Mons. Alain de Raemy, foto di archivio.
Ticino e Grigionitaliano

Diocesi di Lugano e lotta agli abusi: aria nuova in una Chiesa che non si ferma

di Cristina Vonzun 

Le persone vittime, prima di tutto. Dalla loro sofferenza bisogna lasciarsi «scuotere» e mai accada che questi fratelli e sorelle «non vengano accolti e ascoltati», aggravando così ulteriormente il loro dolore. Papa Francesco lo ha detto giovedì incontrando i membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, l’organismo istituito per contrastare il male degli abusi nella Chiesa. In Svizzera, in questi giorni, un’indagine dell’agenzia Keystone ha fatto il punto sulle denunce di casi di abusi nella diocesi a sei mesi dall’uscita dello studio commissionato dai vescovi svizzeri all’Università di Zurigo. Ne parliamo con il vescovo Alain. 

Mons. de Raemy, in Ticino ci sono state in questi mesi 10 nuove segnalazioni di casi di abusi, nella fattispecie soprattutto molestie ma alcuni casi riguardano anche atti sessuali con bambini e adulti. Si tratta di casi in prescrizione. Sente che qualcosa sta cambiando in Ticino dal 12 settembre 2023, cioè dalla pubblicazione del rapporto sugli abusi nella Chiesa in Svizzera fatto dall’Università di Zurigo? Lei ha visitato i vicariati, ha incontrato la gente… 
Parlarne, sensibilizzare, condividere aiuta le persone a prendere coscienza del problema, ad avere il coraggio di raccontare. Certo, è un’esperienza molto dolorosa. La Chiesa è qui per chiedere perdono, ascoltare, accogliere e sostenere chi è stato ferito. Il 12 settembre rappresenta una data di svolta, ed è significativo che anche in Ticino, dove per tanto tempo ci sono persone che hanno sofferto in silenzio, e non solo nell’ambito ecclesiale cattolico, ora c’è chi sceglie il cammino di denunciare. Un cammino che non è facile e che non per forza è liberante. Da parte mia, continuo a incoraggiare altri a non avere paura a contattarmi o a raggiungere le realtà competenti a disposizione, per questo servizio di segnalazione. Dalla nostra Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale con le sue due persone di contatto (un medico psichiatra e una psicoterapeuta), al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (Servizio LAV) del Cantone, totalmente indipendente dalla Chiesa.

A livello di formazione dei preti e degli operatori pastorali sul tema abusi sono previste iniziative o collaborazioni formative? 
Qualcosa si sta muovendo, su diversi livelli. Si percepisce la necessità di affrontare queste tematiche nell’ambito di momenti ad hoc e coadiuvati dall’aiuto e dall’accompagnamento di persone qualificate. Per citare un esempio recente, qualche giorno fa l’Azione cattolica ticinese ha presentato il programma di un ciclo di incontri formativi sulla prevenzione aperti agli educatori, ad operatori pastorali, preti e animatori. Ma anche altri movimenti e associazioni e il clero stesso chiedono e s’impegnano in una formazione che permetta l’atteggiamento giusto in ogni situazione e relazione.

Invece, specificatamente per i preti, sono previsti degli incontri o delle collaborazioni specifiche? 
La Diocesi dal 2017 collabora attivamente con Fondazione Aiuto, Sostegno e Protezione dell’Infanzia (ASPI). In questi anni sono stati già proposti diversi momenti di incontro e sensibilizzazione sul tema della protezione dell’infanzia, rivolti a presbiteri e non solo. Un esempio concreto sono i corsi di formazione e sensibilizzazione promossi dall’ASPI e dall’Ufficio insegnamento religioso scolastico e ufficio catechistico (UIRS) rivolti ai docenti di religione e di catechismo. A frequentare questi incontri vi sono sia presbiteri che laici. 

Riguardo ai seminaristi, sul tema avete delle novità da segnalare, magari a partire dalla sensibilizzazione che si fa nel resto della Svizzera?
Sicuramente, alcune delle decisioni che sono state prese a livello svizzero dalle tre principali istituzioni ecclesiastiche nazionali dopo la pubblicazione dello studio di Zurigo del 12 settembre saranno attuate anche ai Seminari. Però, forse è bene ricordare in questa sede che da 15 anni i seminaristi della nostra Diocesi sono seguiti in un cammino di discernimento, che approfondisce anche temi di prevenzione, grazie alla collaborazione con le Diocesi lombarde attraverso il centro di accompagnamento vocazionale della Diocesi di Milano. 

Chi ha visto casi di abuso in ambito ecclesiale in Ticino o chi ha subito molestie e abusi: dove segnalare

Mons. Alain de Raemy, foto di archivio. | © catt.ch
10 Marzo 2024 | 14:30
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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