Ticino e Grigionitaliano

«Il Ticino: ponte tra Svizzera e Santa Sede». A Muralto la presentazione del libro di Lorenzo Planzi

«Il Ticino: ponte tra Svizzera e Santa Sede». Con questo titolo questa sera, alla presenza di un folto gruppo di partecipanti e anche dell’ambasciatore Claude Altermatt, è stato presentato al pubblico ticinese, nel contesto del Festival del Libro di Muralto, l’importante contributo del ricercatore ticinese Lorenzo Planzi sulla storia dei rapporti tra Svizzera e Santa Sede, specificamente negli anni della loro interruzione, tra il 1873 e il 1920. Edito da Dadò nel 2020, poi presentato a Berna e a Friborgo in presenza del presidente della Confederazione Ignazio Cassis, in occasione dei 100 anni dalla ripresa dei rapporti diplomatici tra i due Stati, il volume – «Il Papa e il Consiglio federale – Dalla rottura nel 1873 alla riapertura della Nunziatura a Berna nel 1920», – nasce da un’intensa ricerca estesasi sull’arco di tre anni e finanziata da Fondo Nazionale Svizzero.

Se il deterioramento dei rapporti tra Svizzera e Vaticano è riconducibile, come spiegato dal ricercatore, al cosiddetto Kulturkampf, la lotta tra cattolici e protestanti e tra liberali e conservatori, meno noti ancora sono i passi che hanno portato a un riavvicinamento dei due Stati, negli anni Venti del Novecento. Certo, già nell’Ottocento, il dare avvio al progetto di fondare un’università cattolica in Svizzera, per dare al cattolicesimo svizzero un centro di studio – l’università di Friborgo –  oppure l’aver riaccolto il cardinale Gaspard Mermillod, profondo sostenitore della «romanità» della Chiesa, poi riconciliatosi con il governo sul finire del secolo, furono segni incoraggianti e un timido tentativo di tornare a dialogare. Secondo una pagina di storia elvetica che è una lezione anche per l’oggi, è però l’utile quanto necessaria collaborazione nel bel mezzo del dramma della Prima Guerra Mondiale la chiave di volta; soprattutto, un accordo, proposto dal Vaticano alla Svizzera con l’invio a Berna di un «messaggero» laico, il conte Carlo Santucci: fare in modo che le persone ferite durante il conflitto potessero ricevere le cure adeguate, con il diritto a essere ospedalizzate in Svizzera. La proposta arriva dalla Santa Sede, che riconosce alla Svizzera una solida tradizione umanitaria; Giuseppe Motta, ticinese e presidente della Confederazione, la accoglie subito. Da qui anche il titolo dell’intervento di Planzi, nell’idea che sia stata una matrice ticinese a facilitare tale collaborazione nella persona di Motta. Ma anche il Consiglio federale reagisce con entusiasmo. Durante la seduta del 7 maggio 1915 decide ufficialmente di accogliere la proposta. In questo modo, verranno  accolti ben 67’726 feriti. Questa apertura permette il successivo invio in Svizzera, dall’estate del 1915, di un incaricato di affari ufficioso nella persona di mons. Francesco Marchetti, che si stabilisce dapprima a Lugano, poi a Friborgo ed infine a Berna, occupandosi concretamente dei rapporti con il Consiglio federale per quanto concerne lo scambio e l’internamento dei prigionieri feriti dalla guerra. Quando, poi, viene ripresa in considerazione la possibilità di un ristabilimento dei rapporti tra Santa Sede e Svizzera, i dubbi sono definitivamente appianati. È infatti nel 1918, quando papa Benedetto XV comunica al consigliere federale Giuseppe Motta il desiderio della Santa Sede di riprendere relazioni diplomatiche stabili con la Santa Sede. Dopo la soppressione ottocentesca della nunziatura lucernese, che era stata fondata nel 1586 su impulso dello stesso Carlo Borromeo, riapre così, nel 1920 e proprio a Berna, una nuova Nunziatura.

In tempi recentissimi, poi, quasi in concomitanza dell’uscita del libro di Planzi, l’aprirsi di un capitolo nuovo: la fine dell’unilateralità dei rapporti, con la decisione, ormai a un passo dall’essere concretizzata, del Consiglio federale di istituire un’Ambasciata a Roma presso il Vaticano, fortemente voluta dal Consigliere federale ticinese Ignazio Cassis, attualmente Presidente della Confederazione, che è riuscito a convincere il governo di Berna della necessità di una maggiore cooperazione bilaterale con la Santa Sede. Con un compito, che è quello affidato dalle contingenze stesse ai due Stati: perpetuare la pace e continuare a collaborare in favore della dignità umana.

Leggi anche Tra Santa Sede e Confederazione «il Ticino ha sempre svolto un ruolo di ponte» (catt.ch); Svizzera e Vaticano rafforzano la loro cooperazione per la pace (catt.ch); Lorenzo Planzi: «L’ambasciata svizzera in Vaticano, una decisione storica» (catt.ch).

Laura Quadri

28 Aprile 2022 | 23:57
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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