Padre Dario Bossi, superiore provinciale dei Missionari
Comboniani del Brasile e membro della Repam.
Internazionale

Dal Brasile, lo sguardo di padre Dario Bossi sulla COP27

di Silvia Guggiari

L’emergenza climatica e la sfida ambientale sono stati al centro della COP27 in Egitto, terminata venerdì 18 novembre con la pubblicazione di un accordo che ha lasciato delusi molti. Abbiamo chiesto di aiutarci a fare il punto su questa tematica di interesse globale a padre Dario Bossi, superiore provinciale dei Missionari Comboniani del Brasile e membro della Repam (Rete Ecclesiale Panamazzonica), una realtà che collabora con Azione Quaresimale.

Padre Bossi, l’emergenza climatica è un tema che riguarda tutti. I grandi della terra stanno tenendo conto della voce dei più piccoli?

Noi della REPAM definiamo gli interventi dei grandi poteri economici come una «ipocrisia climatica», attraverso i quali vengono prese delle posizioni che non corrispondono a un impegno effettivo per il futuro ne’ a un progresso storico coerente. Basti pensare che dalla COP21 di Parigi del 2015 ad oggi la situazione ambientale è peggiorata: l’impegno, infatti, era quello di arrivare nel 2030 con il 50% di emissioni di CO2 in meno, ma finora sono aumentate del 12%. Ogni anno si svolge questa «celebrazione collettiva» (la COP, ndr) dove viene riconosciuta la gravità della situazione, senza però prendere decisioni concrete. La guerra, inoltre, ha creato un ulteriore regresso sul tema climatico e sull’alimentazione dei combustibili fossili. Quello climatico continua, dunque, ad essere un tema «supraliminale», fatto di aspetti che rimango al di fuori della sfera di ciascuno, quando invece dovrebbe essere il tema più urgente e dibattuto di ogni programma politico. Come REPAM siamo stati invitati alla COP27, ma abbiamo scelto di non partecipare perché ci sembrava di rinchiuderci in un ambiente sterile e poco efficiente. Spesso questi Summit diventano infatti un «mercato del clima», a partire dal quale i poteri economici intravedono possibilità di sfruttare la crisi climatica guadagnandoci sopra. In questo senso la COP non è solo inefficiente, ma diventa anche complice e irrispettosa della gravità della situazione.

La voce del Papa con le sue esortazioni alla cura del Creato quanto riesce ad influire sulla società laica?

La Laudato sì di Papa Francesco era stata scritta poco prima della COP21 di Parigi come messaggio forte, che era stato recepito senza dubbio dalla comunità mondiale, non solo cattolica, ma anche dal mondo scientifico e politico in modo molto serio. Il Papa, affiancato da una equipe di validi consulenti, è riconosciuto sempre di più come una autorità mondiale su questi temi. La sua voce è importante anche per contrastare il negazionismo, finanziato e alimentato dai grandi interessi economici. È una voce che si afferma in un momento di grande crisi delle istituzioni globali, compresa l’ONU, ed è una voce che si fa promotrice di un progetto comune urgente. Le chiese, a livello ecumenico e anche interreligioso, possono fare passi molto significativi.

Dopo quattro anni di assenza, il Brasile è tornato al Summit sul clima. Il neo presidente Lula ha già assicurato di voler tornare in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici. Sono solo promesse elettorali o vede realmente la possibilità di un cambiamento?

Nella campagna elettorale di Lula è emerso un cambiamento di posizione sincero ed effettivo: basti pensare che il programma sull’ambiente sia stato elaborato da Marina Silvia, suo ex ministro dell’ambiente che si è allontanata dal «Partito dei lavoratori» delusa dal fatto che la priorità dello sviluppo stava sovrapponendosi alla necessità della cura dell’ambiente. La percezione ora è che Lula si sia reso conto che l’Amazzonia sia al centro del mondo e che attorno ad essa si gioca la sorte ambientale del pianeta. Nel suo programma elettorale, Lula rilanciava il disboscamento zero, denunciava l’espansione dell’agrobusinnes, si impegnava per la tutela delle terre indigene e la lotta contro l’estrazione mineraria illegale. Tuttavia la grande alleanza che Lula ha dovuto mettere insieme per essere eletto comprende movimenti appartenenti ad altri schieramenti, ad esempio la lobby dell’estrazione mineraria o quella dell’agrobusiness; perciò c’è sincerità, ma non la garanzia che effettivamente le cose andranno in un certo modo. Il miglioramento rispetto al governo di Bolsonaro è però quasi scontato: nei quattro anni nei quali è rimasto al potere il disboscamento dell’Amazzonia è aumentato del 73%.

Trent’anni anni fa a Rio de Janeiro, si svolse la prima conferenza mondiale sull’ambiente. Da allora si sono tenute tante conferenze e perfino un Sinodo sull’Amazzonia. Quali passi avanti si sono fatti nella cura dell’ambiente e delle popolazioni più deboli?

Sempre di più, in modo progressivo, la società civile viene messa a margine in questi Summit sul clima. Già solo il fatto che la sede della COP27, l’Egitto, come anche quella della prossima edizione, l’Arabia Saudita, siano due Paesi che soffocano la libertà di espressione, il giornalismo, la ricerca, è molto grave ed emblematico su quanto sia scomodo per i governi la presenza della società civile. Questo conferma che le COP non sono decisamente il canale più efficace per cambiare le cose. In questi anni, comunque, dei passi avanti sono stati fatti: qui in Brasile, ad esempio, durante il governo di Lula c’è stata una demarcazione dei territori indigeni e il riconoscimento delle popolazioni tradizionali, oltre a una grande riduzione del disboscamento dal 2004 al 2012.
Un altro passo avanti è sicuramente quello che riguarda la diversificazione energetica a livello mondiale, anche se comporta ancora che il Sud del mondo sia fonte di risorse per il Nord con l’approvvigionamento di minerali strategici (batteria al litio in primis). Una sfida molto più grande è quella di riorganizzare in modo molto complesso l’economia e la società intera: la mobilità, le abitazioni e il riscaldamento, l’agricoltura e l’alimentazione, fino alla produzione energetica. È urgente ora che qualche Paese abbia il coraggio di lanciare programmi radicalmente esigenti e integrati, e riesca a contagiare gli altri per assumerli su scala regionale. Sono cammini urgenti che devono avvenire in contemporanea ed essere interconnessi tra loro.

Padre Dario Bossi, superiore provinciale dei Missionari Comboniani del Brasile e membro della Repam.
20 Novembre 2022 | 05:14
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