Emanuele di Marco

Una porta… diversa!

di Don Emanuele di Marco
Durante le nostre giornate attraversiamo molte porte, di vario tipo: di casa, della scuola, dell’autosilo o dell’ufficio, del vagone ferroviario o dell’automobile. Sono innumerevoli e di vario tipo, ma tra tutte queste porte c’è qualcosa di comune che ritroviamo quando le «passiamo». C’è infatti, con il passaggio attraverso una porta, un cambiamento: da un luogo all’altro, da una situazione ad un’altra, da un edificio all’esterno. La porta diventa quindi luogo di passaggio e di mutamento.
Tra le varie porte ce n’è una che, proprio per la sua particolarità, è chiamata «porta santa». È un elemento essenziale della celebrazione del Giubileo, e tocca le sfere della Chiesa universale quanto della spiritualità personale. Per capirne il senso bisogna riferirsi alle parole di Gesù stesso: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 7-9).
Lui stesso si definisce la porta che salva, protegge, guida. Gesù, per spiegare degli aspetti della fede non sempre evidenti rispetto alla nostra esperienza umana (vita eterna, fine dei tempi, misericordia,…) usa un linguaggio parabolico o narrativo, che consente – attraverso esempi tratti dalla nostra vita quotidiana – di cogliere contributi significativi per la nostra vita. La porta diviene quindi segno di accoglienza, comprensione, solidarietà e consolazione.
Una porta per tutti: non ci sono metal detector, chiavi o codici di sicurezza: la porta santa è una per tutti, non ci sono accessi privilegiati. È la chiamata alla conversione che porta alla santità. Essa rappresenta simbolicamente il desiderio di recuperare il progetto di Dio sulla propria vita. Passarci attraverso è quindi momento significativi perché spinge ad un profondo ripensamento della propria quotidianità.

26 Gennaio 2016 | 15:04
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