Anche i cristiani tra le vittime dell'offensiva in corso nel nordest siriano

Dopo cinque giorni di bombardamenti turchi nel nordest della Siria, Ankara rimane ferma sulle proprie posizioni nonostante la mobilitazione internazionale contro i raid. Le forze turche, appoggiate da combattenti locali ed elementi jihadisti, sono entrate ieri a Ras al-Ain, località strategica curda al confine con la Turchia, annunciandone la presa. Secondo le autorità curde i combattimenti starebbero invece continuando, come confermato anche dall’Osservatorio siriano per i diritti umani secondo cui ci sarebbero state «esecuzioni sommarie» di almeno nove civili da parte dei miliziani filo Ankara, tra cui l’attivista Hevrin Khalaf, assassinata ieri. Circa 800 affiliati dell’Isis sarebbero poi scappati da uno dei campi in cui si trovavano. Salgono i bilanci delle vittime, anche se sul terreno rimane difficile verificare in maniera indipendente le diverse informazioni: fonti concordanti parlano di altri 40 siriani uccisi, a cui nelle ultime ore si aggiungerebbero diversi civili.

Stop all’esportazioni di armi

Cresce intanto l’isolamento turco. Alle manifestazioni di piazza contro le operazioni belliche, si è unita la condanna della Lega Araba all’»aggressione turca», come hanno fatto sapere i ministri degli Esteri dell’organizzazione, chiedendo l’immediato ritiro delle truppe del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Francia e Germania hanno deciso di bloccare i piani di esportazioni di armi alla Turchia. Se Ankara non manterrà «gli impegni, inclusa la tutela delle minoranze religiose, imporremo sanzioni molto dure», ha affermato il capo della Casa Bianca Donald Trump che, secondo il segretario alla Difesa Usa, Mark Esper, sta per far evacuare circa 1.000 soldati da tutto il nord della Siria.

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14 Ottobre 2019 | 09:19
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