Renzo Petraglio

Felici e in cammino i perseguitati a causa della giustizia

Per i cristiani questa settimana è la Settimana Santa, la settimana durante la quale facciamo memoria di Gesù perseguitato e crocifisso. E, durante questa settimana, voglio leggere e riflettere con te su questi versetti del Vangelo di Matteo:

10 Felici e in cammino coloro che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei cieli.

11 Felici e in cammino siete voi quando vi insultano e vi perseguitano e dicono ogni cattiveria contro di voi – mentendo – a causa di me. 12 Rallegratevi ed esultate perché la vostra ricompensa è grande nei cieli. Così, infatti, hanno perseguitato i profeti, quelli [vissuti] prima di voi. (Matteo 5,10-12).

In ciascuno di questi tre versetti abbiamo il verbo « perseguitare », un verbo che Matteo utilizzerà ancora in altre pagine del suo Vangelo. Qui mi limito a un passo che si legge alla fine del capitolo 5, dove Gesù dice: « 43 Avete udito che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico». 44 Io però dico a voi: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45 così che diventiate figli del vostro Padre che è nei cieli, perché lui fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti ». E lo stesso verbo « perseguitare » ritornerà ancora due volte (Mt 10,23 e 23,34).

Imparentato a questo verbo, Matteo utilizzerà il sostantivo « persecuzione » in 13,21, nella struttura « persecuzione a causa della parola ». Matteo ci dà così un quadro completo: la persecuzione « a causa della parola » (13,21), « a causa della giustizia » (5,10) e « a causa di me » come ci dice Gesù in 5,11.

Quanto alla giustizia, come abbiamo già visto nella quarta Beatitudine (al verso 6), questo termine evoca l’agire umano, l’agire giusto di chi segue la volontà di Dio, la volontà rivelata nell’insegnamento di Gesù[1]. Quanto alla seconda parte di questa ottava Beatitudine, essa ritorna all’espressione della prima Beatitudine: « perché di essi è il Regno dei cieli » (v. 3). Ed è così che il Vangelo apre e termina le Beatitudini rivolte – sempre alla terza persona del plurale – alle lettrici e ai lettori.

Ma a queste otto Beatitudini Matteo ne aggiunge una nona. Essa ritorna, ma utilizzando la seconda persona plurale, sul tema della persecuzione. Qui il verbo « perseguitare » è accompagnato da due altre espressioni: essi « vi insultano e vi perseguitano e dicono ogni cattiveria contro di voi -mentendo – a causa di me ». Con queste tre forme verbali Matteo fa riferimento alla comunità che deve affrontare il momento critico: la guerra giudaica – degli anni 66-70 – con la rivolta dei Giudei contro i Romani in Palestina, rivolta che termina con la presa di Gerusalemme da parte dei Romani e la distruzione del tempio di Gerusalemme. Ma si potrebbe anche pensare all’epoca di Nerone (imperatore durante gli anni 54-68) quando le persecuzioni furono possibili in tutto l’Impero Romano[2].

E quest’ultima Beatitudine termina con due imperativi veramente sconcertanti: voi, quando siete perseguitati, « Rallegratevi ed esultate ». Qui abbiamo due verbi che evocano gioia e festa, e questo dato trova conferma nella formulazione parallela che si legge nel Vangelo di Luca: « Rallegratevi e danzate di gioia » (Luca 6,23). Qui si tratta di una gioia che attraversa tutta la persona. Per lei il fatto di sapere che un incontro e una ricompensa avranno luogo nei cieli fa nascere, già adesso, la gioia, una gioia che attraversa – anche fisicamente – lo sguardo di una persona: il suo sguardo si illumina, le pieghe e le rughe del suo volto perdono ogni durezza e ogni severità, le sue membra si slegano e sono pronte a danzare[3] sapendo che sta vivendo un’esperienza come quella vissuta dai profeti.

È il momento di passare al Corano che ci ricorda spesso la persecuzione e la messa a morte dei profeti[4] ma anche la persecuzione e le minacce di morte vissute da Mohammed e anche dal suo compagno ’Abû Bakr il 16 luglio del 622. Nella Sura 9, intitolata « Immunità o pentimento » (« Tawbat » in arabo)[5], Dio, parlando di Muhammad, dice ai suoi persecutori:

Se voi non aiutate il suo Messaggero, sappiate che già lo ha aiutato Dio quando quelli che non credono lo scacciarono, lui e un suo compagno, e quando tutti e due erano nella caverna e quando egli diceva al suo compagno: «Non rattristarti! Dio è con noi!». E Dio fece scendere su di lui la sua presenza che acquieta e lo soccorse con eserciti invisibili. La parola dei miscredenti fu così umiliata e la parola di Dio esaltata, perché Dio è potente e saggio (Sura 9,40)[6].

In questo versetto c’è una parola importante che ritorna anche altrove nel Corano (in 2,248; 9,26; 48,18.26) e che ha degli antecedenti nell’Antico Testamento[7]. È la parola « sakîna » che si può tradurre con « presenza che acquieta »[8]; è la presenza divina in mezzo ai suoi, la presenza che rallegra – come ci dice il Vangelo – le persone perseguitate. È una presenza che anticipa, qui sulla terra, la ricompensa che le attende nei cieli. Infine, durante questa settimana che invita i cristiani a fare memoria di Gesù perseguitato e crocifisso, occorre ricordare che secondo il Corano (Sura 4,157), gli Ebrei non hanno crocifisso Gesù ma qualcuno simile a Gesù[9]. Ma, quanto a noi, domenica, celebrando la Pasqua di risurrezione, noi potremo anche pensare all’affermazione del Corano che, sempre a proposito di Gesù, afferma: « Dio lo ha innalzato a sé, perché Dio è potente e saggio » (Sura 4,158). E questo sguardo verso Gesù che Dio ha elevato a sé ci accompagnerà e ci incoraggerà nelle difficoltà di ogni giorno.


[1] Cf. F. De Carlo, Vangelo secondo Matteo. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano, 2016, p. 228.

[2] Cf. Ibid., p. 229.

[3] Cf. R. Petraglio, Felici voi, perseguitati e perdenti, in R. Petraglio – R. Fabbri, Le Beatitudini: Sinfonia dei folli, EMI, Bologna, 1987, p. 170.

[4] Sura 2,61.91 ; 3,21. 112. 181 ; 4,155 ; 25,31. Cf. A. Godin et R. Foehrlé, Coran thématique, Éditions Al Qalam, Paris, 2004, p. 847s.

[5] Cf. Islam. Il Corano, edizione italiana a cura di F. Peirone, Sure I-XXIV, Mondadori, Milano, 1979, p. 285-287.

[6] Questa traduzione riprende, con piccole modifiche, quella di C. M. Guzzetti, Il Corano, Introduzione, traduzione e commento, Elledici, Leumann (Torino), 2008, p. 104. Per un ricco commento di questo passo coranico cf. S. Hamza Boubakeur, Le Coran, Maisonneuve & Larose, Paris, 1995, p. 638ss.

[7] Cf. Les grands thèmes du Coran. Classement thématique établi par J.-L. Monneret, préface de D. Boubakeur, Dervy, Paris, 2003, p. 102, nota 32.

[8] Per questa parola, cf. M. Chebel, Dictionnaire encyclopédique du Coran, Fayard, Paris, 2009, p. 384 sotto la voce « Quiétude spirituelle ».

[9] Si veda, a proposito di questo versetto coranico, quanto scrive Cherubino Mario Guzzetti nel suo volume Il Corano. Introduzione, traduzione e commento, Elledici, Leumann (Torino), 2008, p. 63, nota 34, e anche, nello stesso volume, a pagina 45, nota 28 (a proposito del v. 55 della Sura 3). Cf. anche Federico Peirone nel suo volume Islam. Il Corano, edizione italiana a cura di F. Peirone, Sure I-XXIV, Mondadori, Milano, 1979, pp. 183-186.

4 Aprile 2023 | 15:18
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