Inos Biffi

Il desiderio di vedere Dio

L’uomo non rimane inerte e insensibile di fronte alle realtà che variamente lo circondano. Egli è attratto da esse e spinto dal desiderio di conoscerle, oltrepassandone l’apparenza, e quindi nella loro sostanza e consistenza più profonda.

Tale attrazione, tuttavia, non si trova soddisfatta con l’esplorazione delle realtà certe: si avverte che ci deve essere necessariamente una «ulteriorità», un Tutto che spieghi le parti, che le sostenga e le origini, e da cui derivano; diversamente andrebbero in sfacelo.

Le cose tutte sono state create perché rechino conforto e gusto all’uomo. E, tuttavia, lo stesso uomo sperimenta l’insoddisfazione che ogni cosa gli lascia, e il suo bisogno di andare oltre.

È quanto mirabilmente afferma Agostino quando parla dell’ansia del cuore dell’uomo fin che non trovi in Dio la sua perfetta pace, la esauriente e rasserenante quiete. Ora, nessuna realtà creata è in grado di elargirgli esattamente una tale quiete, a motivo del limite e della parzialità che costituiscono ogni cosa. Le creature sono cioè costitutivamente incompiute.

E tuttavia l’uomo sente il bisogno e l’attrattiva a superare tale deludente incompiutezza; si sente come interiormente spinto al limite, non per sciogliersi in Lui, ma per trovare in Lui il proprio compimento e la propria pienezza, che Dio solo gli può concedere quando gli sia data la visione di Dio: una visione «reale», che è comunione ed esperienza.

Un’esperienza e un desiderio che in qualche modo già lo traspongono nell’eterno mondo divino, in un alicule superamento del mondo, della storia e della sua mobilità per stabilirlo nell’Eterno mondo di Dio, o nell’eternità di Dio di cui pregode la gioia.

Anzi, la vera gioia che l’uomo può godere quaggiù è un pregusto, un assaggio del gaudio eterno. E se non mancano – e non mancano affatto – motivi di tristezza e di turbamento nella vita presente, non sono tali da spegnere la speranza.

Al contrario, la vita dell’uomo è sostenuta dalla speranza. Indubbiamente, a questo punto va detto con chiarezza, che tutto ciò che stiamo affermando vale se c’è la fede in Dio. È questo che solleva e dà sollievo all’uomo. Se manca la fede, tutto diviene precario, vacillante e strutturalmente privo di consistenza.

Una retta ragione confluisce all’affermazione dell’esistenza di Dio della sua provvida bontà. Ed è veramente strano come si possa essere atei. Oggi occorre, è urgente, aiutare gli uomini a pensare in profondità, a far salire alla coscienza la verità dell’esistenza di Dio, a diffondere quindi la volontà e la gioia di vivere – pur nella amarezza che ci accompagnano – come abbiamo già accennato.

È la missione propria del credente, del cristiano: aiutare il prossimo a sperare, sostenerlo nelle sue incertezze, nei suoi dubbi. Allora è possibile la convivenza e la pace. Il grande e prezioso atto di carità è aiutare il prossimo a sperare. 

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8 Giugno 2022 | 06:06
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