Mons. Michael Yeung Ming-Cheung
Chiesa

Il nuovo vescovo Yeung e la Cina vista da Hong Kong

Nello stemma episcopale di Michael Yeung Ming-cheung, nuovo vescovo di Hong Kong, c’è sia la Grande Muraglia che la collina del Leone a Hong Kong. Si può azzardare che il successore del cardinale John Tong-Hon abbia voluto inviare un messaggio semplice ed eloquente: lavorerò per Hong Kong, ma guarderò anche alla Cina e alla Chiesa che è in Cina. 

 

Il passaggio di Yeung alla guida della diocesi cattolica di Hong Kong era stato di fatto già messo in programma dal novembre 2016, quando l’allora vescovo ausiliare era divenuto vescovo coadiutore della stessa diocesi. 

 

L’evento, ecclesialmente «scontato», acquista interesse alla luce dell’attuale fase delicata delle relazioni tra governo cinese e Chiesa cattolica, e per la sostanziale continuità che su quel dossier il nuovo vescovo manifesta col suo immediato predecessore, il cardinale Tong. Quale sarà, a riguardo, il ruolo presente e futuro della diocesi di Hong Kong? Nella sua prima conferenza stampa da vescovo alla guida della diocesi, Yeoung ha già espresso in merito considerazioni dirompenti proprio nella loro ovvietà: ha ripetuto che Hong Kong non ha alcun ruolo come «intermediario» nei rapporti tra Cina e Vaticano, e non può nemmeno immaginarsi come una specie di «terza forza»; ha aggiunto che l’unico contributo interessante che può essere offerto a tutti dalla diocesi di Hong Kong è quello di carattere ecclesiale; e a una domanda sulla demolizione delle croci «troppo alte» delle chiese, nella provincia cinese dello Zhejiang, ha risposto che in Cina ci sono delle regole sulla costruzione degli edifici, e occorre rispettare le regole del governo locale. 

 

Il registro ecclesiale più familiare per il nuovo vescovo di Hong Kong non sembra quello delle battaglie pubbliche o degli approfondimenti intellettuali, ma quello concreto delle opere della carità a vantaggio di chi ha bisogno. Il suo incarico alla guida della Caritas di Hong Kong, iniziato nel 2003, lo ha chiamato a gestire l’impegnativa eredità di padre Francesco Lerda il missionario del Pime che l’aveva guidata durante i decenni eroici dell’enorme lavoro realizzato a favore dei migranti della Cina continentale. Ancora oggi, in un contesto molto mutato, con le nuove povertà che aggrediscono anche la popolazione di quel grande centro finanziario internazionale, tanti a Hong Kong, soprattutto tra i non cristiani, vedono nella Caritas il volto più interessante della comunità ecclesiale locale. 

 

Il futuro della diocesi, con la nomina di Yeung, non sembra destinato a vedere concentrare le energie nella contrapposizioni con le autorità civili. In passato, il nuovo vescovo è stato punzecchiato da ambienti e media hongkonghesi per la sua scarsa attitudine a criticare la Cina e per non aver sostenuto con vigore le proteste anti-Pechino di Occupy Central. In realtà, Yeung ha ripetuto anche alla sua prima conferenza stampa che la Chiesa non è una entità politica, e che comunque occorre mostrare solidarietà con quanti intervengono con generosità e fanno sentire la loro voce quando vedono messi in gioco i diritti umani. Un approccio moderato e realista, non troppo gradito ai settori che vorrebbero vedere la compagine ecclesiale locale più esplicita nelle contestazioni contro Pechino e nelle rimostranze verso l’amministrazione locale, guidata dalla cattolica Carrie Lam, divenuta Chief Executive di Hong Kong nel marzo scorso (e con la quale il vescovo Yeung ha rivelato in conferenza stampa di avere un buon rapporto).  

 

Le risposte fornite da Yeung nella sua prima conferenza stampa lasciano immaginare un approccio non arrogante e colpevolizzante nei confronti della sofferente realtà ecclesiale presente nella Repubblica Popolare cinese. Negli ultimi decenni le Chiese di T aiwan e di Hong Kong hanno sempre preteso di affermarsi come «Chiese ponte» fra i cattolici cinesi – sottoposti alle prassi invasive della politica religiosa governativa – e la cattolicità universale. Un approccio sostenuto da molti con spirito di fraterno servizio, ma che in molti altri casi si è trasformato nella pretesa – talvolta tracotante – di esercitare un «tutoraggio» dottrinale e pedagogico nei confronti della maltrattata Chiesa della Mainland China.  

 

Se è davvero autentica la sintonia – riconosciuta da più parti – tra il nuovo vescovo ordinario di Hong Kong e il suo predecessore, c’è da immaginare che verranno ulteriormente messi all’angolo i residui di supponenza di quanti, a Hong Kong, credono di avere il compito di «misurare» costantemente il tasso di cattolicità della realtà ecclesiale del resto della Cina. 

 

Il cardinale Tong, anche nel suo tempo alla guida della diocesi di Hong Kong, iniziato nell’aprile 2009, è stato per tutti i cattolici cinesi un fratello premuroso e dal cuore aperto, pronto a farsi carico delle difficoltà e delle sofferenze di tutti, più che a giudicare e magari a fustigare dall’esterno. «La fede» diceva in un’intervista pubblicata su 30Giorni nel 2012 «non viene da noi. Viene sempre da Gesù. E noi non siamo i controllori e i giudici della fede dei nostri fratelli. Noi siamo semplicemente una diocesi sorella rispetto alle diocesi che sono nel continente. Così, se loro vogliono, noi siamo felici di condividere con loro il nostro cammino e il nostro lavoro pastorale». Da bravo vescovo cattolico, Tong non crede che la fede e l’unità nella Chiesa si mantengono a forza di minacce di scomunica o di insulti. E ha sempre ringraziato il Signore che ha custodito la fede nella Chiesa che è in Cina, come solo Lui sa fare, anche lungo i decenni della persecuzione cruenta.  

Gianni Valente – VaticanInsider

Mons. Michael Yeung Ming-Cheung
4 Agosto 2017 | 12:00
Tempo di lettura: ca. 3 min.
cina (108), vescovo (110)
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