Da sin. mons. Alain de Raemy, il prof. Daniel Arasa, e l'addetto stampa della Curia Luca Montagner
Ticino e Grigionitaliano

Daniel Arasa ai giornalisti ticinesi: «È con la creatività che si risponde alle nuove sfide della comunicazione»

Creatività: è una parola che è risuonata più volte durante l’incontro svoltosi in Curia vescovile per i giornalisti, mercoledì primo febbraio nella ricorrenza posticipata di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Tema dell’evento era «Comunicare la Chiesa oggi. Sfide e opportunità pastorali» e l’ospite il professor Daniel Arasa, Decano della Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce e Consultore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.

E è stato proprio lui a indicare la creatività come una delle chiavi per affrontare la grande sfida della comunicazione ecclesiale. In un ambito profondamente cambiato e caratterizzato oggi da rapidità, contenuti sintetici, comunicazione visiva, social media, diventa importante per gli enti della Chiesa muoversi in modo consapevole all’interno del panorama mediatico. «Oggi la professionalizzazione del lavoro di comunicazione è indispensabile, così come un rapporto stretto fra comunicazione e governo: chi si occupa di comunicazione deve essere coinvolto nelle decisioni, ma allo stesso modo è necessario che abbia una mentalità di governo», sottolinea Daniel Arasa, che ricorda anche la nuova sfida dell’intelligenza artificiale e del moltiplicarsi dei prodotti informativi, ai quali si può rispondere con la creatività e quello che il prof. Arasa ha definito lo «slow food informativo»: una comunicazione che contestualizza, analizza, crea legami, approfondisce.

Il comunicatore in ambito ecclesiale può contare sui valori cristiani, ad esempio quello di considerare il lavoro come un servizio, la ricerca della verità e della giustizia, il trasmettere la positività. «Più delle teorie sono importanti le persone, le loro storie, i loro problemi». Al centro ci deve esser, anche nella comunicazione, la Chiesa in uscita e da campo. In tutto questo è importante pure la cordialità, di cui parla anche papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. In un panorama in cui la tendenza è quella dalla polarizzazione e dell’autoreferenzialità, il compito del comunicatore è quello di abbassare i toni, di ascoltare e comunicare con il cuore.

Diversi spunti di riflessione sono emersi anche in risposta alle domande/considerazioni del pubblico di giornalisti presente in Curia che hanno spaziato dall’opportunità di «sfruttare» in modo positivo alcuni fenomeni del momento come quelli degli «influencer», al recuperare la figura del giornalista come «comunicatore sociale», al sinodo come occasione – forse fino ad ora mancata? – per «comunicare la Chiesa», la difficoltà di  comunicare dopo gli scandali che hanno coinvolto la Chiesa.

Durante l’incontro è intervenuto anche il vescovo Alain de Raemy, che ha sottolineato la sfida e la responsabilità di essere giornalista oggi, con internet che fa correre veloce l’informazione, anche quando è sbagliata. Su questo è tornato anche durante l’omelia pronunciata nella Santa Messa celebrata in Cattedrale al termine dell’incontro, nella quale ha evidenziato il ruolo di «correttore» del giornalista, ma anche la sua responsabilità nel non fare del male e nel ricercare la pace.

Da sin. mons. Alain de Raemy, il prof. Daniel Arasa, e l'addetto stampa della Curia Luca Montagner | © catt.ch
2 Febbraio 2023 | 17:55
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