Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo.
Internazionale

Il desiderio di essere un luogo dove ritrovare bellezza e speranza

di Francesco Muratori 

La pandemia prima e ora il conflitto bellico in Ucraina hanno messo in secondo piano tra tante cose anche quello che riteniamo essere superfluo; ma la bellezza della cultura è un segno di ripartenza e rinascita che dona uno sguardo di speranza e apre al futuro. È quanto emerge dall’incontro con Barbara Jatta, prima donna direttrice dei Musei Vaticani.

«La bellezza salverà il mondo» scriveva Dostoevskij. Barbara Jatta, in questo momento così sconvolto dalle guerre, come riesce a relazionarsi con così tanta bellezza presente nei Musei Vaticani? 

È una bellissima frase, molto vera. Dopo due anni di pandemia la volontà di tornare a godere di queste collezioni universali è sicuramente una cura per tante sofferenze non solo fisiche ma anche dell’anima. 

Abbiamo tutti in mente l’immagine del Cristo di Leopoli, portato in salvo in un bunker. Quale importanza ha la cultura in questi contesti?

La cultura è la nostra memoria; è il nostro passato sul quale costruiamo il futuro ed è per questo che dobbiamo averne cura e conservarla al meglio. Nei secoli sono stati creati i musei che in qualche modo sono i depositari della nostra conoscenza, della nostra creatività e anche di tanti nostri valori che vanno preservati.

I Musei vaticani vengono visitati da tantissime nazionalità del mondo. La pace e la cultura sono in qualche modo collegate?

Il nostro pubblico è sempre stato eterogeneo e anche ora sono tornati tanti visitatori di nazionalità diverse, di cultura e personalità completamente differenti che si incontrano in una armonica condivisione di bellezza universale rappresentata dalle nostre collezioni. 

Ogni giorno migliaia di visitatori entrano nei Musei Vaticani. Lei cosa desidera che queste persone riportino a casa dopo la visita? 

Papa Francesco ci chiede di essere «una casa aperta» dove ognuno possa trovare le sue radici e sentirsi a casa. Questo è quello che può avvenire all’interno dei musei per chiunque, perché, al di là delle grandi collezioni che vanno dall’arte egizia, all’arte greco romana a quella etrusca, alla grande tradizione rinascimentale e barocca, all’arte contemporanea, abbiamo anche un bellissimo museo etnologico chiamato «Anima Mundi». Si tratta della collezione più ricca in termini numerici di pezzi: circa cento mila opere provenienti dai quattro continenti al di fuori dell’Europa. 

Cosa vuol dire comunicare la fede con l’arte? 

Siamo un museo universale come possono essere tanti altri musei nel mondo. Nella nostra missione però c’è il fatto di preservare e condividere un patrimonio che non è fatto soltanto di storia e di arte ma anche di fede, non perché siano opere a carattere cristiano ma perché si tratta di collezioni preservate e collezionate da pontefici, da cardinali, da vescovi, da laici che erano al loro servizio per la volontà della conoscenza.

Che caratteristiche umane deve avere il direttore dei Musei Vaticani?

Si tratta di un grande museo con tanti reparti e tante realtà diverse professionalmente che devono convivere per una missione comune: quindi l’armonia è sicuramente uno degli aspetti determinanti, insieme alla tanta voglia di portare avanti questa missione e di farlo con gentilezza ma anche con determinazione.

Come sono state collezionate negli anni all’interno del Museo le diverse opere?

L’inizio ufficiale del nostro Museo risale a 500annifaconl’acquisto da parte di papa Giulio II dalla Rovere del famoso gruppo scultoreo del Laocoonte, ritrovato agli inizi del ›500 e dal quale si crea il primo nucleo di antichità greco-romane che è probabilmente la collezione più importante al mondo. Vi sono poi attenzioni di Pontefici, come quella di Gregorio XVI, che nell’800 fonda due musei, quello egizio (1839) e quello etrusco (1837), con una specifica volontà di conoscenza delle civiltà pre-romane. Il nostro rappresenta uno dei più importanti musei egizi nel mondo, frutto di scavi ancora oggi presenti.

C’è inoltre una parte dedicata all’artecontemporaneavolutafortemente da un Papa… 

San Paolo VI, papa Montini, all’indomani della sua elezione, nel 1964, riunisce tutti i rappresentanti delle espressioni artistiche nella Cappella Sistina e con un bellissimo discorso chiede scusa per aver interrotto un meraviglioso cammino che nel corso dei secoli passati i Pontefici avevano avuto con loro perché «l’artista è profeta e poeta a suo modo dell’uomo di oggi». Poeta perché sa distillare l’invisibile con delle espressioni visibili e profeta perché con la sua sensibilità vede prima le cose. 

Le è capitato di assistere a espressioni di commozione davanti alle opere? 

Certamente, spesso vedo persone che pregano e si commuovono davanti alle opere. Tra l’altro ci sono dei sacerdoti che confessano all’interno delle nostre gallerie. È proprio questo che ci chiede papa Francesco, di essere «Casa aperta» dove ognuno di noi può trovare il suo spazio intimo.

Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo. | © Musei Vaticani
18 Aprile 2022 | 13:30
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