Il film: «Chiara Lubich. Tutto vince l'amore»

Adriana Masotti – Città del Vaticano

«Una storia importante, la storia di una donna normale che riesce a fare qualcosa di straordinario in mezzo ad un contesto di dolore, una figura molto sfacettata il cui disegno era avvicinare le persone». Il direttore di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati, apre una conferenza stampa in modalità online molto affollata, oltre un centinaio i giornalisti collegati per la presentazione del primo film su Chiara Lubich intitolato semplicemente «Chiara Lubich», ma con un sottotitolo significativo «Tutto vince l’amore», con cui si apre la stagione televisiva 2021 della Rai stessa. Si tratta di una coproduzione Rai Fiction – Eliseo Multimedia, prodotta da Luca Barbareschi in collaborazione con Trentino Film Commission e con il sostegno della Fondazione Museo Storico del Trentino. Verrà trasmesso in prima serata su Rai uno, domenica 3 gennaio 2021.»Che tutti siano uno» come programma di vitaIl luogo dove ha inizio l’avventura di Chiara è la città di Trento, in piena seconda guerra mondiale. In mezzo ai bombardamenti, immersa nei dolori dell’umanità, capisce che c’è qualcosa che non potrà essere distrutto, è Dio. Sceglie di consacrarsi a Lui, ma per lei questo signfica rimanere nel mondo per poter amare tutti i fratelli e le sorelle. La decisione di vivere concretamente il Vangelo, condivisa con alcune ragazze, scatena la reazione dei benpensanti e trova difficoltà ad essere accettata anche nell’ambiente cattolico della città. «Che tutti siano uno» sono le parole del Vangelo che più colpiscono Chiara fino a diventare il suo programma di vita. A lei si uniscono altre persone, uomini e donne, prende forma così il Movimento dei Focolari, a lungo studiato dalla Chiesa e quindi approvato. Ora il Movimento è diffuso in 180 Paesi del mondo con l’intento di contribuire a realizzare la fratellanza universale nella convinzione che l’amore costruisce ponti tra gli uomini di qualunque razza o fede religiosa.Un’affollata conferenza stampa onlineA fare gli onori di casa alla conferenza stampa, anche il direttore di Rai Uno, Stefano Coletta: il film condensa in maniera molto diretta e senza retorica quella che è stata la persona della fondatrice del Movimento dei Focolari, afferma. «Lei aveva incontrato Dio nell’azione, prosegue, e così l’ha veicolato durante tutta la sua vita». Di lei Coletta fa notare il suo essere persona pratica, curiosa, attenta, di grande intelligenza, priva di pregiudizi nei confronti degli altri, molto tenace. Il suo pensiero e la sua testimonianza, aggiunge, ci può offrire una chiave di lettura valida anche per il momento e il mondo di oggi. «Il mondo si è ridotto ad essere una monade – esordice il produttore Luca Barbareschi – si è chiuso in se stesso e vi prevale l’io al posto del noi». Rivendica per il suo gruppo di lavoro, dunque, la scelta di voler impegnarsi su strade diverse, anche se difficili, e realizzare un film su Chiara Lubich, dice, è stata forse la più difficile. «Metafora di speranza e di coraggio in un periodo in cui manca l’ispirazione per andare avanti, simbolo di semplicità, di passione, di volontà di unire, di promuovere il dialogo tra persone diverse, si è continuamente arricchita delle diversità», dice di lei.Nel film Chiara con una delle sue prime compagne (foto di Marco Bellucci)Nel film Chiara con una delle sue prime compagne (foto di Marco Bellucci)Protagoniste le prime compagne di ChiaraNel film, tra le prime cinque ragazze che si stringono attorno alla giovane Lubich, c’è anche Ines interpretata da Aurora Ruffino. Il suo intervento in conferenza stampa è carico di emozione e riferisce di un rapporto costruito con le altre interpreti molto intenso di sorellanza. Mette in rilievo il valore dell’unicità di ogni persona, ci si può voler bene, afferma, anche se si prendono strade diverse, come farà il suo personaggio, che, pur desiderando seguire la stessa strada di consacrazione fatta da Chiara, capirà che la sua vocazione è un’altra, quella di farsi una famiglia, ma che nulla le potrà impedire di vivere l’amore verso Dio e verso gli altri con la stessa intensità.Campiotti: l’estrema chiarezza del Vangelo Giacomo Campiotti non è alla sua prima esperienza come regista di ritratti di santi e di personaggi che hanno ispirato la nostra storia, come il dottor Moscati, il maestro Manzi, il giudice Di Bella. Questa «è stata un’impresa esaltante – afferma – ma è stata anche la sceneggiatura più difficile della mia carriera, poteva fallire e invece ci siamo riusciti». Ai nostri microfoni spiega qualcosa di più: «Diciamo che la storia di Chiara manca un po’ di quegli elementi super drammatici così cari alle fiction, perchè il suo percorso è soprattutto un viaggio interiore e quindi è più difficile da raccontare. Penso però che noi ci siamo riusciti cercando di ritrovare nel suo messaggio, nella sua vocazione, le cose più semplici, che sono quelle più profonde, e quelle che potevano arrivare a tutto il pubblico, e cioè questa idea che c’è nel Vangelo, così semplice, che è quella di amare gli altri e di vedere Dio nel prossimo. Ecco nel momento in cui tu riesci a rapportarti con le altre persone per praticare la solidarietà, l’ascolto e l’amicizia, tutto cambia dentro di te e anche intorno a te». E’ quello che è successo a Chiara che non aveva nessuna intenzione di fondare un movimento, con milioni di persone addirittura di tutto il mondo, osserva Campiotti, «lei stava cercando solo di seguire la sua coscienza e guardate che cosa è successo».

3 Gennaio 2021 | 07:51
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