Vescovi francesi sotto pressione dopo il rapporto Sauvé

I vescovi di Francia sono riuniti da oggi, 2 novembre, fino all’8 novembre 2021, a Lourdes, per la loro assemblea plenaria d’autunno. Il seguito del Rapporto Sauvé sugli abusi sessuali nella Chiesa occuperà la maggior parte del loro lavoro.

di Maurice Page, cath.ch (traduzione e adattamento di Katia Guerra, catt.ch)

Dalla sua pubblicazione, un mese fa, gli occhi dell’episcopato francese sono puntati sul Rapporto Sauvé,. Molti si aspettano non solo un’ammissione dei fallimenti dei vescovi e della Chiesa di fronte agli abusi sessuali, ma anche l’annuncio di misure forti a favore del riconoscimento delle vittime.

Il quotidiano cattolico La Croix ha voluto conoscere lo stato d’animo dei vescovi e le proposte concrete che intendono fare a Lourdes. Dei circa 120 prelati, alcuni hanno condiviso i loro sentimenti e le loro speranze.

Il vescovo Marc Beaumont di Moulins (Allier), che è vescovo da diversi mesi, non nasconde che si sente «come un topo davanti a una montagna, impotente». «È un momento di prova notevole, siamo storditi», dice il vescovo Hubert Herbreteau di Agen (Lot-et-Garonne).

Jean-Luc Brunin è altrettanto esterrefatto. «Sono sbalordito dalle cifre», dice il vescovo di Le Havre (Seine-Maritime). «Penso che noi vescovi siamo un po’ storditi», ha riassunto sobriamente l’arcivescovo di Tolosa (Haute-Garonne), Robert Le Gall. Eppure, ha continuato, «stavamo già parlando di abusi alla prima sessione plenaria a cui ho partecipato nel novembre 2000».

Segnati, per non dire feriti, i vescovi francesi sembrano consapevoli che la loro reazione è particolarmente attesa dalle vittime, dai cattolici e anche al di là dei soliti circoli di credenti.

Essere attivi e proattivi

«È una situazione grave che ci richiede di essere attivi e propositivi», ha confidato il vescovo di Séez (Orne) dal luglio 2021, Mons. Bruno Feillet.

«Prego il Signore di arrivare a Lourdes in un clima di unità, in modo da poter affrontare le questioni che faranno male, cioè il denaro e il riconoscimento pubblico della nostra responsabilità», nota l’arcivescovo di Strasburgo. L’arcivescovo Luc Ravel è stato uno dei vescovi più schietti sulla questione degli abusi sessuali: «Se cominciamo a dire ‘sì ma’ alle raccomandazioni del Ciase, sarebbe un disastro mediatico ed evangelico». Ciò che è necessario, dice, è un «riconoscimento globale e unanime da parte della Chiesa che, volontariamente o involontariamente, c’è stato un sistema che ha favorito questi crimini».

Prima di tutto, avverte Mons. Hervé Giraud, arcivescovo di Sens-Auxerre (Yonne), bisogna «ascoltare ancora e ancora le vecchie e nuove vittime».

Contributo finanziario e condivisione del potere

Il sistema di contributi finanziari versati alle vittime, annunciato nel marzo 2021, sarà certamente messo in discussione. «Dobbiamo organizzare il riconoscimento finanziario come raccomandato dal rapporto Sauvé, senza ricorrere alle donazioni dei fedeli», dice Mons. Brunin.

Il secondo aspetto riguarda la governance. Ma sulla condivisione del potere, non tutti i vescovi hanno le stesse idee. Tra il vescovo Herbreteau, che «personalmente trova che noi vescovi accumuliamo troppo potere», e un altro che afferma che «in realtà, il vescovo non ha potere», le posizioni sembrano opposte. La maggioranza dei vescovi intervistati da La Croix è d’accordo sulla necessità di delegare meglio secondo il principio di sussidiarietà.

I vescovi devono ora trovare le parole e i mezzi per rispondere alle aspettative ed evitare che la «speranza» di cambiamenti sollevata dal rapporto Sauvé finisca in un «trabocchetto», secondo l’espressione di Mons. Alain Planet, vescovo di Carcassonne (Aude). (cath.ch/cx/mp)

2 Novembre 2021 | 17:25
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