Cristiani in fuga dal Pakistan, respinti dalla Thailandia

Dopo mesi di pressione per chiudere le porte a un’immigrazione consistente e anche scomoda per le ripercussioni internazionali, le autorità thailandesi hanno deciso un’azione di forza contro i pachistani concentrati nella capitale Bangkok. Lo racconta il sito di Mondo e Missione, la rivista missionaria italiana. All’alba di martedì 9 ottobre poliziotti e funzionari dell’Immigrazione hanno effettuato retate in diverse aree della città fermando diversi richiedenti asilo. Profughi da tempi diversi, alcuni anche da anni nel Paese e tra loro anche un centinaio di cristiani, tra cui donne e – per circa la metà – minorenni. Tra i fermati che vanno verso l’espulsione, ci sarebbero anche individui e nuclei familiari ai quali l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati aveva già garantito la protezione umanitaria e una prospettiva di espatrio verso un Paese terzo.

L’iniziativa ha una ragione contingente nella recente nomina e nello zelo del nuovo responsabile nazionale dell’Immigrazione; tuttavia costituiscono un chiaro messaggio di rischio per una comunità, che dopo aver subito una persecuzione nel Paese d’origine e essere emigrata con costi e rischi notevoli per cercare sicurezza e benessere, subisce costantemente la minaccia di incarcerazione e rimpatrio con i relativi rischi.

Il regno thai non ha firmato la Convenzione delle Nazioni Unite per i rifugiati del 1951 e di conseguenza, senza riconoscimento legale, molte famiglie rischiano periodi di sostanziale carcerazione dalla durata incerta prima di potere ottenere il rilascio su cauzione, il rimpatrio coatto oppure la ricollocazione altrove. Con un’accelerazione successiva alla strage della Pasqua 2016 – rivendicata da un gruppo affiliato all’Isis a Lahore, con 75 morti e oltre 30 feriti in buona parte cristiani – l’afflusso di profughi è andato intensificandosi.

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17 Ottobre 2018 | 18:21
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