Internazionale

Asia Bibi è libera e salva in Canada

Il calvario è finito, la salvezza è raggiunta. Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia nel 2010 e assolta definitivamente dalla Corte Suprema del Pakistan il 31 ottobre 2018, ha raggiunto il Canada, Paese che le ha concesso l’asilo politico e dove già si trova la sua famiglia. Le notizie filtrate dal Ministero degli Esteri e da fonti del ministero degli interni del Pakistan sono state confermate a Vatican Insider dall’avvocato Saif-ul Malook, il legale musulmano che l’ha difesa nel processo nel terzo e ultimo grado di giudizio, quello rivelatosi decisivo per scagionare in modo inappellabile Asia Bibi e restituirle la libertà.

La sua liberazione e l’espatrio rappresentano un dato politico importante per valutare l’operato del nuovo governo del Pakistan, quello guidato dal primo ministro Imran Khan, leader del Tehreek-e-Insaf (Movimento per la Giustizia), insediatosi a luglio del 2018. L’esecutivo ha garantito sicurezza e protezione alla donna, dopo la sua scarcerazione, tenendola in un luogo segreto nei dintorni della capitale Islamabad, tutelandola da tutti coloro che, in Pakistan, avrebbero potuto compiere una esecuzione extragiudiziale: vi sono infatti gruppi islamisti che, sulla base di una fatwa (decreto religioso) emesso contro di lei, erano pronti a ucciderla, considerandola tuttora – nonostante l’assoluzione con formula piena che la scagiona completamente – una «blasfema», ovvero una persona che ha offeso e vilipeso il nome del profeta Maometto.

Il governo ha avuto il merito di far rispettare la sentenza emessa e ha seguito con pazienza, a livello diplomatico, il delicato processo di concessione dell’asilo politico per Asia Bibi, per suo marito Ashiq Masih e le loro tre figlie. Tra i diversi Paesi occidentali che si erano detti disponibili ad offrire asilo alla donna (anche Italia, Francia, Germania, Usa), è stato il Canada a farsi avanti con decisione e a porre in atto tutti gli strumenti e necessari per formalizzare le pratiche, che includono anche l’accoglienza e residenza al tutore della famiglia Joseph Nadeem, che per un decennio s è occupato dell’istruzione e dell’alloggio delle figlie e del marito di Asia.

D’altronde già nel novembre scorso il primo ministro canadese Justin Trudeau aveva confermato pubblicamente le «trattative in corso» con le autorità del Pakistan, e la famiglia della donna non aveva mai fatto mistero di preferire una nazione anglofona, per poter garantire continuità all’istruzione delle figlie. E il primo ministro pakistano Khan aveva annunciato circa un mese fa, in una intervista alla Bbc, che «nonostante alcune complicazioni» la donna si trovava al sicuro e sarebbe partita «nel giro di qualche settimana». La condanna a morte ricevuta dalla contadina del Punjab in primo grado, e poi confermata in appello, era stata infatti annullata in modo definitivo e nulla impediva ad Asia Bibi di rifarsi una vita all’estero.

Come appreso da Vatican Insider, due sono stati gli ostacoli da superare nei sei mesi trascorsi dalla scarcerazione: il primo era di natura tecnica, dato che si dovevano preparare tutti i documenti necessari per l’espatrio di Asia Bibi, dei suoi familiari, della famiglia del tutore Nadeem. Il secondo era di natura politica: da un lato, era necessario che trascorresse del tempo per far calmare le acque nella nazione, dopo la sollevazione di piazza organizzata dai gruppi fondamentalisti come il «Tehreek-e-Labaik Pakistan», che si erano opposti alla liberazione di Asia Bibi, in spregio a ogni considerazione sul rispetto dello stato di diritto e della Costituzione del Pakistan. Va ricordato che, dopo l’assoluzione, l’esecutivo non ha esitato ad arrestare oltre 300 militanti, incluso il leader del gruppo, Khadim Hussain Rizvi,

In secondo luogo il governo di Imran Khan, che tanto si è prodigato per porre fine ad una vicenda che per un decennio ha gettato più di un’ombra sulle istituzioni politiche del Pakistan e sull’intera nazione, ha voluto rassicurazioni sul fatto che Asia Bibi, una volta all’estero, non divenisse facile preda di gruppi, organizzazioni, lobby, mass media che potessero ancora strumentalizzarne la tragica vicenda, per gettare ulteriore discredito sul governo e sull’immagine del Pakistan, con conseguenze economiche e politiche sulla scena internazionale.

Asia Bibi, si trova, allora, ancora coinvolta in giochi e operazioni più grandi di lei. Anche da cittadina libera, non sarà facile per lei ricominciare una nuova vita in Canada, Paese dove, tra l’altro vive una folta comunità di emigrati pakistani (musulmani, cristiani e indù) che conta circa 160mila persone, ben integrate nella società, concentrate soprattutto nell’area dell’Ontario. È prevedibile, allora che la donna continuerà per un periodo a vivere nel silenzio e nel nascondimento. La sua vicenda personale, da quando ha assunto un carattere simbolico – icona di tutti perseguitati a causa della fede religiosa – si è complicata e si è trasformata in un calvario. Ma Asia l’ha vissuta con lo spirito dell’agnello immolato, con la certezza che «Dio non l’avrebbe abbandonata». E la Pasqua 2019, finalmente, le ha portato la risurrezione sperata.

(Vatican Insider)

8 Maggio 2019 | 15:18
Tempo di lettura: ca. 3 min.
AsiaBibi (31), blasfemia (6), Pakistan (44)
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