Chiesa

Francesco Saverio, Apostolo delle missioni

Francesco Saverio, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola, fu tra i più grandi missionari nella storia della Chiesa. A lui si devono il consolidamento e la diffusione della fede cristiana in India e nell’arcipelago indonesiano delle Molucche, e soprattutto l’annuncio del vangelo in Giappone.

Nacque il 7 aprile 1506 a Navarra, in Spagna. Durante la formazione universitaria a Parigi incontrò Ignazio, nobile basco di Loyola, ed entrò a far parte del nucleo originario della Compagnia di Gesù. Dopo essersi laureato, lavorò come professore d’università, quindi si recò in Italia. Qui, fu ordinato sacerdote il 24 giugno 1534 a Venezia insieme a Ignazio, che servì come segretario a Roma. In risposta a una richiesta del re Giovanni II di Portogallo al santo di Loyola, Francesco Saverio fu inviato a predicare il Vangelo in India. Salpò da Lisbona il 7 aprile 1541 e raggiunse Goa il 6 maggio 1542. Non era un semplice missionario, ma anche un rappresentante papale e un rappresentante della corona portoghese.

Goa era una grande città, con tante chiese e monasteri. Vi trascorse diversi mesi, ma il suo mandato non prevedeva che dovesse stabilirvisi come parroco. Ben presto venne chiamato nel sud-est dell’India: il territorio del nuovo incarico fu la costa di Coromandel, dove già nel 1536 l’intera comunità di pescatori, circa centomila persone, era stata battezzata. Questi cattolici vivevano come isole sparse in mezzo a una popolazione in prevalenza indù. In particolare seppe attrarre i giovani, che lo chiamavano affettuosamente «grande padre»: faceva apprendere loro i rudimenti cristiani a memoria, poi li mandava a insegnare agli adulti. Saverio arrivò in India trovando una massa di gente indifesa e lasciò dietro di sé una Chiesa ben radicata: a Travancore, nel Kerala, battezzò oltre diecimila fedeli in un mese. Entro la fine del secolo i gesuiti avevano riunito i cristiani in sedici grandi villaggi, in ognuno dei quali risiedeva un padre della Compagnia. Nel 1545 salpò per Malacca.

L’esempio di una vita semplice, santa e di duro lavoro offerto gli diede un potere irresistibile sul cuore degli altri, anche dei non cristiani. Ma neanche qui si fermò: proseguì verso le Molucche, dove fu amato anche dai musulmani. Nel 1549 fu nominato primo provinciale dei gesuiti a Goa, mentre cominciava a suscitare entusiasmo in lui la prospettiva di evangelizzare le isole del Giappone. Insieme a due confratelli, Cosma de Torres e Giovanni Fernandez, e ad Anjiro, convertito e interprete giapponese, il 15 agosto 1549 giunse a Kagoshima. Nella prima fase di quella missione furono cento le persone battezzate. Un anno dopo affidò i convertiti ad Anjiro per trasferirsi nella capitale Kyoto. Dalle conversazioni con il clero buddista capì che il cristianesimo sarebbe stato più attraente se fosse entrato nel paese dalla Cina. Comprendendo che anche la conversione della Cina sarebbe stata imitata dai giapponesi, partì alla volta del Celeste impero nel 1551. Durante la navigazione però la sua salute peggiorò. Morì nell’isola di Sancian il 3 dicembre 1552, dove fu inizialmente sepolto. Quindi, il 22 marzo 1553, il corpo fu portato a Malacca e poi, ancora incorrotto, a Goa.

Francesco Saverio lavorò in Asia per circa dieci anni. E sebbene molto tempo fu consumato in difficili viaggi per mare e in infinite attese negli insediamenti portoghesi, divenne l’apostolo dell’India e del Giappone. I suoi semplici pasti, erano tali da poter essere consumati velocemente. Il sonno era limitato ad alcune ore della notte e spesso interrotto dalle preghiere. Favorì la nascita di una letteratura cristiana indigena sulla costa meridionale dell’India e in Giappone e si adoperò per la formazione di catechisti e sacerdoti locali. Capì che, affinché la missione avesse successo, era essenziale penetrare nelle sfumature più sottili del vocabolario e della lingua e rispettare la cultura, la tradizione e l’anima di una nazione. Con il suo esempio di santità ispirò i compagni a sacrificarsi in modo eroico. Fu beatificato da Paolo V il 25 ottobre 1619. Tre anni dopo, il 12 marzo 1622, fu canonizzato da Gregorio XV insieme a Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila, Filippo Neri e Isidoro. Nel 1748 Benedetto XIV lo dichiarò patrono dell’Oriente. Nel 1904 Pio X lo proclamò patrono dell’Opera per la Propagazione della fede e nel 1927 Pio XI lo scelse come patrono delle missioni con Teresa di Gesù Bambino.

(Osservatore Romano)

 

3 Dicembre 2018 | 06:30
Tempo di lettura: ca. 3 min.
santi (36)
Condividere questo articolo!