Renzo Petraglio

La tunica di Giuseppe nella Bibbia e nel Corano

Durante questo mese di agosto voglio leggere con te, mio amico, mia cara, un racconto del libro della Genesi. E’ un racconto che evoca una situazione terribile, l’inimicizia vissuta in una famiglia, la famiglia di Giacobbe figlio di Isacco. Questa inimicizia nasce dal fatto che, nella famiglia di Giacobbe, dei fratelli non sanno accettare uno dei loro fratelli, Giuseppe.

In ebraico il nome Giuseppe significa « che egli aggiunga ». È il nome che Rachele, una moglie di Giacobbe, dà a suo figlio dichiarando: « Dio ha tolto il mio disonore ». E lei chiamò il figlio Giuseppe sperando: « Che Jahwéh aggiunga, per me, un altro figlio » (Genesi 30,23-24). Quanto a suo papà, « egli amava Giuseppe più di tutti i suoi figli perché era il figlio della sua vecchiaia ed egli aveva fatto, per lui, una tunica di lusso. E i suoi fratelli vedendo che il loro papà amava lui più di tutti i suoi figli, lo detestavano talmente al punto che non potevano parlargli amichevolmente» (Genesi 37,3-4).

Davanti alla nascita di suo figlio, Giacobbe gli dà una tunica speciale, una tunica di lusso, una tunica regale, principesca[1]. Egli pensa che nulla possa essere rifiutato a questo figlio speciale, arrivato tardi. Ma questa reazione d’amore è una reazione cieca, arbitraria, imbarazzante[2] che avrà conseguenze tragiche nella famiglia.

E’ ciò che si legge – sempre in Genesi 37 – dopo il racconto di un sogno fatto da Giuseppe e raccontato ai suoi fratelli: «Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio» (verso 7).

Dopo questo sogno che provocò una cattiva relazione in famiglia, i fratelli di Giuseppe vanno a Sichem per custodire i montoni e le capre del loro papà Giacobbe. In seguito Giacobbe manda Giuseppe per sapere se i suoi fratelli sono in buona salute.

18 Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di farlo morire. 19 Si dissero l’un l’altro: «Ecco, il sognatore arriva! 20 Orsù uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo: Una bestia feroce l’ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!» 21 Ma Ruben sentì e volle salvarlo dalle loro mani, dicendo: «Non togliamogli la vita». 22 Poi disse a loro: «Non spargete sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»; egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. 23 Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, la tunica di lusso che egli indossava, 24 poi lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua. 25 Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad, con i cammelli carichi di resina, di balsamo e di laudano, che andavano a portare in Egitto. 26 Allora Giuda disse ai suoi fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a nasconderne il sangue?` 27 Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli lo ascoltarono. 28 Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto. 29 Quando Ruben ritornò alla cisterna, ecco: Giuseppe non c’era più. Allora si stracciò le vesti, 30 tornò dei suoi fratelli e disse: «Il ragazzo non c’è più, dove andrò io?» 31 Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono un capro e intinsero la tunica nel sangue. 32 Poi mandarono la tunica di lusso al padre, e gliela fecero pervenire con queste parole: «L’abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio. 33 Giacobbe la riconobbe e disse: «E’ la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato». (Genesi 37,18-33) [3].

Questo racconto ci mostra una famiglia nella quale le relazioni con Giuseppe sono diverse: ci sono dei fratelli che vogliono la morte di Giuseppe, ma c’è Ruben che vuole salvarlo e Giuda che – non. volendo la sua morte – propone di venderlo. Ma, anche attraverso questo conflitto e la vendita di Giuseppe in Egitto, Dio prepara un avvenire e anche la riconciliazione per tutti i membri della famiglia.

Per quanto concerne il Corano, penso alla Sura 12. Essa ha come titolo « Giuseppe» (« Jusuf» in arabo) In effetti, tutta la Sura parla di questo figlio di Giacobbe. E, nel verso tre di questa sura, Dio si rivolge a Muhammad – e ad ogni lettrice e lettore del Corano – con queste parole: « Rivelandoti questo Corano, ti narreremo la più bella delle storie, anche se tu in passato hai trascurato le nostre rivelazioni ».

Questa narrazione ci presenta un giusto, un eletto di Dio, un profeta, un figlio che – innocente – resiste vittoriosamente alla cattiveria degli altri e perdona i suoi persecutori[4]. E, raccontando questo racconto di una famiglia che vive un conflitto interno, il Corano orienta lettrici e lettori.

7 E certo nella storia di Giuseppe e dei suoi fratelli ci sono dei segni per chi cerca la verità. 8 I fratelli dissero un giorno: «In verità, Giuseppe e suo fratello [Beniamino] sono più cari a nostro padre di tutti noi, anche se noi siamo in molti. Certo, nostro padre è in evidente errore! 9 Uccidete Giuseppe o scacciatelo in qualche altro paese, e gli sguardi di vostro padre saranno tutti per voi; poi, dopo la sua scomparsa, potrete essere gente per bene». 10 Ma uno di loro disse: «Non uccidete Giuseppe: gettatelo piuttosto in fondo al pozzo; se farete così, qualche viandante lo troverà».

11 Dissero dunque a Giacobbe: O padre nostro, perché non ci affidi Giuseppe? Gli vogliamo tanto bene! 12 Mandalo con noi domani a divertirsi e a giocare, e noi ci prenderemo cura di lui». 13 Giacobbe rispose: «Mi rincresce molto che lo portiate via con voi! Temo che, mentre voi non fate attenzione, il lupo lo divori». 14 Ma quelli dissero: «Siamo in tanti! Se il lupo lo divorasse, saremmo davvero dei buoni a nulla!»

15 E quando lo portarono con sé e decisero di calarlo in fondo al pozzo, Noi rivelammo a Giuseppe: «Un giorno racconterai ai tuoi fratelli questa loro azione, ed essi non ti riconosceranno».

16 Alla sera tornarono piangendo dal loro padre 17 e dissero: «O padre nostro! Eravamo andati a fare una gara di corsa lasciando Giuseppe vicino ai nostri bagagli, e il lupo lo ha divorato. Sembra che tu non ci creda, e invece diciamo la verità». 18 Gli mostrarono la sua tunica intrisa di finto sangue, ma Giacobbe disse: «No! E’ stato il vostro animo malvagio che vi ha indotti a commettere un’infamia! Non mi resta che una rassegnazione dignitosa. Chiederò aiuto a Dio contro ciò che mi raccontate» (Sura 12,7-18)[5].

La narrazione del Corano è abbastanza vicina a quella della Genesi. Ma, nell’introduzione, il Corano ci aiuta a comprendere il significato di questo racconto: è un racconto che può metterci in questione e ci dà dei « segni» (v.7) e può interrogarci sul nostro modo di vivere la nostra vita in famiglia e nella comunità.

Nel cuore di questo racconto non si può passare sotto silenzio il verso 15. Questo verso mostra Dio che non abbandona Giuseppe e tutte le persone vittime di atti violenti. Per queste persone Dio è un consolatore; a loro Dio promette, in modo inatteso, un avvenire diverso.

E alla fine della narrazione, Dio permette anche a Giacobbe di trovare la forza per vivere la sua sofferenza.

È il momento di terminare. Che la pagina della Bibbia e quella del Corano possano incoraggiare ogni persona vittima di atti violenti e di situazioni violente in famiglia e nella società. E che questo messaggio biblico e coranico possa incoraggiarci.

Renzo Petraglio


[1] L’espressione « tunica di lusso » si ritrova anche in 2 Sam 13,18 per evocare una tunica con la quale «si vestivano le figlie del re quando erano vergini». Per altri dati sulla tunica nell’Antico Testamento ebraico, cf. N.D. Freedman – P. O’Connor, kuttônet, in Grande lessico dell’Antico Testamento, a cura di G. H. Botterweck – H. Ringgreen – H. J. Fabry, vol. IV, Paideia, Brescia, 2004, col. 617-623.

[2] Così W. Brueggemann, Genesi, Claudiana, Torino, 2002, p. 360.

[3] Questa traduzione riprende, con alcune modifiche, quella che si legge in Genesi. Versione ufficiale italiana confrontata con ebraico masoretico, greco dei Settanta, siriaco della Peshitta, latino della Vulgata, a cura di U. Neri, Gribaudi, Torino, 1986, p. 500ss

[4] Cf. Il Corano, a cura di A. Ventura. Commenti di A. Ventura, I. Zilio-Grandi e M. Ali Amir-Moezzi, Mondadori, Milano, 2010, p. 573.

[5] Questa traduzione riprende quanto si legge ne Il Corano. Introduzione, traduzione e commento di C. M. Guzzetti, Elledici, Leumann (Torino), 2008, p. 123s.

19 Agosto 2022 | 11:04
Tempo di lettura: ca. 5 min.
bibbia (99), confronto (2), corano (14), esegesi (1), lettura (15)
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