Cristina Vonzun

C'è un'infinito bisogno di seminare gesti di pace

In questi giorni di infinito dolore, incredulo non senso davanti alla violenza in atto ma anche ammirata solidarietà davanti ad un’umanità fatta di tante storie e gesti d’amore concreto che non si arrende al male, tra le tante voci nelle quali ci siamo imbattuti, c’è la testimonianza della scrittrice ebrea ungherese Edith Bruck, molto nota, sopravvissuta alla Shoah è anche amica di Papa Francesco, dal quale si è recata ancora alcune settimane fa, in occasione della giornata della memoria. Edith, intervenendo martedì all’università di Perugia davanti a 1000 studenti, così a detto: «Ormai l’odio è sparso in tutto il mondo, in tutta Europa. Siamo preoccupati perché succede troppo vicino a noi, ma ci riguarda anche quello che accade in Afghanistan o in Pakistan. Che cosa sta accadendo nel mondo? (…) L’uomo non ama sé stesso, più uccide più muore dentro. Non concepisco questa guerra senza senso. Prima d’incontrarsi per discutere avrebbero dovuto decidere una tregua. Così parlano di pace e intanto ammazzano la gente. Il problema è che non conta la vita umana. Non capiscono che stanno buttando la cosa più preziosa. È possibile che l’uomo non abbia imparato niente? Ripete gli stessi errori, è desolante, un dolore enorme per me che ho vissuto la guerra peggiore». In un momento così drammatico tornare alla voce di chi ha vissuto l’Olocausto è memoria del passato che parla al presente.

L’odio «sparso in tutto il mondo» di cui Edith parla e che vediamo in questa disgraziata guerra ma anche, nel nostro piccolo e grande mondo della rete, dove c’è una tensione incredibile che diffonde nella forma di fakenews e propaganda più o meno costruite ad arte, divisioni e contrasti, come può essere vinto?

Noi cittadini comuni non potremo cambiare i destini di questa sciagurata guerra e forse neppure di quell’altra, quotidiana, che con la pandemia abbiamo visto acuirsi nelle reti sociali con tutte le sue ripercussioni nelle nostre comunità, ma nel nostro piccolo oggi, in queste ore, abbiamo la grande possibilità di dare voce all’amore. Lo stanno facendo in tanti: concentrarci su gesti, pensieri, atti di vicinanza immediati, ognuno quello che può verso chi soffre. Anche questo è potere, il potere di noi umile gente. Diverso da quello che si gioca nello scacchiere mondiale, ma è l’unico che abbiamo, credenti o non credenti che siamo. Diamo quindi voce nei social, nei media alle iniziative buone, alla solidarietà, organizziamola, pregando nel frattempo che in qualche modo l’umanità dei «grandi» sia mossa dal coraggio umile di tanta gente comune verso la pace.  C’è infinito bisogno di seminare gesti di pace, ne avevamo bisogno nel tempo delle contrapposizioni forti della pandemia, oggi quel bisogno si è trasformato con questa guerra in urgenza decisiva. Perché Edith ha ragione: più uccidiamo, più moriamo dentro. Mentre se coltiviamo atti buoni e relazioni buone il nostro cuore si apre alla vita. Diamo spazio alla solidarietà, viviamola in parole e opere, è tutto quello che noi gente comune possiamo fare per gridare, in modo concreto, quella pace per cui ci ritroviamo a pregare e manifestare.

6 Marzo 2022 | 16:22
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