Svizzera

Al via nella Chiesa cattolica in Svizzera lo studio indipendente sugli abusi

Con un progetto pilota la Chiesa cattolica in Svizzera si pone di fronte a un capitolo oscuro: su suo incarico un gruppo di ricerca dell’Università di Zurigo ha dato inizio alle indagini scientifiche sugli abusi sessuali nel contesto ecclesiale. Per questa ragione nei prossimi mesi saranno aperti anche gli archivi episcopali segreti di tutte le diocesi in Svizzera. La notizia arriva con questo comunicato stampa della CVS / RKZ e KOVOS, diffuso il 4 aprile 2022.

«Per un lungo periodo gli abusi sessuali perpetrati da pastori, operatori pastorali e membri di ordini religiosi della Chiesa cattolica romana hanno causato una grande sofferenza. Molti crimini sono stati nascosti e le vittime sono state ignorate. Mons. Joseph Maria Bonnemain, vescovo di Coira e codirettore della commissione di esperti «Abusi sessuali in ambito ecclesiale», riconosce: «È giusto portare alla luce i crimini del passato; la rielaborazione è un obbligo innanzitutto nei confronti delle vittime.»

La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZ) e la Conferenza delle unioni degli ordini religiosi e delle altre comunità di vita consacrata in Svizzera (KOVOS), committenti dello studio, sono convinte che un’indagine scientifica indipendente sul proprio passato sia indispensabile.

Lo studio affidato all’Università di Zurigo

Per questa ragione le suddette istituzioni hanno affidato alle due professoresse del Seminario storico dell’Università di Zurigo, Monika Dommann e Marietta Meier, l’incarico di dirigere un progetto pilota. Nell’arco di un anno il gruppo di ricerca deve valutare le condizioni quadro per un’indagine storica sullo sfruttamento sessuale in ambito ecclesiale dalla seconda metà del XX secolo e costruire in tal modo la base per futuri progetti di ricerca. I ricercatori devono tra l’altro beneficiare del libero accesso agli atti degli archivi segreti delle diocesi. Per garantire l’indipendenza del progetto pilota, le committenti hanno assicurato contrattualmente di non avervi alcuna influenza, né nel contenuto né nell’organizzazione. Un consiglio scientifico nominato dalla Società svizzera di storia (SSS) offre consulenza e sostegno al gruppo di ricerca dell’Università di Zurigo. Il consiglio è presieduto da PD Dr. Sandro Guzzi-Heeb. Secondo l’abate Peter von Sury la CVS, la RKZ e la KOVOS hanno un lungo cammino dietro di sé: «Per la prima volta le tre istituzioni più significative della Chiesa cattolica romana in Svizzera parlano con una voce sola dei casi di abusi. Noi tre committenti abbiamo compiuto un importante processo di apprendimento che non è concluso.» Le committenti sono convinte che la Chiesa deve diventare con maggiore forza un’organizzazione che apprende, pronta ad ammettere i propri errori e a modificare le strutture che hanno reso possibili o favorito i crimini e il loro insabbiamento. «Come datori di lavoro di diritto civile dei preti e dei collaboratori ecclesiastici, anche le comunità ecclesiastiche e le organizzazioni ecclesiastiche cantonali hanno la loro responsabilità. Nel loro incarico la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera appoggia il progetto pilota» sottolinea Renata Asal-Steger, presidente della RKZ. «Alle parole di costernazione devono seguire fatti. Grazie alla ricerca indipendente e incurante della propria reputazione deve essere portata luce nell’oscurità. Sono inoltre indispensabili riforme strutturali, affinché il potere nella Chiesa sia distribuito e si ponga un freno al suo abuso.» Per garantire l’indipendenza scientifica e il lavoro di ricerca indisturbato, il pubblico sarà informato solo quando saranno disponibili i risultati. Sulla base delle conoscenze che scaturiranno dal progetto pilota, le committenti decideranno sui passi successivi. Per loro tuttavia una cosa è già chiara: «La tematica non si lascia risolvere per tornare poi all’ordine del giorno. L’indagine e il fare luce sul passato sono solo l’inizio. La rielaborazione e soprattutto la prevenzione proseguiranno. Le strutture ecclesiastiche, i canali decisionali e la ripartizione delle competenze devono essere riconfigurati per poter impedire efficacemente gli abusi», ribadisce Mons. Bonnemain».

Gli interventi alla conferenza stampa di presentazione

Al Musée des Beaux-Arts di Losanna, davanti a una cinquantina di rappresentanti della Chiesa e dei media, i responsabili del progetto hanno ribadito il 4 aprile in conferenza stampa la loro determinazione a porre fine agli abusi. Questo è un passo molto atteso dall’opinione pubblica svizzera, dopo i numerosi casi di pedofilia tra il clero che sono venuti alla luce nel Paese negli ultimi anni. La conferenza stampa è stata seguita dai colleghi di cath.ch e qui presentiamo un estratto dei temi che non figurano già nel comunicato stampa precedente.

Associazioni di vittime invitate

Con questo progetto, dotato di un totale di 450.000 franchi, la Chiesa cattolica in Svizzera si impegna a far luce sulla situazione, «senza cercare di proteggere la propria reputazione», assicura Renata Asal-Steger, presidente della RKZ.

Il presidente del gruppo Sostegno alle persone abusate da personalità religiose (SAPEC) ha ringraziato Mons. Bonnemain per essere stato invitato a prendere la parola. Il presidente della SAPEC, ex vittima lui stesso di abusi, crede che questo invito sia «un giusto risarcimento dopo essere stato tenuto in disparte per troppo tempo».

Il presidente ha ricordato che il gruppo SAPEC aveva fatto una serie di richieste nel 2021 per quanto riguarda l’inchiesta prevista, compreso il chiarimento delle cause dell’abuso. Si auspicava anche il coinvolgimento di una presenza scientificamente competente nella Svizzera francese, «vista la deplorevole gestione degli abusi da parte dei vescovi francofoni della Svizzera dal 1950 al 2011», è stato detto.

Vreni Peterer, membro del gruppo d’interesse di lingua tedesca delle persone colpite da abusi in un contesto ecclesiastico (MikU), ha chiesto che la Chiesa si assuma finalmente la responsabilità dei casi e non presenti questi fatti riducendoli a colpe personali di alcuni dipendenti.

Azione tardiva?

Durante il dialogo successivo alla conferenza stampa di presentazione alcune domande vertevano sul fatto che l’azione della Chiesa in Svizzera era considerata tardiva rispetto a quella di altri Paesi. Alcuni partecipanti hanno sottolineato che l’annuncio di questo studio apre solo un’indagine preliminare, che non rivelerà cifre e fatti precisi. Alcuni hanno deplorato che questo studio sia solo un esercizio «preparatorio», che avrebbe ulteriormente ritardato una possibile indagine storica più concreta. Un membro del SAPEC lo ha addirittura definito addirittura «scandaloso», perché – a suo dire – «alcune vittime sono sul letto di morte e non hanno il tempo di aspettare anni prima di poter beneficiare di verità e giustizia».

In risposta a queste critiche, i responsabili del progetto pilota sottolineano principalmente la complessità delle procedure e il contesto politico e amministrativo svizzero, così come pure il desiderio di fornire una base solida per il processo. Il vescovo Bonnemain afferma di essere consapevole e comprende la frustrazione di alcuni. Tuttavia, egli chiede la cooperazione di tutti affinché i progressi possano essere fatti il più rapidamente possibile. Ribadisce anche la motivazione principale del progetto, che è «il dovere di giustizia verso tutte le vittime».

cvs/rkz/Kovos/cath.ch/adattamento catt.ch

| © unsplash.com
5 Aprile 2022 | 10:17
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