Anzini Federico

Tutto è iniziato da uno sguardo

Tutto ciò che il Mistero non ci risparmia è per la nostra maturazione ripeteva spesso don Luigi Giussani. Ognuno ha le sue fatiche. Con mia moglie sono confrontato quotidianamente con l’handicap di nostro figlio Nicola. Un bimbo di 5 anni con un ritardo psico-motorio importante. Più volte ho fatto esperienza che la Chiesa, intesa come gruppo di amici radunati dalla presenza di Cristo, è la modalità più efficace e conveniente per imparare ad abbracciare, e poi ad amare fino in fondo, quel pezzo di realtà che ti è data da vivere.

L’ennesimo esempio della Grazia del Signore che gratuitamente e immeritatamente ti raggiunge l’ho sperimentata recentemente durante una settimana di vacanza in montagna con altre famiglie cristiane. Infatti, in quei giorni, abbiamo ascoltato anche una testimonianza di un padre che ha avuto due figli gemelli entrambi con un grave handicap. Inutile dire che mi sono sentito piccolo di fronte alla fede di quell’uomo, oggi pensionato, che ancora accudisce, assieme a sua moglie, con amore e dedizione i suoi «ragazzi», ora più che trentenni.

Condivido con i lettori di catt.ch alcuni pensieri di questa testimonianza, da me sinteticamente riassunti:

«Ho impiegato quattro anni – ci dice Enrico – a capire che da solo non ero in grado di uscire da quel buio, da quella tristezza, da quell’inquietudine che mi toglieva il fiato. Non per la fatica quotidiana ma perché vedevo quei due bambini come un ostacolo alla mia felicità. Inizialmente molti mi dicevano di cambiare ogni tanto campo da gioco dato che quello che avevo ricevuto era pieno di «sassi». Dovevo svagarmi altrove, in un bel prato verde ben tenuto senza particolari ostacoli. In altre parole dovevo scappare ogni tanto dalla realtà della mia famiglia. Ma questo scappare è però esattamente quello che ci impedisce di gustare fino in fondo la vita!

[…] Una sera ho incrociato lo sguardo di mia moglie, che viveva la stessa realtà, ed era lieta. Viveva la mia stessa fatica, il mio stesso dolore, viveva tutto come me ma lei era lieta! Dopo quattro anni me ne sono accorto, chissà da quanto tempo era lieta. Mi è nata un’invidia! Volevo essere come lei. Questo ha cambiato tutto! Ero finalmente libero perché negli occhi di mia moglie ho incontrato veramente Cristo. Ho sentito su di me lo sguardo misericordioso del Padre, cioè la verità sulla mia vita. Perché solo la verità rende liberi davvero. Nel mio caso ho capito che lasciandomi guidare da Cristo era possibile essere lieti dentro quella fatica.

[…] Un giorno mi trovavo in montagna con mio figlio Paolo – che non parla e cammina solo se sostenuto – e molti altri amici. Scopo raggiungere una bellissima vetta panoramica. Abbiamo impiegato molto più tempo degli altri ma alla fine siamo arrivati alla meta e abbiamo goduto anche noi di quel panorama mozzafiato. In quella circostanza ho provato una profonda tenerezza verso Cristo. Perché ho capito che il Padre ha pensato una strada esclusivamente per me, che devo fare io. Ma la modalità di camminare su questa strada è dettata dalle circostanze non dalle mie idee. Così come durante quella gita ho dovuto adattarmi al ritmo, molto lento, di mio figlio. Io sarei andato su quasi di corsa! Quando nel Vangelo si dice che la via per il Paradiso è stretta non significa prima di tutto che è faticosa ma che l’amore infinito del Padre ha un disegno pensato per ciascuno di noi. La strada è stretta perché è pensata solo per me, affinché io sia felice pienamente, fino in fondo. Gesù guarda ciascuno di noi individualmente. Ha lo sguardo di un innamorato! Questo mi ha commosso fino alle lacrime.

[…] Con Cristo la realtà non è più nemica. La fatica non ti schiaccia. L’inquietudine del mio cuore è diventata una benedizione, cioè la modalità per cercare Cristo in ogni istante della giornata – conclude Enrico. Ecco perché si può essere lieti anche con due figli handicappati! E tutto è iniziato da uno sguardo 35 anni fa…»

2 Maggio 2016 | 05:55
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