Sierra Leone e Gambia, passi verso la stabilità

Dici Sierra Leone e immediatamente pensi a devastanti guerre civili e al terribile virus dell’Ebola. Dal marzo 2016, in realtà, quando l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato il paese «Ebola-free» definitivamente (nel novembre 2015, a causa di una recrudescenza del virus, era stato revocato il primo annuncio di debellamento, ndr), la Sierra Leone ha voltato pagina.  

 

Certo, la ex colonia britannica, scelta sul finire del XVIII secolo da abolizionisti della schiavitù come luogo dove rimpatriare o inviare schiavi afro-americani liberati – da cui il nome della sua capitale: Freetown – non ha risolto tutti i suoi problemi. Gli sforzi per uscire dalla depressione socioeconomica in cui il Paese è sprofondato fin dalla sua indipendenza, raggiunta senza spargimento di sangue nel 1961, hanno registrato drammatiche interruzioni dovute a ricorrenti fasi di instabilità e guerra civile. Dal 1991, infatti, quando il Revolutionary United Front (Ruf) capitanato da Foday Sankoh cominciò una campagna armata contro il presidente Joseph Saidu Momoh, fino al 2002, quando la missione dell’Onu ha annunciato che il disarmo di 45mila combattenti era stato completato e il suo mandato concluso, si sono susseguiti colpi di Stato, scontri feroci e uccisioni di massa che hanno avuto come immediato risultato la morte di decine di migliaia di persone e la fuga di circa 2 milioni di civili (circa un terzo della popolazione).  

 

La giunta militare, salita al potere a seguito della definitiva partenza dei peacekeepers Onu alla fine del 2005, ha iniziato un percorso di progressiva democratizzazione e stabilizzazione del martoriato Paese. Quando, però, nel 2014, le cose sembravano andare meglio, la rapidissima diffusione del virus dell’Ebola, ha nuovamente causato una forte contrazione delle attività economiche in moltissime zone, rallentato lo sviluppo, frenato inesorabilmente ogni fonte di investimenti esteri, e, naturalmente, condotto alla morte migliaia di persone. Sono dovuti passare quasi due anni prima che giungesse il sospirato annuncio dell’Oms che dichiarava il Paese totalmente libero dal virus. 

 

I segnali di ripresa e stabilità, però, cominciano a vedersi. Tra questi, si può senza dubbio annoverare l’annuncio dell’attuale presidente e primo ministro, Ernest Bai Koroma (al termine del suo secondo mandato – da 17 settembre 2007 al 17 settembre 2012), di una data certa per le prossime elezioni. «Siamo grati al presidente, Ernest Bai Koroma – scrivono i vescovi cattolici nel documento «Camminando verso elezioni pacifiche e credibili» pubblicato lo scorso 11 luglio – per aver annunciato in tempo la data delle elezioni, così da eliminare tutte le paure che queste potrebbero essere indebitamente ritardate o addirittura posticipate. A nostro avviso, questo è un importante sostegno alla promozione della pace e della stabilità e un impulso alla nostra giovane democrazia». «A tutti i sierraleonesi – aggiungono i presuli – specialmente a quelli che hanno l’età per votare, chiediamo di respingere fermamente tutti gli atti di violenza, le provocazioni inutili, le varie forme di frode che falsano i risultati, nonché qualsiasi cosa possa portare alla destabilizzazione e al disordine».  

 

Raggiunto al telefono da Vatican Insider, padre Paul Morana Sandi, segretario generale dell’Inter Territorial Bishops Conference of The Gambia and Sierra Leone, così commenta la situazione odierna della Sierra Leone e descrive gli sviluppi della neo democrazia in Gambia. 

 

«La Sierra Leone vive finalmente un periodo di stabilità e pace dopo le tragedie della guerra e del virus di Ebola. È chiaro, però, che permangono ancora molti problemi in quanto al rispetto della legalità e dell’ordine, la giustizia e si fa ancora fatica a ristabilire la fiducia nei leader politici e nelle strutture democratiche. Continuiamo a vivere nella speranza che le tante sfide che abbiamo davanti potranno essere affrontate con un senso di responsabilità e di collettività». 

 

Ci sono varie situazioni di gravi instabilità politica in Africa dovute alla riluttanza di governanti a lasciare il potere e indire libere elezioni. Da voi la situazione sembra diversa. 

 

«La decisione di fissare una data per le elezioni nel 2018, quasi un anno prima della tornata elettorale, è da considerarsi un enorme successo per la nostra fragile democrazia. Il presidente Ernest Koroma ha voluto smentire tutte le voci che parlavano di una volontà di posporre le elezioni a data da destinarsi. I nostri concittadini ritengono che ciò sia l’indicazione chiara di un progresso fatto allo scopo di evitare gli errori del passato e costruire un futuro migliore per tutti. Posso dire che i preparativi per le elezioni sono già iniziati e i vari attori del processo elettorale sono già al lavoro per contribuire a elezioni pacifiche e credibili». 

 

La Sierra Leone è un paese a forte maggioranza islamica (78%) con un 20% di cristiani (di varie confessioni, i cattolici sono il 9% con quattro diocesi) e un 10% di appartenenti a religioni indigene. La Chiesa gode di piena libertà e gioca da sempre un ruolo di attore di primo piano negli affari riguardanti lo Stato.  

 

Qual è ed è stato il ruolo della Chiesa nel processo di pacificazione del Paese?  

«Quello di garante e di contributore alla formazione delle coscienze per giungere a una cittadinanza attiva e responsabile. La Lettera Pastorale scritta dai vescovi, come negli anni scorsi, mira a educare e informare l’elettorato e il popolo della Sierra Leone riguardo il loro dovere civile e il rispetto di ogni posizione, opinione e scelta. I vescovi incoraggiano tutti a partecipare al voto in una atmosfera libera da ogni violenza. Concretamente, attraverso la commissione nazionale di giustizia e pace, la Conferenza episcopale ha messo in piedi iniziative per addestrare, sostenere e coinvolger tutti, specie i giovani, nella ricerca di una cultura di pace e non violenza e per monitorare le elezioni. Ci sono progetti per essere presenti e attivi nelle varie fasi del processo elettorale». 

 

Quali sono le maggiori sfide che i governi, attuale e futuro, dovranno affrontare?  

«Il futuro sarà certamente migliore, ma non possiamo negare che la Sierra Leone sia ancora affetta da numerosi problemi. Abbiamo strutture politiche e democratiche ancora fragili, ci sono povertà, corruzione, l’economia è instabile, mancano le strutture sociali e la fiducia nel sistema giudiziario e legislativo. Questi problemi si riflettono nella disoccupazione, negli alti costi della vita, in malattie, pessime strade e standard generali bassi». 

 

Approfittando della vicinanza fisica e della comunanza di lingua, la Sierra Leone e il Gambia hanno un’unica gestione episcopale – l’Inter Territorial Bishops Conference of The Gambia and Sierra Leone – Con l’occasione, il referente ecclesiastico racconta a Vatican Insider gli sviluppi del più piccolo Paese d’Africa a sei mesi dalla storica vittoria del fronte democratico contro il sanguinario dittatore Yahya Jammeh, al potere nei precedenti ventidue anni. 

 

«Il Gambia è una meravigliosa favola realizzatasi anche a dispetto del periodo di incertezza politica seguito alle elezioni di dicembre (Jammeh rifiutava di lasciare il potere, ndr). Con le elezioni del presidente Adama Barrow, si è innescato un nuovo inizio. Gli sforzi per costituire dal nulla strutture democratiche, buon governo, una economia stabile e libertà di espressione, sono molti. La Chiesa cattolica del Gambia (una sola diocesi, Banjul, 8% della popolazione, ndr) è stata fin dall’inizio in prima linea nella predicazione della pace, la tolleranza e il rispetto delle opinioni. Al di là di momenti di tensione iniziali, fortunatamente tutto si è risolto per il meglio. La Chiesa continua a lottare per testimoniare il Vangelo. L’atmosfera generale è comunque di grande speranza e fiducia anche se c’è bisogno di tempo e pazienza».  

Luca Attanasio – VaticanInsider

4 Agosto 2017 | 18:00
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pace (298), sierraleone (2), stabilità (1)
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