Francesco Muratori

Intessiamo relazioni, con ogni mezzo!

La conoscenza è il primo passo per la accettazione. Così quando ti trovi ad affrontare un fatto nuovo, sia esso positivo o negativo, da un momento all’altro, dopo il primo impatto straniante c’è la necessità umana di conoscere, comprendere, accettare e muoversi in avanti. Così è stato per me quando la malattia di Parkinson è entrata in famiglia. Ai tempi, mi incuriosì molto che James Parkinson attribuì erroneamente la causa della malattia alla rivoluzione industriale in Inghilterra, novità di fine Ottocento. Mentre leggevo quelle parole immaginavo a quali conseguenze, erronee, avrebbe potuto portare la rivoluzione tecnologica nella quale siamo immersi ormai da decenni. Si è detto tutto e il contrario di tutto ma nulla di incontrovertibile e scientificamente provato. Smartphone, iperconnessione, onde elettromagnetiche, realtà virtuale e social network hanno modificato il nostro DNA. Hanno creato nuove malattie, nuove branche della medicina e dibatti e discussioni a non finire. Ma se guardassimo al positivo? La conoscenza è il primo approccio al nuovo. Conoscendo e non temendo la rivoluzione tecnologica possiamo cogliere il seme che sta germogliando. In questi tempi l’altra faccia della medaglia di un mondo sempre più individualista e nichilista è la possibilità relazionale che le reti sociali, che la rivoluzione tecnologica ci offrono, ovvero il superamento del concetto di spazio e tempo. Come ha detto Enzo Bianchi, ex priore del monastero di Bose: per tessere relazioni occorre avere: il coraggio di parlare, la lucidità per vedere, la pazienza per capire, la saldezza della convinzione. Ecco perché il problema è innanzitutto antropologico: come incontrarsi, come intessere relazioni, come offrire la propria presenza, se manca un giorno in cui noi e gli altri possiamo astenerci dal lavoro e dedicare del tempo a stare insieme in modo gratuito, non funzionale? Oggi che la società è frantumata, che le relazioni sono sempre più precarie, in vista dell’umanizzazione occorre un ritmo comune del tempo di riposo, antidoto all’alienazione da lavoro ma anche possibilità di stare insieme, di fare comunità, di vivere la comunione. Non demonizziamo la rivoluzione tecnologica, umanizziamola. Non rinunciamoci ma sfruttiamola a nostro uso e consumo. Cerchiamo le persone, l’umano, dietro lo schermo. Intessiamo relazioni, con ogni mezzo!

8 Giugno 2018 | 09:58
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