Gilberto Isella

Ildegarda di Bingen e le opere divine

Il dodicesimo secolo ha conosciuto un grande fervore spirituale nell’ambito del Cristianesimo, coinvolgendo filosofia, letteratura e arte visiva. Quanto all’arte, nasce e si diffonde lo stile romanico, che rinnova  a fondo il paesaggio architettonico e la sensibilità estetica dell’occidente. Una figura tra le più notevoli del secolo è di sicuro quella di Ildegarda di Bingen (1098-1179), monaca benedettina e venerata come santa. Stupisce la vastità del sapere (un sapere enciclopedico, cosmologico) e delle esperienze umane e culturali che hanno coronato la sua vita: filosofa, naturalista, guaritrice, musicista, linguista (inventò perfino una «lingua ignota»). Ma un filo rosso  collega  tali molteplici territori: la passione di Dio, una passione nutrita di intelligenza profetica e irrorata dal misticismo. Al centro dell’estasi mistica  troviamo la visione: «Quel che non vedo non lo conosco».  Visione che la monaca intende puntualizzare: «Visioni non del cuore o della mente, ma dell’anima».

Tra i principali scritti di Ildegarda  si segnalano Scivias (Conosci le vie) e il Liber Divinorum Operum (Libro delle opere divine), forse il capolavoro. Suddiviso in tre parti, per un totale di dieci visioni seguite da lunghi commenti, questo libro affronta la storia umana in una prospettiva universale. Impossibile riassumerlo qui. Spicca il racconto della creazione dell’uomo e della sua caduta ad opera di Lucifero. Dio ha tuttavia concesso alla creatura prediletta un dono speciale: la libertà supportata dalla ragione, stato di privilegio che le consentirà di riportare la vittoria definitiva su Satana. La visione con cui si apre l’opera è sfolgorante: un’immagine divina tesa a rappresentare l’energia creatrice, il fuoco primario. Volando attorno al cerchio con le sue ali superiori (ossia la sapienza), Dio esprime la propria soddisfazione per aver ordinato rettamente l’universo. Nel quadro d’insieme figurano dunque anche le ali che, alludendo al soffio generatore, simboleggiano il moto perpetuo del creato. Nel commento, Ildegarda darà la parola al Creatore: «Io fiammeggio sulla bellezza dei campi, riluco nelle acque e ardo nel sole, nella luna e nelle stelle, e col vento suscito in vita tutte le cose».

E vidi, come al centro del cielo australe, una bella e mirabile immagine nel mistero di Dio, il cui volto era di tanta bellezza e chiarore, che avrei potuto  fissare la luce del sole più facilmente di essa; un largo cerchio del colore dell’oro ne circondava la testa. Nello stesso cerchio sopra la testa apparve un altro volto, il cui mento e la cui barba toccavano la sommità della testa. Ai due lati del collo spuntava un’ala, ed entrambe si slanciavano al di sopra del cerchio e qui si congiungevano. In alto, al disopra dell’arco dell’ala destra, vedevo qualcosa come una testa d’aquila, che aveva occhi di fuoco, nei quali appariva come in uno specchio il fulgore degli angeli; mentre al disopra dell’arco dell’ala sinistra c’era come un volto umano, che emanava raggi come rifulgono le stelle.


Biografia

Gilberto Isella, nato nel 1943 a Lugano, ha studiato letteratura italiana e filosofia
all’Università di Ginevra. È stato insegnante di italiano presso il Liceo I di Lugano e
ha tenuto corsi alla SUPSI. È poeta, critico letterario, autore teatrale (Messer Bianco
vuole partire, Il giardino della vita) e traduttore dal francese. Tra i fondatori, nel
1979, della rivista culturale «Bloc notes», che ha diretto per un decennio. Collabora
attualmente con il sito web «l’osservatore.ch» e con diversi periodici svizzeri e italiani.
Al suo attivo studi e ricerche su scrittori del passato e contemporanei, pubblicati in
riviste e miscellanee.
Numerosi i libri di poesia (v. Wikipedia) e le plaquettes realizzate con artisti. Tra le
ultime raccolte: L’occhio piegato (2015), Arepo (2018, finalista ai premi Camaiore e
Città dell’Aquila), Trittico cristiano (2019) e Catene smarrite (2020). Ha scritto
anche opere in prosa, da ultimo il racconto-saggio Engadina, uscito nel 2019.

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25 Aprile 2022 | 07:48
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