Ticino e Grigionitaliano

Il Vangelo nelle catechesi, a scuola e nelle omelie. Il nuovo libro di due sacerdoti ticinesi

Arriva un libro che vuole rinnovare il modo di presentare il Vangelo nella catechesi, a scuola e nell’omelia. Il volume si intitola «L’oggetto predica. Dalle cose quotidiane ai vangeli festivi» (Ed. Cantagalli – Eupress Edu– FTL 2022) e lo propongono due preti ticinesi esperti di pastorale: don Emanuele Di Marco e don Marco Notari. Ne parliamo con don Notari. Il libro, ed è bello scriverlo, inaugura una nuova collana della Facoltà di teologia dedicata all’educazione.

Don Marco Notari, perché presentare il Vangelo a partire dagli oggetti della vita domestica?

La scelta è frutto di due aspetti, uno molto pratico e l’altro fondamentalmente teologico. Il primo nasce dall’esperienza concreta dell’attività con i ragazzi, all’oratorio, nell’ambito scout, nella catechesi. Dentro queste realtà il modo migliore per parlare di qualsiasi argomento è essere ben radicati sulle cose che i bambini o i ragazzi conoscono. La questione teologica è – nella sua radicale semplicità – il paradigma dell’incarnazione: Dio che si fa concretezza.

Per far risuonare la sua Parola, che rimane la stessa, fedele, stabile, non c’è nulla di meglio che il reale, il concreto.

Può farci un breve esempio di come si possa spiegare il Vangelo a partire da un oggetto della propria cucina?

Per la Domenica delle Palme in cui si legge tutto il racconto della Passione di Gesù, abbiamo scelto per quest’anno il passaverdure. L’esperienza della croce e di tutti gli avvenimenti che la preparano e la seguono è qualcosa che lascia scombussolati, che stravolge, che schiaccia sia la vita di Gesù che quella degli altri protagonisti. Ma proprio questa esperienza di fragilità fa scoprire un gusto diverso delle cose proprio come dal passaverdure nascono ottime minestre e puree. La Passione sconvolge, trasforma in modo radicale, è irreversibile, ma senza di essa non si può giungere alla risurrezione.

Una scelta che richiama quella di Gesù di parlare in parabole. Quindi, volete parlare del Vangelo con «parabole» forse più prossime alla vita di oggi?

Le parabole di Gesù non sono per forza sempre comprensibili nell’immediato. I Vangeli testimoniano chiaramente lo smarrimento e la richiesta di chiarimenti che spesso i discepoli chiedono. Secondo l’Evangelista Marco «senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa» (Mc 4,34).

Anche gli oggetti del mondo quotidiano non sembrano parlare di Vangelo, ma il loro utilizzo, le loro caratteristiche, la loro storia si prestano a diventare simbolo della Parola.

Così, come in ogni tempo, anche nel nostro può essere rinnovato proprio il meccanismo originale della parabola.

Quale arte serve perché la predicazione sia efficace?

Servono tre livelli di fedeltà. Fedeltà alla Parola da annunciare, che non cambia ed è la vera sorgente. Fedeltà agli ascoltatori: non si parla allo stesso modo alla propria comunità o ad una sconosciuta, non si parla allo stesso modo ai bambini o agli anziani. E da ultimo anche fedeltà a sé stessi perché non si può fingere, non si possono assumere atteggiamenti e linguaggi che non ci sono propri. Ciascuna di queste fedeltà va curata, nutrita, fatta crescere, pena l’inconsistenza delle nostre parole. Queste tre fedeltà che sono fondamentali nell’omelia, sono anche necessarie per rendere viva qualunque predicazione, che è compito di ciascun battezzato. Vale per tutte le realtà in cui siamo chiamati ad annunciare la Parola.

Se l’omelia può essere pronunciata solo dal ministro ordinato, la predicazione invece non è «affare da preti»: ogni cristiano, infatti, è chiamato a predicare il Vangelo, perché si tratta di una vocazione che a tutti è consegnata nel battesimo.

Cristina Vonzun

2 Aprile 2022 | 06:06
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