Papa e Vaticano

Bagnasco: il populismo non è la risposta ma non va snobbato

Il cardinale Angelo Bagnasco ha sottolineato la «vicinanza alle persone» da parte della Chiesa italiana, nell’ultima relazione che ha pronunciato da presidente della Conferenza episcopale italiana, in apertura dell’assemblea chiamata a scegliere il suo successore, ed ha parlato di disoccupazione e demografia, ha criticato la politica che «maltratta» la famiglia, come se «si dovesse viaggiare trionfalmente verso nuove forme, più aggiornate – si dice – più efficaci e libere», ed ha rivendicato il ruolo delle scuole paritarie. L’arcivescovo di Genova ha anche approfondito il tema del populismo, che si diffonde in Europa, sottolineando che esso «si rivela superficiale nell’analisi come nella proposta, interprete di una democrazia solo apparente», ma «non può essere snobbato con sufficienza» perché «raccoglie sentimenti diffusi che non nascono sempre da preconcetti, ma da disagi reali e, a volte, pure gravi».

«La domanda incomprimibile è se potevo fare di più e meglio per amare tutti e ciascuno», ha detto Bagnasco questa mattina, dopo che ieri sera il Papa ha introdotto la 70esima assemblea della Cei (22-25 maggio): «Altri risponderanno meglio di me. Comunque, quando nulla si cerca, nel segreto dell’anima prendono casa la serenità e la pace. A noi Pastori – ha detto il presidente uscente della Cei che nella sua relazione ha ringraziato tanto i Pontefici con i quali è stato presidente, Benedetto XVI e Francesco, quanto i segretari generali della Cei con cui ha lavorato, mons. Mariano Crociata e mons. Nunzio Galantino – spetta il compito di lavorare con retta intenzione e con tutto l’impegno possibile: il risultato è nelle mani di Dio che tutto vede e feconda». Guardando ai dieci anni passati, «i momenti più delicati – ha ricordato Bagnasco, che ha dovuto interrompere per la commozione un passaggio del suo discorso – ci hanno aiutato a stringerci di più gli uni agli altri, come i discepoli sulla barca nel mare in tempesta, e guardare a Lui, il Signore, il Timoniere della Chiesa e della storia».

Insieme, ha detto Bagnasco agli altri vescovi italiani, «abbiamo camminato e parlato alle nostre comunità e al Paese. La vicinanza alle persone ci ha permesso di conoscerne la vita reale e di dar voce a speranze, preoccupazioni e dolori del popolo. Questa prossimità ci ha consentito, a volte, di anticipare gli eventi, come quando – nel 2007 – abbiamo registrato pubblicamente che erano tornati i «pacchi viveri» nelle nostre parrocchie, segno di ciò che sarebbe presto accaduto: la grande crisi. In questo senso, la gente ha sempre riconosciuto che i loro Vescovi ci sono e sanno farsi eco rispettosa e autorevole in ogni sede, senza interessi personali o di parte».

La fede cristiana, ha detto ancora Bagnasco, che è adesso presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee), «è sorgente di quel nuovo umanesimo che l’Occidente europeo sta dimenticando; al suo posto emerge un individuo sciolto da legami, apolide, senza casa né patria, illusoriamente libero, in realtà prigioniero delle proprie solitudini. Come non rimanere preoccupati a fronte dello scioglimento delle relazioni in famiglia, nel lavoro, nei corpi intermedi, nella società, e perfino nelle comunità cristiane?». Per Bagnasco, «quanto più l’individuo si isola dagli altri, tanto più diventa preda di manipolazioni politiche, economiche, finanziarie. Una società disaggregata, fatta di punti isolati, è debole, indifesa di fronte alle logiche del mercato selvaggio e del profitto fine a se stesso. Il potere, inteso come prevaricazione, ne vive. L’altra faccia della medaglia mostra in tutto il Continente europeo la presenza di un marcato populismo, che – mentre afferma di voler semplificare problemi complessi e di promuovere nuove forme di partecipazione – si rivela superficiale nell’analisi come nella proposta, interprete di una democrazia solo apparente. Ci si chiede, pertanto, se serva veramente la gente, oppure se ne voglia servire; se intenda veramente affrontare i problemi o non piuttosto usarli per affermarsi. Con questo – ha precisato il presidente uscente della Cei – il populismo non può essere snobbato con sufficienza: va considerato con intelligenza, se non altro perché raccoglie sentimenti diffusi che non nascono sempre da preconcetti, ma da disagi reali e, a volte, pure gravi».

Abbiamo preso le distanze, ha detto Bagnasco, «dal disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento: l’abbiamo fatto a tutela del malato e dei suoi famigliari, e del loro rapporto con i medici, i quali non possono vedersi ridotti a meri esecutori».

L’arcivescovo di Genova ha affrontato diverse questioni di attualità, a partire dalla famiglia: «Quante volte abbiamo detto che la cultura oggi disprezza la famiglia e la politica la maltratta! Come se questo nucleo, questo microcosmo, fosse vecchio e superato, e si dovesse viaggiare trionfalmente verso nuove forme, più aggiornate – si dice – più efficaci e libere», ha detto Bagnasco, «ma questa smania che rincorre ogni alito di vento, che è insofferente del quotidiano e del normale, non è forse segno del vuoto interiore, del male di vivere?». Le famiglie, per il porporato, «si sentono sostanzialmente abbandonate: sono urgenti politiche familiari consistenti nelle risorse e semplici nelle condizioni e nelle regole. Non sostenere la famiglia è suicida».

«Ne è parte – ha detto ancora Bagnasco – anche il sostegno alla scuola paritaria, puntualmente messo in discussione da un pregiudizio ideologico: eppure, nella laica Europa questi muri sono caduti, per cui si riconosce il valore culturale della scuola paritaria nell’assicurare la memoria dei nostri Paesi, come pure la stessa ricchezza che ne deriva per la libertà educativa e il pluralismo. In Italia, invece, sembra non valere nemmeno il criterio dell’investimento, che consente allo Stato di risparmiare ogni anno – al netto del contributo – ben 6 miliardi di euro».

Quanto all’aumento della povertà in Italia, «le nostre forze – ha rivendicato Bagnasco – si sono moltiplicate con l’aiuto di moltissimi, con le reti virtuose delle parrocchie, delle aggregazioni, dei volontari; con le nostre Caritas, gli Uffici per i migranti, la Pastorale del lavoro e della salute…». Rivolgendosi ai poveri, «a voi – ha detto Bagnasco – tutti rinnoviamo la nostra vicinanza concreta, sapendo che non è nelle nostre mani il sistema sociale. Continueremo però nella nostra missione, che è l’onore di annunciare la salvezza di Cristo e di partecipare al bene comune».

I presidente uscente della Cei ha sottolineato l’importanza dei giovani, a cui l’assemblea dei vescovi dedicherà un approfondimento, ed ha ringraziato i sacerdoti italiani: «Il nostro grazie, però, si invera anche per il generoso apostolato che si declina nella prossimità alla gente, nella fedeltà agli impegni sacerdotali, nella dedizione più forte degli anni, nell’obbedienza di fede. Voi siete così, e nessuna ombra – per quanto dolorosa – di limite o di peccato, potrà offuscare o infangare questa realtà».

Bagnasco ha concluso sottolineando che «l’uomo occidentale appare confuso e smarrito sulla proprio identità e sul suo stesso destino», ma «dentro a questo groviglio, è presente una opportunità che – pian piano – emerge dalla coscienza distratta, si fa voce, si trasforma in attesa, diventa invocazione: è l’alba del risveglio!». In questo contesto, «noi, insieme, continueremo a dire con umile audacia: debole è la nostra voce, ma fa eco a quella dei secoli. Voi tutti, uomini che ci ascoltate, la nostra gioia è la più grande di tutte: ha un nome e un volto, che riconducono alla Persona di Gesù Cristo».

Prima del discorso di Bagnasco, monsignor Angelo Spinillo ha espresso «tristezza e dolore» a nome dei vescovi il dolore per l’attentato di questa notte a Manchester.

(Jacopo Scaramuzzi / Vatican Insider)

23 Maggio 2017 | 11:55
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