«Ritratto di Alessandro Manzoni» di Francesco Hayez, 1841, conservato nella Pinacoteca di Brera di Milano.
Ticino e Grigionitaliano

Dal senso del male alla giustizia, Alessandro Manzoni parla all’uomo di oggi

di Silvia Guggiari

Il 22 maggio di 150 anni fa moriva Alessandro Manzoni, una figura fondamentale per la letteratura italiana, un autore – come ha affermato il presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella – che «parla tuttora all’uomo di oggi, alle sue inquietudini e alle sue ricerche di senso». Ma come può il Manzoni essere attuale oggi? Lo abbiamo chiesto al prof. Giacomo Jori, docente all’Istituto di Studi Italiani (USI), relatore nel recente convegno ticinese su padre Giovanni Pozzi con un interessante intervento su «Padre Pozzi e Manzoni».

Nell’opera manzoniana qual è il rapporto tra storia e provvidenza?

Per uno scrittore dal cattolicesimo radicale ed esigente come Manzoni, non dobbiamo pensare che la provvidenza sia il prevalere del punto di vista di un personaggio su un altro. Come ha mostrato bene proprio padre Giovanni Pozzi, la provvidenza non è un punto di vista particolare ma semmai una pluralità di destini che nel loro insieme compongono un quadro universale, nel quale tuttavia rimane il vero scandalo della storia umana ovvero «il problema del male». Per un cattolico, il mondo non è mai diviso tra bene e male, ma bene e male sono due facce opposte di un’unica realtà all’interno della quale l’uomo si muove disponendo del suo libero arbitrio. Da qui deriva il problema del male che, correlato al tema della giustizia, è il vero rovello di Manzoni, costantemente operante nell’insieme della sua opera.

Nel tema del male vediamo dunque tutta l’attualità del Manzoni…

Si, perché purtroppo del male non riusciamo a liberarci; è uno dei grandi misteri che fanno parte del destino umano e la profondità con la quale Manzoni ha affrontato questo tema rende l’autore milanese quanto mai attuale: non si dà risposte circa l’origine del male, ma come tutti gli autori cattolici vede il male come una battaglia perenne di fronte alla quale non desistere mai. Proprio per la sua radicalità e la profondità di vedute, per la centralità del problema del male nella sua opera, come ha sottolineato il presidente Mattarella, Manzoni è uno di quei classici che ci invitano a una perplessità nei confronti del nostro essere uomini nella storia e che ci esorta ad essere sempre vigili su noi stessi.

Un tema, quello del male, presente anche nei Promessi sposi…

Certamente, i Promessi Sposi è un romanzo sul problema del male e su quello della giustizia: la grande figura biblica alla quale ricondurre le domande del Manzoni è Giobbe, il giusto perseguitato ingiustamente dallo stesso suo Dio. Dal libro di Giobbe fino ai Promessi Sposi scaturisce una grande domanda su che cos’è la giustizia di fronte a Dio e di fronte agli uomini.

Da dove giunge l’ispirazione per i personaggi dei Promessi Sposi?

La grande attenzione di Manzoni è rivolta alle classi sociali, al modo in cui la società è composta. Un’attenzione, quella riguardante gli ultimi della società, che è costante già nelle tragedie all’epoca dell’Adelchi dove l’autore ci conduce a scoprire la sorte dei Longobardi. Nei Promessi Sposi, l’autore mette in scena storie di gente senza nome che diventano Renzo, Lucia, Agnese… Quello che rende vivi questi personaggi è l’attenzione del Manzoni nei confronti di strati sociali che trovano spazio nella letteratura italiana. Attraverso la sapienza di un narratore straordinario, i personaggi vivono di vita propria al di fuori del romanzo. Anche chi non ha letto il romanzo sa bene, ad esempio, che don Abbondio è un pavido curato di campagna.

Quanto ha inciso la fede nel percorso di Manzoni?

Manzoni ha avuto una formazione europea e insieme lombarda, che dal punto di vista religioso si può qualificare come ambrosiana e borromaica: questa componente è ben attestata nei Promessi sposi ed è viva ancora oggi. Non si può pensare ai Promessi sposi senza la presenza del modello controriformistico di matrice borromaica, come mostra esemplarmente il personaggio di Federico Borromeo. Per concludere si puo’ osservare con Giovanni Pozzi che il Manzoni come narratore non pronuncia mai il nome di Dio nel romanzo e lo stesso vale per la provvidenza. Ma fa pronunciare questo nome a diverso titolo dai suoi personaggi, poiché Manzoni narratore e uomo di fede è interessato al modo in cui il nome di Dio si incarna nella storia e nella pronuncia dei singoli.

«Ritratto di Alessandro Manzoni» di Francesco Hayez, 1841, conservato nella Pinacoteca di Brera di Milano. | © Wiki Media
5 Giugno 2023 | 09:50
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