Le Clarisse di Cademario in una foto del 2022
Ticino e Grigionitaliano

L'augurio e il pensiero dai Monasteri ticinesi per la Giornata delle Claustrali 2022

Specificamente pensata per fare memoria di coloro che hanno abbracciato la vita monastica, ricorre, il 21 novembre di ogni anno, dal 1953 a questa parte, la Giornata mondiale delle Claustrali, nel giorno stesso in cui la Chiesa fa memoria della Presentazione al tempio di Maria. Un’occasione per incontrare chi in Ticino ha fatto questa scelta di vita, a partire dalle sorelle Clarisse del Monastero dei Santi Francesco e Chiara di Cademario che nel 2022 festeggiano 30 anni di presenza in Ticino.

La «Giornata delle claustrali» ricorre dal 1953 nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della Presentazione al tempio di Maria. In che misura l’episodio evangelico richiama la vostra vocazione?

L’episodio della Presentazione di Maria al tempio, caro ai cristiani sia d’Occidente che d’Oriente, fa riferimento a una tradizione ispirata non ai Vangeli canonici, ma ai cosiddetti «apocrifi» (Protovangelo di S. Giacomo, Vangelo dello pseudo-Matteo, Vangeli dell’infanzia armeno e libro della Natività di Maria). Leggendo questi testi e anche i minei della liturgia orientale, si capisce lo stretto legame tra questa festa e la celebrazione della Giornata per le claustrali. Maria, secondo un uso del tempo, viene portata dai genitori al tempio all’età di tre anni per esservi allevata e rimanervi fino ai 12 anni, tempo in cui le giovani si fidanzavano. Ciò che emerge dai racconti è la sua incessante preghiera che ritma la giornata, anche i tempi di lavoro (si occupava infatti di lavori di tessitura): «trascorreva giorno e notte nell’adorazione di Dio, senza interruzione benediceva Dio…». In alcuni testi si dice anche che Maria desiderava offrire la sua vita al Signore nella verginità, suscitando lo stupore dei sacerdoti e della gente perché ai quei tempi non era una scelta consueta, per dedicarsi al culto di Dio e fare del suo corpo il vero tempio, la dimora dell’Altissimo. Per questi motivi in Maria si vede il prototipo di chi si consacra al Signore e in particolare delle claustrali che si dedicano esclusivamente al culto di Dio, alla preghiera incessante senza avere opere di apostolato diretto, per essere grembo che accoglie il soffio dello Spirito e genera Cristo per la salvezza del mondo.

«Santuario glorioso e sacra offerta, la Vergine purissima, riposta oggi nel tempio di Dio, qui è custodita, come egli solo sa, per divenire dimora del Re dell’universo, unico Dio nostro» (tropario della liturgia orientale).

Cosa vorreste dire alla gente, invitata a pensarvi e a pregare per voi durante la giornata delle claustrali?

Maria diviene casa, prepara la casa, si lascia toccare e plasmare da Dio per divenire tempio e spazio accogliente, si lascia costruire per comunicare e generare futuro.

Guardando a Maria, chiediamo al Signore di farci partecipi con tutto il suo popolo della sua pienezza di grazia; questa grazia non è qualcosa di astratto o irraggiungibile ma abita il segreto del cuore di ogni uomo, è germoglio che vive, consapevolmente o no, in ciascuno di noi.

La preghiera è dunque entrare nel «santuario» del cuore e «il Padre che è e vede nel segreto»(Mt 6,6.18) «esaudirà i desideri del tuo cuore»(Sal. 36). Questo luogo santo è il luogo in cui la relazione con Dio e con i fratelli cresce e si dilata portando frutti di accoglienza, amicizia e comunione per tutti e per ciascuno.

Come state vivendo questo periodo di ripresa dopo la pandemia e come è composta attualmente la Vostra comunità?

Non possiamo rispondere a questa domanda senza far memoria di ciò che Papa Francesco, durante il periodo di maggiore emergenza della pandemia, ma anche in altre occasioni, ha detto alla Chiesa e al mondo intero. Egli ci ha esortato a vivere ciò che stava accadendo con vigilanza, discernimento e carità. E più volte ci ha detto che saremmo usciti da quell’esperienza «migliori» o «peggiori» …

Ci siamo spesso chieste in quei lunghi mesi: «Quale parola il Signore sta rivolgendo alla nostra fraternità?» e «Cosa Lui ci sta chiedendo?».

Queste domande ci hanno maggiormente spronato a continuare e approfondire un nuovo lavoro, tra noi Sorelle, fatto di sfide, di riflessione e di confronto.

Con il cessare delle precauzioni riguardanti il Covid, pur mantenendo una certa prudenza, la nostra comunità ha ripreso il suo «esserci» di sempre per accogliere, ascoltare e rispondere alle varie richieste di amici, fratelli e sorelle che sono potute ritornate a frequentare la nostra fraternità.

Il dono e la gioia più grande sono stati l’aver poter condividere di nuovo, con il popolo di Dio, la nostra Liturgia che è e rimane sempre il nostro primo compito nella Chiesa.

Il «cuore» di questa nostra ripresa dopo la pandemia è la tensione ad essere vigili, innanzitutto tra noi Sorelle e poi con tutti coloro che ci chiedono, con una sapienza maggiore e speriamo anche con una carità più sincera perché, con l’aiuto del Signore, possiamo discernere la Sua volontà e rimanere aperte e disponibili all’azione del Suo Santo Spirito.

La nostra comunità è oggi composta da otto sorelle professe solenni e due giovani in formazione iniziale: una postulante e un’aspirante.

Che cosa può ancora dire Santa Chiara a una giovane del 2022?

Ogni carisma per essere tale deve essere vivo e quindi incarnato. Crediamo che per una giovane di oggi un incontro con il Signore mediato dal carisma di Chiara sia possibile solo nell’incontro con una realtà concreta che da questo carisma è continuamente generata. Poi, certo, ogni storia è unica ed irriducibile a uno schema: ci sono giovani che arrivano in monastero quasi senza conoscere Chiara e che la conosceranno magari solo dopo anni di vita monastica secondo la sua Regola e il suo carisma, così come ci sono giovani che arrivano all’incontro con una comunità o una sorella anche perché attratte dalla sua figura. Ma certamente l’incontro tra persone è un passaggio imprescindibile: questo è stato fin da subito il metodo dell’annuncio cristiano!

Un elemento del carisma di Chiara che interroga ancora l’uomo di oggi è sicuramente la radicalità della sua scelta: una radicalità della forma di vita che esprime la radicalità propria a ogni incontro con Cristo e il desiderio, spesso combattuto e contraddittorio ma reale, di rispondere investendo totalmente la vita. In una società in cui i valori cristiani non sono più accettati in modo acritico – e in molti casi nemmeno conosciuti – spesso è proprio questa radicalità a intercettare una domanda, perché invita a chiedersi «perché?».

Che echi e quale impressione vi giungono a Cademario della vita diocesana?

Il nostro compito non cambia in relazione alle contingenze, ma vorrebbe abbracciarle. La preghiera è e resta il gesto fondamentale e irrinunciabile cui siamo state chiamate per esprimere il nostro amore filiale al Padre. Con «nostro» intendiamo quello personale, certo, ma anche quello di ogni sorella o fratello del mondo, credente o meno.

Ciò che vivono la società, la nostra Diocesi, la Chiesa universale, è il contenuto di quel dialogo d’amore in cui, da figlie e a nome dell’umanità, lodiamo, ringraziamo, chiediamo, piangiamo, il Dio del Cielo e della terra, perché ci dia di sentirLo e riconoscerLo Padre in ogni circostanza. È in questa figliolanza che possiamo trovare il senso di tutto ciò che ci è dato ed è questa figliolanza il luogo in cui siamo amate e curate e in cui, continuamente riconfortate, possiamo cercare la strada per il quotidiano cammino.

Soprattutto dopo lo stop pandemico sono numerose realtà diocesane che ci raggiungono: gruppi parrocchiali, movimenti, associazioni, famiglie, singoli, giovani e giovanissimi, adulti e anziani, consacrati e consacrate…. Le richieste di accoglienza e partecipazione alla preghiera sono davvero tante e, a volte e con dispiacere, dobbiamo dire un «no»! L’impressione è quella di una Chiesa che si sta assottigliando, ma che custodisce una vitalità, una Chiesa non più di quantità ma che si sta impegnando per la «qualità», perché il Corpo che essa forma sia sempre più innervato dalla Vita nuova di Cristo. La paura di morire – che può affacciarsi e prendere il nome di scoraggiamento, disorientamento, sfiducia – è solo una tentazione, perché ci sottrae la memoria del battesimo, con cui tutti siamo stati consegnati alla vita risorta di Cristo; la morte è già stata vinta, non dobbiamo temere!

Di recente siete anche state chiamate a partecipare alla consultazione sinodale. Cosa ha significato per voi essere interpellate e come, concretamente, avete risposto all’appello?

Fin dalle sue origini la nostra fraternità ha cercato di entrare in relazione con le realtà circostanti e di partecipare, pur nella forma propria della nostra vita, alla vita della Diocesi. Ci siamo trovate ad essere spesso un luogo di incontro e ci sentiamo continuamente chiamate ad ascoltare, accogliere e accompagnare tante persone, anche non credenti o lontane dalla Chiesa.

Rispondere concretamente alle domande del questionario sinodale è stata per noi un’occasione per ripercorrere insieme il cammino fatto in 30 anni di vita, per ricordare i tanti incontri fatti e ringraziare il Signore per tutta questa ricchezza. Ci ha portato inoltre ad interrogarci su come poter continuare a rispondere alla realtà che ci circonda e che di volta in volta ci viene incontro, ci interroga e ci provoca: tutte circostanze e volti attraverso i quali Dio continuamente ci chiama.

A livello comunitario, sia per la nostra storia che per il nostro carisma francescano siamo incoraggiate ed educate a camminare in modo sinodale, ma ci sentiamo comunque provocate da questo richiamo forte che il Papa sta facendo a tutta la Chiesa e sappiamo che dobbiamo continuamente riaffidarci e riaprirci alla grazia dello Spirito Santo per rimetterci ogni giorno con umiltà su questo cammino.

Da Locarno e Claro

In queste ore, per la Giornata mondiale delle claustrali, ci raggiungono anche le voci degli altri Monasteri ticinesi. «Per noi questa Giornata – ci racconta madre Francesca, del Carmelo di Locarno Monti – è occasione per sentirci una volta di più membra della Chiesa e nella Chiesa; membra nascoste, per i più sconosciute, per altri inutili, sprecate, ma tutto ciò non sminuisce la fecondità dello Spirito Santo che opera attraverso la nostra pochezza. È gioia di appartenere come spose a Cristo per la Chiesa, per il mondo». L’occasione è anche propizia per condividere un messaggio, in questo difficile contesto odierno, segnato da guerra e incertezza economica: «Vorremmo soprattutto ricordare l’importanza di nutrire fede e fiducia nell’Amore invincibile di Dio che vive nella storia di ognuno e della famiglia umana intera. «Il mondo è pieno di contrasti, ma alla fine rimarrà solo un grande Amore», disse Edith Stein. Il che è un invito alla profonda amicizia con Colui dal Quale sappiamo di essere amati». Una preghiera che si è fatta anche più intensa per la diocesi di Lugano. Con una certezza: «Crediamo che in questo momento delicato la diocesi possa comunque trovare una forte opportunità di crescita nella fraternità, nell’unità, nella preghiera e nell’ascolto dello Spirito». Pensiero che ci trasmette, con fiducia, anche la Comunità benedettina di Claro: «Mentre il 2 febbraio si ricorda in generale la vita consacrata, il 21 novembre si fa memoria, nello specifico, delle claustrali. Penso sia una scelta per sottolineare la specificità della nostra vocazione. Dentro il monastero si vive in piccolo ciò che dovrebbe valere per l’intera comunità ecclesiale: l’offerta di sé stessi, silenziosa, e senza pretendere di vedere subito i risultati dei propri sforzi. È anche una forma di vicinanza che si estende tanto alla Chiesa universale quanto a quella particolare, soprattutto alla diocesi di Lugano in questo delicato momento», ci confermano le sorelle benedettine.

Laura Quadri

Le Clarisse di Cademario in una foto del 2022
21 Novembre 2022 | 05:15
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