Stella N'Djoku

Non essere uno yes man: segui il tuo istinto

di Stella N’Djoku

L’altro giorno ho incontrato una vecchia conoscenza, ci siamo salutate col sorriso e poi ognuna per la sua strada, come sempre. È successo lo stesso il giorno dopo e quello dopo ancora, finché non ci siamo date appuntamento per un té.
Stamattina quindi sono partita di casa, apparentemente tranquilla, ma con un peso che mi accompagnava.

Oggi la mia riflessione parte da qui, dal fatto che spesso non ci rendiamo conto del fatto che dovremmo seguire di più il nostro istinto, le nostre sensazioni. Non dico che dobbiamo sentirci angosciati ogni volta che usciamo di casa o che incontriamo qualcuno, ma che forse dobbiamo tenere più in considerazione le nostre sensazioni, fidarci di più di noi.

Qualche tempo fa leggevo un articolo di cui non ricordo quasi nulla (se lo ritrovo, vi inserisco qui il link), se non il punto centrale: chi lo aveva scritto, aveva trovato un modo molto bello di sviluppare il tema scelto. In pratica, la frase che mi aveva colpito in assoluto doveva qualcosa tipo: «Se la donna si fosse fidata del proprio istinto, se avesse fatto caso al fatto che l’odore di quell’uomo le piacesse o meno, allora…».

Ora, non voglio stare a parlare dell’odore di donne e uomini e del fatto che se ogni volta che una persona ci è piaciuta o meno, c’entrasse anche quello: probabilmente sì, ma non è su questo che voglio concentrarmi. Quello di cui invece mi sono accorta, è che quando non sto bene con una persona o mi sforzo perché mi piaccia è come se entrasse in gioco una specie si disagio non so dovuto a cosa! L’ho capito oggi, quando sono andata in bagno a sciacquarmi le mani e mi sono guardata allo specchio chiedendomi cosa non andava: ecco, io, se sto male, perdo il sorriso. E allora ho sentito come un disagio ulteriore, un peso doppio, un cappio al collo; come se avessi perso qualcosa,e il bello è che non sapevo neanche cosa.

Mi accade spesso; alcuni amici poeti dicono che è perché ho troppa testa, perché penso troppo… Io non so cosa sia, so solo che parlo tanto e senza filtri e che quando scrivo invece penso tanto e attendo che tutto si riordini prima di scriverlo. E così mi accade anche quando devo dire di no, o stare accorta: sento come una necessità di essere buona, di aiutare tutti, dire sempre si, ma poi? Che senso ha essere indistintamente buoni o imbarazzati a tal punto da ingoiare il rospo, se poi si sta male?

C’è una storia africana -ora non so dirvi se reale o leggenda-, che racconta di uno che andava a cena da un altro e che per vergogna di dire che il cibo non gli piaceva, moriva avvelenato -raccontata un po’ brutalmente, eh!-, e che insomma va un po’ a braccetto con il detto «meglio rossi prima che bianchi dopo»!

Ecco, non avrei voluto crearvi un senso di sconforto – che mi rendo conto, posso aver creato -, ma solo rendervi partecipi di un pensiero che ho da tempo e che ogni tanto si materializza: che forse è davvero meglio essere rossi prima, ascoltandosi di più e non obbligandosi ad essere uno yes man a tutti i costi, che non bianchi dopo, mortificandosi per essere stati stupidamente accondiscendenti perché è più facile seguire la ragione che non il ragionevole!

2 Febbraio 2017 | 09:36
Tempo di lettura: ca. 2 min.
istinto (1), no (2), pensiero (4), yesman (1)
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