Ernesto Borghi

Per tentare di essere sensatamente evangelici

di Ernesto Borghi

In queste settimane nella vicina Penisola italiana vi è un dibattito molto acceso, in Parlamento, nelle piazze e attraverso i mass media, sul tema della disciplina delle unioni civili, eterosessuali ed omosessuali, e delle adozioni di figli soprattutto nel quadro delle relazioni omosessuali.
Chi cerca di essere cristiano che cosa può pensare e dire legittimamente su questi temi, a partire dal disegno di legge in discussione nelle aule parlamentari, ma anche al di là e aldi sopra di esso? Questo interrogativo non vuole essere limitativo ed escludente nei confronti di chi ha diversa ispirazione culturale e religiosa. Penso, però, sia doveroso provare a rispondere da parte di chi, come me, con tutti i suoi difetti e tutte le sue qualità, tenta di prendere esistenzialmente sul serio il Vangelo di Gesù di Nazaret crocifisso e risorto.
Sin dalle «battaglie» degli ultimi vent’anni intorno alle leggi italiane ritenute lesive – da Camillo Ruini & Co. – dei cosiddetti «valori non negoziabili» due posizioni estremistiche si sono manifestate ripetutamente:
– da un lato, alcuni gruppi cattolici, molto ascoltati e autorevoli soprattutto durante i due pontificati precedenti a quello attuale, e altri anche di diversa confessione cristiana, sostanzialmente ostili a qualsiasi visione del mondo diversa dal loro tradizionalismo assai poco biblico e meno che mai evangelico;
– dall’altro, persone e gruppi (di sinistra e non solo) che mettono qualsiasi relazione interpersonale allo stesso livello, affermando, anzitutto, che sia ideologico ritenere naturale anzitutto l’unione tra un uomo e una donna.
Queste due posizioni, che ho molto sommariamente schematizzato, sono, a mio avviso, da evitare entrambe. Nel cuore di ogni essere umano non vedono certo altri suoi simili, ma mi pare che anzitutto una qualsiasi nuova legge debba muovere con chiarezza nelle direzioni seguenti:
– riconoscere, senza remore, i diritti di tutti coloro che non si vogliono sposare, poco importa se nel matrimonio religioso o in quello civile, definendo il quadro di riferimento di un unione civile che non sia comunque sovrapponibile, anzitutto nei diritti, ad un matrimonio (prevedere che si possa uscire dall’unione civile attraverso un divorzio, significa equiparare tale unione ad un matrimonio, senza avere il coraggio di dirlo);
– porre una robustissima barriera giuridica contro qualsiasi possibilità di pratiche riassumibili nella pessima e terribile formula «utero in affitto»;
– non rendere automatica l’adozione di figli da parte di coppie omosessuali, ma sottoporre questa possibilità alla valutazione, caso per caso, di magistrati e assistenti sociali. Non sono per nulla ostile, in termini di principio, all’adozione da parte di singles o di coppie omosessuali: infatti bambini e ragazzi che vengono da vissuti difficili se non tragici come la maggior parte degli adottandi possono trovare certamente, anche da parte di persone singles o di coppie omosessuali, l’amore di cui hanno bisogno per vivere e crescere serenamente. Credo, però, che la valutazione dell’opportunità di adottare debba essere particolarmente attenta in tali contesti (anzitutto quelli delle coppie omosessuali) in cui la diversità interpersonale più radicalmente naturale – quella maschile e femminile – non è sperimentabile a livello familiare.
Occorre promuovere il superamento di ogni fastidio, difficoltà o discriminazione nei confronti di coloro che sono omosessuali, in particolare tra coloro che dicono di essere cattolici o, comunque, cristiani e, spesso, lo si deve riconoscere, non appaiono tanto capaci di capire che cosa implichi provare ad essere cristiani in termini di accoglienza dell’altro, dunque di amore evangelico effettivamente universale.

D’altra parte, essere giusti, evangelicamente parlando, significa essere attenti alle persone in difficoltà come ricorda, per esempio, il grande affresco di Matteo 25,31-46 (»Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere…»). Allora ogni futura disciplina giuridica delle tipologie di unione interpersonale civilmente riconosciute al di là del matrimonio tra un uomo e una donna, a mio avviso, deve badare ad evitare che si creino condizioni di irresponsabilità e di menefreghismo anzitutto verso i minori che delle scelte degli adulti sono assolutamente «irresponsabili»…

Alla, luce, poi, di quanto si è visto prima, durante e dopo il «Family Day» di sabato scorso, mi pare giusto affermare che, anche se fossero andati in cinque milioni a tale appuntamento – molto sensatamente non appoggiato dal Papa e dalla Conferenza Episcopale Italiana come istituzione – non è il numero che dà maggiore rilevanza etica ai valori che vi sono stati sostenuti. Con questo principio le masse e le folle che hanno seguito plaudenti i vari dittatori della storia – per l’Italia pensiamo al Cavalier Benito Mussolini degli anni Trenta e inizio Quaranta del XX secolo – dovrebbero in sé essere ritenute, per il fatto di essere state molto ampie, sostenitrici di valori significativi. Quello che è auspicabile – lo ribadisco – è che si trovi in Italia e, ovunque sia necessario, soluzioni legislative che promuovano una cultura sempre più umana e umanizzante.
Quale? Quella in cui
– gli omosessuali non siano visti con sufficienza e disprezzo da nessuno, magari parlando di «peccatori» senza neppure aver letto, per es., il «Catechismo della Chiesa Cattolica» del 1992 in proposito;
– le famiglie fondate sui matrimoni religiosi o civili tra donne e uomini siano sostenute seriamente a livello sociale ed economico, senza esaltare, anzitutto religiosamente, fenomeni oggettivamente «complessi» come i gruppi familiari con tantissimi figli, magari in nome di letture assurdamente astoriche di brani biblici come Genesi 1,26-28;
– non si scambino, nel riconoscere legittimi diritti ad altre forme di relazioni interpersonali civilmente riconosciute, egocentrismi e emotivismi di adulti, che risultano solo anagraficamente tali, con la difesa dei diritti oggi non riconosciuti;
– ci si opponga strenuamente a qualsiasi pratica riconducibile ad assurdità disumane come «l’utero in affitto»;
– si rendano le adozioni meno burocraticamente ed economicamente difficili, avendo tutte le cautele necessarie a livello psicologico, educativo, sociale, ma non chiedendo l’impossibile a quelle coppie, anzitutto di donne e uomini, che desiderano far spazio nella loro vita a bambini e ragazzi, spesso molto deprivati umanamente dalle condizioni in cui sono nati e cresciuti.
In Italia, in Europa e nel mondo non vi è alcun bisogno di estremismi, ma di buonsenso umanistico nel senso più evidentemente bergogliano del termine…Si legga il libro «Il nome di Dio è misericordia» è tante questioni, così virulentemente affrontate nell’Italia di questi giorni, potranno essere avviate seriamente a soluzione…

| © flickr.com/photossesga
1 Febbraio 2016 | 11:39
Tempo di lettura: ca. 4 min.
Condividere questo articolo!