potrò dimenticare; di suoni, colori ed emozioni che vibrano forti in me.

In pochi tratti, il Papa, torna ai valori di questi popoli incontrati. Ricorda la festa di Sant’Anna impressa nella memoria in modo indelebile: quanto è prezioso – fa notare ancora una volta – nell’individualismo del mondo di oggi il vostro «genuino» «senso di familiarità e di comunità» e quanto è «importante coltivare bene il legame tra i giovani e gli anziani, e custodire un rapporto sano e armonioso con l’intero creato».

E prima di congedarsi, a suggellare l’importanza del «percorso di guarigione e riconciliazione», che da Roma in primavera fino ad oggi in Canada Francesco e i popoli indigeni stanno affrontando insieme, c’è un atto di affidamento tutto al femminile che il Papa compie. «Camminare insieme» è un «progetto», una «grande opera gradita a Dio», dice, e allora il pensiero va alla protezione e all’aiuto di chi «sa custodire ciò che nella vita conta». Sono, in particolare, le donne.

Il percorso di riconciliazione affidato all’esempio di tre donne

Sant’ Anna, afferma il Papa, tenera e protettiva, venerata in questi giorni proprio insieme al popolo indigeno, la Santa Madre di Dio, «pellegrina» per eccellenza, anche oggi «in cammino  tra Cielo e Terra» per prendersi cura di noi per conto di Dio. E poi Kateri Tekakwitha, la prima indigena nordamericana a essere proclamata santa dieci anni fa da Benedetto XVI. Una vita difficile la sua: sfigurata e menomata dal vaiolo di fine «600 orfana e vessata dalla famiglia che la voleva forzatamente sposa, Kateri riuscì a scappare e fu battezzata laddove oggi le sue spoglie riposano, ad Albany, grazie ai missionari francesi.

La mia preghiera e il mio pensiero sono andati spesso in questi giorni a una terza donna dalla presenza mite che ci ha accompagnati, e i cui resti sono conservati non lontano da qui: mi riferisco a santa Kateri Tekakwitha. La veneriamo per la sua vita santa, ma non potremmo pensare che la sua santità di vita, connotata da una dedizione esemplare nella preghiera e nel lavoro, nonché dalla capacità di sopportare con pazienza e dolcezza tante prove, non potremmo pensare che questa santità di vita sia stata resa possibile anche da certi tratti nobili e virtuosi ereditati dalla sua comunità e dall’ambiente indigeno in cui crebbe?

Perché loro dunque? «Possono aiutare – spiega Francesco – a mettere insieme, a tornare a tessere una riconciliazione che garantisca i diritti dei più vulnerabili e sappia guardare la storia senza rancori né dimenticanze». In particolare infatti Maria e Santa Kateri possono intercedere in quanto hanno detto «sì» a Dio in modo coraggioso, hanno avverato il sogno di Dio su di loro ” senza domandare ad alcun uomo».  Avvenga così anche per chi conduce il percorso di guarigione e riconciliazione:

Hanno ricevuto da Dio un progetto di vita e, senza domandare ad alcun uomo, hanno dato il loro «sì» con coraggio. Queste donne avrebbero potuto rispondere male a tutti coloro che si opponevano a quel progetto, oppure rimanere soggette alle norme patriarcali del tempo e rassegnarsi, senza lottare per i sogni che Dio stesso aveva impresso nelle loro anime. Non fecero questa scelta, ma con mansuetudine e fermezza, con parole profetiche e gesti decisi si aprirono la strada e adempirono ciò a cui erano state chiamate.

Che esse benedicano il nostro cammino comune, intercedano per noi e per questa grande opera di guarigione e riconciliazione tanto gradita a Dio.

Vaticannews/red

Il papa incontra gli indigeni (foto Twitter Spadaro)
29 Luglio 2022 | 18:03
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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