Silvia Guggiari

«Custodire ogni vita» per vincere il silenzio e l'indifferenza

«Custodire ogni vita» era il tema della 44esima Giornata della vita celebrata in Italia domenica scorsa 6 febbraio. Nel messaggio, diffuso dalla Conferenza Episcopale Italiana, i vescovi esortano i fedeli a prendersi cura di ogni vita: «Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. […] Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza». Secondo i presuli italiani due sono le categorie maggiormente da tutelare: le nuove generazioni e gli anziani: «Tra le persone anziane – scrivono i vescovi -, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri».

Un testo di grande attualità che si scontra con la cronaca che, sempre dall’Italia, arriva in questi giorni e ci racconta di una donna di 70 anni, morta da sola e ritrovata, quasi per caso, dopo più di due anni nella sua casa nella periferia di Como. I vicini avevano allertato i carabinieri perché la vegetazione del suo giardino era divenuta pericolante a causa del forte vento dei giorni scorsi. Tutto qui. Non la preoccupazione perché la signora non si vedeva dal 2019. Ma come può accadere che una persona termini la sua vita nel più totale silenzio, senza che nessuno per anni si accorga di nulla e si faccia domande? Eppure è accaduto; segno di una società che si fa sempre più individualistica e che fa sempre più fatica a formare reti di solidarietà, di amicizia, di legami che diano ancora senso a quelle vite che troppo spesso si sentono sole e abbandonate. Un dramma, quello della solitudine e dell’indifferenza, presente anche al di qua del confine e che si è ancora più acutizzato con la pandemia. Come sarebbe bello se ognuno di noi si prendesse cura di qualcuno, se ognuno di noi custodisse quella vita, che sia malata, terminale o «semplicemente» sola: piccole attenzioni che possano far ritrovare il senso di un’esistenza che non può stare in piedi senza relazioni.

«La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

«Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni – concludono i vescovi – non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata«.

«Custodire ogni vita» è l’augurio che facciamo alla nostra società che non sembra più toccata da nulla; a tutti noi come individui perché non accada mai più che una vita venga sprecata e dimenticata per due anni, ma neanche per un solo giorno; alle nostre coscienze perché si sentano realmente toccate da ciò che accade al «nostro fratello».

10 Febbraio 2022 | 07:25
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