Francesco e Mohammed VI, verso la costruzione di una fraternità universale

Due figure importanti : Francesco, vescovo di Roma e guida della Chiesa cattolica, e Mohammed VI re del Marocco. Una scena inimmaginabile e stupefacente: alla presenza dei due, nell’istituzione creata per formare imam, un concerto con tre solisti che cantano tre musiche: sulle parola dell’Ave Maria, con la professione di fede islamica e con l’invocazione ebraica, Adonai/Signore. In occasione della visita di Papa Francesco in Marocco si sono sentite parole e dichiarazioni importanti. Ma i tre canti risuonano come un segno forte, uno di quei segni che dicono molto più dei discorsi. Il viaggio del vescovo di Roma a Rabat è stato anche una visita alla Chiesa locale, con l’abbraccio commovente con il monaco novantenne sopravvissuto alla strage di Tibhirine. Ma, senza dubbio, l’incontro con l’islam si è rivelato, ancora una volta, al cuore delle preoccupazioni di Francesco. L’arcivescovo di Rabat mons. Cristobal Lopez Romero ha sottolineato con forza lo spirito che ha animato i due giorni, e le conseguenze per i credenti delle due fedi: «Sono molto contento e grato a Dio. Con quello che hanno detto il Re Mohammed VI e il Papa possiamo fare un passo in avanti, dalla coesistenza e tolleranza, che il Re ha riconosciuti non bastare più, all’amicizia, a costruire insieme la fraternità universale, partendo da qui, dal Marocco». In questi tempi di violenza di alcuni ambienti islamici, politicizzati e ispiratori del terrorismo, e spesso di conseguente rifiuto e paura nel mondo cristiano, sono affermazioni straordinarie: passare dalla tolleranza e coesistenza all’amicizia, alla comune costruzione della fraternità universale. Così sono risuonate parole necessarie, e piene di valore: il dialogo, la comunanza nel nome condiviso di Abramo padre comune alle tre tradizioni religiose. Papa Francesco e re Mohammed hanno anche firmato una dichiarazione comune relativa alla città di Gerusalemme: la città di pace deve vedere finire le violenze per poter diventare nel mondo proprio un segno della pace, dell’incontro delle fedi monoteistiche che rifiutano ogni tipo di violenza, che si pretende esercitare in maniera blasfema, in nome di Dio, creatore e unico Signore del mondo. Anche in occasione di questo viaggio, e proprio in territori che si trovano sulla stesso mare, Francesco non ha potuto tacere sul dramma che è nel suo cuore: quello dei migranti. Spesso in questi viaggi, egli parla nel ritorno in aereo: «C’ è la necessità di mettere ponti nei porti…Abbiamo visto nel dialogo qui in Marocco che ci vogliono ponti, coloro che costruiscono muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito…Ponti vanno messi anche nei porti per evitare che migliaia di migranti disperati affoghino in mare». Infine l’indicazione ai fedeli della Chiesa: «la via dei battezzati non è il proselitismo, ma la testimonianza». Come hanno vissuto i monaci di Tibhirine, beati della Chiesa.

Azzolino Chiappini

1 Aprile 2019 | 17:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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