Da sinistra, i fratelli Franco e Willy Schwarz alle cascate del Niagara, nel 1957 (unico viaggio di Willy in America)
Ticino e Grigionitaliano

Giornata della memoria: a Lugano il 31 gennaio il carteggio dei fratelli Schwarz

di Laura Quadri 

È il febbraio 1944 quando Willy Schwarz, pediatra milanese di origini ebraiche, giunge in Svizzera trovandovi rifugio. Nei mesi precedenti ha raccontato al fratello Franco, emigrato nel 1940 negli Stati Uniti a causa delle leggi antisemite che lo avevano privato del lavoro, in una lunghissima lettera, la propria situazione e gli accadimenti legati al conflitto. Questa lettera e le successive risultano una testimonianza dall’indubbio valore storico, oggi raccolte nel volume «»Mio amatissimo fratello…». Fuga da Milano. 1943-45».

Edito da Casagrande, il libro, che verrà presentato in occasione della Giornata della Memoria il prossimo 31 gennaio alle ore 18 presso la Biblioteca Salita dei Frati in collaborazione con la Fondazione «Federica Spitzer», è curato dallo storico e studioso Sandro Gerbi e da una delle figlie dello stesso Schwarz, Susanna. «Le lettere mi furono consegnate direttamente dai figli dello zio Franco, quando andai a visitarli in America all’età di 50 anni», ricorda la signora Schwarz. «Inoltre, da un solaio che comprai dalle mie sorelle dopo la morte dei genitori, ritrovai in due vecchi bauli decine di lettere e documenti. Mi ripromisi di studiarli con calma. E altri parenti, visto il mio interesse, nel frattempo mi fornirono altre carte».

Il ritrovamento le appare subito prezioso: «Per me fu una lettura assolutamente nuova e fulminante: scoprii tratti molto significativi e a me quasi ignoti non solo della vita famigliare, ma anche della storia dell’Italia e del mondo intero nei difficili anni della guerra. Mio padre, molto apprezzato per il suo lavoro di pediatra sia prima della guerra che dopo, dovette interrompere la professione nel 1938 per le leggi razziali. Nel febbraio del 1944 attraverso uno dei famosi «buchi nella rete» di confine, trovò accoglienza nei pressi di Chiasso. Dopo alcuni mesi passati a Lugano, venne poi chiamato a Ginevra a dirigere il reparto pediatrico del Centre Henry Dunant dell’Ospedale della Croce Rossa, un centro di soccorso per bimbi e madri in fuga dai vari Paesi in guerra.

Come racconta in una delle lettere al fratello, fu una esperienza straordinaria che si concluse col ritorno in Italia nel luglio 1945». I tre fratelli Schwarz – Willy, padre di Susanna, autore delle quattro lettere riportate nel libro, Franco, ingegnere meccanico, e Stella, laureata in filosofia – appartenevano a una famiglia benestante di origine ebraica. «Il padre Gustavo, quindi mio nonno, nacque a Verona ma era originario dell’Ungheria; comunque di famiglia perfettamente italianizzata. Fu un commerciante di pellami. La loro madre, quindi mia nonna Caroline Rothschild, era nata a Francoforte sul Meno, la minore di 7 fratelli, in una famiglia di agiati commercianti. Tutti gli anni la madre coi figli passavano diverso tempo in Germania e per questo motivo erano tutti e tre perfettamente bilingui», continua la Schwarz. Per motivi diversi, i tre figli, in seguito, si sarebbero convertiti. Willy, in particolare, compirà un proprio percorso di ricerca, di cui il carteggio reca in parte traccia: «Attraverso lo stretto rapporto con sua zia Lina Schwarz, sorella del padre Gustavo, si avvicinò e aderì all’antroposofia di Rudolf Steiner. Lina fu pioniera di questa Weltanschauung in Italia, traduttrice delle opere di Steiner ma anche scrittrice e poetessa per bambini».

È il 25 ottobre del 1943 quando Willy inizia a scrivere la prima lettera al fratello, con l’incertezza, data l’interruzione delle comunicazioni postali con gli Stati Uniti a causa della guerra, che fosse recapitata. Nella lettera deve comunicare al fratello che il padre Gustavo, rifugiatosi nel piccolo paese di Arcisate, in provincia di Varese, gravemente oppresso dal tentativo mancato di passaggio in Svizzera, aveva scelto di porre tragicamente fine alla propria vita. A quel periodo in particolare va la mente della signora Schwarz: «Ancora oggi è per me fortissimo il ricordo lontano di una fotografia nella quale mi rivedevo in braccio al nonno Gustavo. Non l’ho mai più ritrovata e non so se sia esistita davvero, ma è il ricordo del nonno che mi ha spinto alla pubblicazione del libro».

Il ruolo del Seminario di Venegono

L’approfondimento storico delle lettere, curato da Sandro Gerbi, ne sottolinea anche l’importanza documentale: «Il valore di questi testi è anche nello stile, sobrio e aderente alla realtà, con la capacità dello scrivente di alternare molto efficacemente la narrazione di fatti privati al racconto della Grande Storia: i bombardamenti subiti dalla città di Milano nell’agosto del ’43, ad esempio, ma anche la fuga di massa – un vero e proprio esodo anche ai suoi occhi – di tantissimi giovani verso la Confederazione molto spesso per evitare l’obbligo della leva», spiega Gerbi. Così nel carteggio riecheggia veramente il clima di quel periodo, compresi aspetti meno noti: «Prima di rifugiarsi in Svizzera, ritroviamo Willy ospite del Seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, l’importante istituzione di educazione del clero ambrosiano, fondata dall’arcivescovo di Milano Schuster. Ma poi anche gli altri membri della sua famiglia, moglie e figlie, mentre lui è in Svizzera, saranno accolte ripetutamente da varie istituzioni cattoliche: conventi, monasteri, pensionati, che consentiranno la loro salvezza. Una fitta rete di collaborazione che sottolinea il ruolo della Chiesa durante il conflitto», conclude lo studioso. 

Una copia del libro può essere ordinata visitando il sito della Casa editrice Casagrande

Da sinistra, i fratelli Franco e Willy Schwarz alle cascate del Niagara, nel 1957 (unico viaggio di Willy in America) | © Archivio Schwarz
27 Gennaio 2023 | 06:25
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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