Facoltà di Teologia di Lugano: da alcuni frammenti di Qumran viene alla luce un antico testo ebraico
«Qumran» , almeno in parte, è sinonimo di mistero: nessuno è ancora arrivato a chiarire come mai, oltre 2000 anni fa, quasi un migliaio di rotoli, siano stati depositati all’interno di numerose grotte affacciate sul Mar Morto. Ma una cosa è certa: per i ricercatori, che negli anni si sono chinati sul sito archeologico, i manoscritti di cui si è oggi in possesso sono fondamentali per la comprensione della Bibbia e dell’ebraismo al tempo di Gesù. Questo sollecita il mondo scientifico a indagare sempre più a fondo e, ormai da un decennio, anche la Facoltà di teologia di Lugano (FTL). È di pochi giorni fa, la notizia dell’importante ritrovamento, da parte di Marcello Fidanzio, direttore dell’Istituto di Cultura e Archeologia delle Terre bibliche della FTL – assieme a Joan Taylor del King’s College Londra e Dennis Mizzi dell’Università di Malta – di alcuni testi, provenienti dalle grotte, finora ignorati. Quest’ultima «scoperta» è partita da un episodio curioso, racconta Marcello Fidanzio. «Circa 25 anni fa, al termine di una conferenza su Qumran in Inghilterra, una signora tra il pubblico alza la mano e dice: «Mia madre ha dei frammenti dei Rotoli del Mar Morto nel suo attico!». Dopo questo intervento la famiglia donò i materiali alla prestigiosa John Rylands Library di Manchester. Essi sono stati studiati con l’analisi dei materiali, ma nessuno aveva provato a fotografarli con il sistema multispettrale, che ora ha rivelato su almeno sei frammenti parti di testo». Prof. Fidanzio, si parla di «alcuni frammenti», ma di che entità è realmente il ritrovamento? «Si tratta di frammenti con poche lettere, alcuni con qualche parola, come quello che sta diventando noto in questi giorni per via della parola «Shabbat», il sabato ebraico. Altri ancora mostrano la preparazione del foglio, con le righe su cui si appoggiava la scrittura o le cuciture tra le pelli». Qual è il ruolo che la Facoltà di teologia di Lugano ha avuto in questo ritrovamento? «Con una collaborazione tra Londra, Lugano e Malta, abbiamo realizzato un progetto dedicato alla ricerca dei materiali delle grotte di Qumran sparsi in musei e collezioni private del mondo. Insieme ai frammenti di manoscritti, a Manchester ci sono anche tessuti e ceramiche della famosa grotta 4Q, la più ricca tra quelle dei rotoli del Mar Morto. Siamo partiti dagli oggetti, fino a quando la collega che aveva fatto il sopralluogo sui frammenti ha ipotizzato che potesse esserci del testo. Dopo una rapida riunione abbiamo deciso di indagare questa possibilità». Come si arriva a stabilire l’autenticità di un frammento? I falsari sono un problema anche per voi, come nel resto del mondo antiquario? «Proprio di recente dei frammenti acquistati a caro prezzo dal museo della Bibbia di Washington si sono rivelati dei falsi. Questo è probabilmente vero per tutti o quasi i frammenti che dal 2002 hanno inondato il mercato antiquario. A volte si tratta di falsi su materiali antichi, pelli che si possono datare al radiocarbonio e risultano del periodo dei manoscritti autentici. Ciò che attesta l’originalità dei frammenti è innanzitutto la provenienza: nel nostro caso è possibile tracciare, documenti alla mano, la filiera che li ha portati fino a noi». Rispetto alle scoperte degli ultimi decenni, qual è l’importanza di quest’ultima? «A Lugano abbiamo già annunciato una scoperta di frammenti nell’estate del 2015. Forse qualcuno si ricorderà e questo nuovo annuncio potrà sembrare privo di eccezionalità. Ma queste scoperte sono le uniche sicure degli ultimi decenni. Possiamo dire di aver avuto la fortuna, ma forse anche un po’ di capacità nell’aver fatto la nostra parte nel vivo della ricerca». Fin qui abbiamo parlato dei segreti di Qumran: ma quali sono i segreti del vostro lavoro, che come abbiamo visto, ha portato e contiuna a portare a risultati interessanti e nuovi? «Noi lavoriamo negli archivi, nei magazzini che conservano il lavoro fatto in precedenza e poi torniamo sul terreno per comprendere i dati e verificare le interpretazioni. Una volta una giornalista americana mi ha detto: «tu fai il lavoro sporco che nessuno vuol fare», poiché non partiamo alla ricerca di nuove scoperte sensazionali, ma cerchiamo di offrire i dati di cui la ricerca ha bisogno. Pazienza, impegno e un grande lavoro di squadra sono le chiavi per andare avanti. Posso dirvi quanto mi ritegno privilegiato a guidare una squadra di persone competenti e appassionate, capaci di contribuire seriamente al bene della ricerca? Benedetta Torrini Marco Depietri, Alessandro Maifredi, Lidor Gilad, Francesco Pusterla, Mauro Bianchetto, Lelia Scotti, Federico Cisi offrono un contributo determinante, ognuno nel prorio settore».
Laura Quadri