Un'istantanea di un incontro di "Cammino Giovani"
Ticino e Grigionitaliano

Il «Cammino giovani» della Pastorale Giovanile della Diocesi di Lugano, un'opportunità per riflettere e mettersi in gioco

Si è conclusa la serie di collegamenti online proposti come formazione cristiana all’interno di un gruppo di giovani della Pastorale Giovanile. Il «cammino giovani» è iniziato poco dopo la pandemia, in un’ottica di sviluppo delle reti, con l’intento di coinvolgere pure giovani adulti fuori dal Ticino per questioni di studio e lavoro.

Durante questo anno pastorale si sono avuti quasi una decina di incontri da novembre a marzo. Si sono toccati temi come i cristiani in politica, la realtà delle cellule parrocchiali, gli abusi nell’ambito ecclesiale e sociale, il ruolo di uomo e donna nella Chiesa, un approfondimento giuridico ed etico sul matrimonio per tutti, l’Economy of Francesco e la preghiera.

Don Rolando Leo, assistente della Pastorale Giovanile: «Abbiamo avuto il contributo di ospiti esterni ma anche degli stessi giovani che, a seconda delle loro competenze e della loro preparazione, si sono messi in gioco. L’ultimo contributo, proprio alle porte della Settimana Santa, è stato sulla preghiera. Si è trattato soprattutto di una tavola rotonda creata attraverso un impulso specifico di teologia spirituale che poi ha permesso una condivisione di esperienze preziose dei giovani in linea, su come ognuno vive la preghiera nella sua vita di fede. Si sono messe in luce parole chiave, antiche, come cuore, silenzio, fede, frutto, festa, respiro, Spirito … anima. Si impara sempre dai giovani, ed anche questa serata è stata edificante, sentendo le varie definizioni ed espressioni spirituali vissute. C’è chi ha parlato di «occasione per togliersi un peso e per riempire lo spazio con qualcosa di redditizio» (Fabiano), «cosa che viene dal cuore e che si trasforma in vita concreta» (Amodini), «dialogo che cambia nel tempo, relazione, vita» (Lucrezia), «dialogo e azione che parte dal desiderio di Dio, con il motivo presente del perché/per chi lo fai …» (Luca), «azione fisica per l’altro» (Karlo), «dialogo, rivolgere un pensiero a Dio» (Lia). Talvolta il dubbio dei ragazzi è capire se si prega in modo giusto, se si è ascoltati davvero, se serve … e ci si chiede quale sia la modalità migliore, se è come «faccio» io o se è «l’ascolto». Fatto sta che da questo desiderio è nato un gruppo di preghiera in Ticino, piccolo ma bello, che organizza periodicamente nel Sopraceneri e nel Sottoceneri delle serate di adorazione, insieme. Vedremo come questo cammino si svilupperà dopo l’esperienza delle GMG di Lisbona che vivremo assieme in agosto!»


Sull’ultima serata, «Signore, insegnaci a pregare«, Dennis Pellegrini, propone una sua riflessione

Che cosa è la preghiera? Cosa vuol dire per me pregare? Quale è stata la mia prima esperienza di preghiera? Queste e altre sono state le domande che ci hanno accompagnato nell’incontro online, organizzato dalla Pastorale Giovanile della Diocesi di Lugano, tenutosi martedì 28 marzo a partire dalle 20.30, proprio sul tema, apparentemente scontato e facile, ma ad un primo approfondimento già complicato e assai vasto, della preghiera. Con grande gioia, ho avuto la possibilità di proporre un piccolo input iniziale per dare il via alle danze, che consistevano in una sorta di piccola e nostrana tavola rotonda di riflessione e condivisione, ma soprattutto di testimonianza, sull’esperienza di preghiera dei singoli partecipanti.

Se ci pensiamo, la preghiera, intesa come espressione profonda che nasce nel cuore dell’uomo, come riteneva Sant’Agostino e con lui molte altre figure spirituali della storia cristiana, e che poi si tramuta in un dialogo con Dio, è qualcosa di profondamente primordiale nell’esperienza umana. Quando siamo ancora dei cuccioli, ci esprimiamo in particolare con il pianto, che è già una prima forma di preghiera, che la mamma è capace di interpretare per darci ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Per me, come maschio, all’apparenza il vagito dell’infante è sempre il medesimo, mentre il cuore materno è in grado di interpretarne profondamente la vera richiesta. Così come fa Dio con ciascuno di noi, anche quando siamo grandi. Ci esprimiamo nella preghiera sempre allo stesso modo, chiedendo magari sempre le stesse cose: ma Dio sa interpretare i nostri vagiti e ci dà ciò di cui davvero abbiamo bisogno, che non corrisponde sempre a quello che noi crediamo di aver capito. La preghiera è quindi prima di tutto dialogo, come dicevamo, e quando si esprime con lacrime (come i bambini…), raggiunge il suo apice, come sosteneva già un grande padre del deserto del IV secolo, Evagrio Pontico, in quanto le lacrime sono l’espressione forse più vera e sincera della nostra interiorità (vengono chiaramente dal cuore dell’uomo).

Papa Francesco afferma che «la preghiera è il respiro della fede, è la sua espressione più propria». Noi abbiamo fisicamente bisogno dell’aria per poter respirare e sopravvivere. Ma non possiamo dimenticarci di coltivare anche la nostra dimensione interiore, la cui aria per respirare è proprio la preghiera, il dialogo con Dio, altrimenti rischiamo di sfaldarci e morire «dentro». Ma, siccome siamo un tutt’uno, anche tutta la nostra vita ne risentirebbe negativamente.

Nella condivisione, molto bella e profonda, sono emersi alcuni elementi fondamentali che riguardano il tema della preghiera. Uno in particolare mi ha colpito e sul quale vorrei brevemente soffermarmi. Ovvero, il fatto che diversi giovani raccontavano di come la loro relazione con Dio nella preghiera fosse iniziata grazie a nonni o genitori che hanno insegnato a pregare fin da piccoli. Questa cosa è straordinaria. Se ci pensiamo bene, si tratta di piccoli semi che vengono gettati nel nostro spirito. Magari, fin quando siamo ancora piccoli, le recitiamo per come le abbiamo imparate. Poi, magari, da adolescenti le rigettiamo… Ma quei semi ci sono, e quando hanno l’opportunità di maturare e di fiorire, ne scaturisce un’esperienza di preghiera avvincente e profonda, che trasforma essenzialmente la nostra esistenza.

Vorrei concludere riprendendo alcune questioni emerse sulla questione del «come pregare». Quante volte ci capita di bloccarci mentre vogliamo pregare, perché ci sembra che quello che sentiamo nel cuore non vada «bene». Quanti moralismi inutili ed elucubrazioni ci facciamo su questo! Ma se sentiamo un giudizio nei nostri confronti, stiamo bene attenti a cacciarlo via, perché non è di certo lo spirito del bene, che non giudica mai. Rimaniamo nella preghiera. Chiediamo quello che abbiamo davvero nel cuore in quel momento, anche se razionalmente non ci sembra essere la miglior richiesta. Un bambino che chiede ai genitori quello che vuole non si pone questo problema. Perché sa che gli vogliono bene comunque, e che lo aiuteranno a capire cosa è davvero giusto e buono per lui. Non dimentichiamoci mai che Dio è un Padre buono! Non abbiamo paura di essere sinceri e totalmente onesti davanti a Lui e, di conseguenza, anche davanti a noi stessi e al nostro cuore, che ha fortemente bisogno di sentire quella mano calorosa del Padre che lo educa, lo guarisce e lo salva.

La nostra via per la preghiera è Gesù Cristo. I suoi discepoli rimasero profondamente colpiti nel vederlo completamente assorto dal dialogo con il Padre quando lo scoprivano intento nella preghiera. Da lì nasce la loro richiesta: «insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Perché la preghiera di Gesù è totalmente la preghiera del Figlio. Anche noi troviamo la pienezza nella preghiera quando entriamo in questa dinamica di figliolanza, cioè quando, per mezzo dello Spirito Santo, diventiamo figli nel Figlio, in dialogo con il Padre. La preghiera è, infine, un’esperienza trinitaria, un’esperienza di comunione (cfr. CCC 2565). Signore, insegnaci a pregare.

Un'istantanea di un incontro di «Cammino Giovani» | © PG
13 Aprile 2023 | 17:32
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