A refugee teacher walks home from a long day of classes in Gendrassa refugee camp in Maban. JRS trains teachers to help improve their skills in the classroom. (Angela Wells /Jesuit Refugee Service)
Internazionale

Venti di pace in Sud Sudan, a Juba il giubileo per i cent’anni di evangelizzazione

Il Sud Sudan vive giorni di grande speranza e attesa. L’accordo di pace, siglato ad Addis Abeba lo scorso 12 settembre, continua a reggere in quasi tutto il Paese. Il ritorno in patria dell’ex vice-presidente e capo del principale gruppo armato di opposizione, Riek Machar, dopo due anni di esilio agli arresti domiciliari in Sudafrica, ha portato le fazioni in lotta dal 2013 verso posizioni più concilianti. Se tutto procede come da copione, Machar potrebbe ritornare a svolgere il ruolo di vice di Salva Kiir, presidente del Sud Sudan e suo acerrimo ex – si spera – nemico.

A scortarlo nel suo rientro a Juba, c’era Omar al-Bashir, presidente del Sudan e grande sponsor del processo di pace (a Khartoum fu sottoscritto il 27 giugno scorso il trattato di pace che ha aperto la strada all’accordo, ndr). I dubbi relativi alla tenuta dell’intesa stanno tutti nella storia politica dei tre uomini sopra citati i quali, assieme, assommano un numero impressionante di condanne per gravi crimini contro l’umanità e i diritti umani.

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A refugee teacher walks home from a long day of classes in Gendrassa refugee camp in Maban. JRS trains teachers to help improve their skills in the classroom. (Angela Wells /Jesuit Refugee Service)
10 Novembre 2018 | 06:00
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