Ospedale pediatrico Betlemme.
Svizzera

«Caritas Baby Hospital» di Betlemme: un’oasi di accoglienza e speranza

In Avvento il cuore di tutta la Chiesa svizzera si fa più vicino alla Palestina, luogo in cui manca una buona assistenza sanitaria e le famiglie più povere non possono far curare i figli malati in modo adeguato. Per questo la Conferenza episcopale invita i fedeli a partecipare alla colletta natalizia destinata al Caritas Baby Hospital con le offerte raccolte il giorno di Natale in tutte le chiese svizzere. Di seguito pubblichiamo l’intensa intervista al primario della struttura pediatrica.

di Michele Fazioli

Ho visitato due volte il Caritas Baby Hospital di Betlemme: un ricordo indelebile. La grande struttura chiara e vetrata dell’ospedale spicca a poche decine di metri dal grigio e alto muro divisorio che separa il territorio palestinese da quello israeliano. Al di là di ogni giudizio politico, quel muro che chiude e separa e la casa che accoglie e cura per me erano l’espressionereale delle contraddizioni della vita umana e del mondo, ma anche della speranza positiva. All’interno ho visto in azione la vera carità, la sollecitudine dei medici e degli infermieri, delle suore. Mi ha colpito il rapporto caldo e sensibile fra il personale curante e i piccoli pazienti e soprattutto le loro famiglie. Capii quanto quella istituzione creata e finanziata dagli Svizzeri e ben radicata dentro la società umana di Betlemme fosse preziosa come aiuto diretto a chi soffre (senza distinzioni di religione o politica) ma anche come segno della speranza cristiana aperta a tutti. In occasione della raccolta natalizia di fondi qui in Svizzera (un aiuto fondamentale!) ho accettato volentieri di realizzare una breve intervista con la dottoressa Hiyam Marzouqa, una palestinese cristiana, che da 16 anni è medico primario del Baby Caritas Hospital di Betlemme e che ringrazio per la sua disponibilità.

Dottoressa Marzouqa, anche in Medio Oriente la pandemia ha fatto sentire il suo morso. Qual è oggi la situazione a Betlemme?

Tutti noi speriamo che presto possano riprendere i pellegrinaggi in Terra Santa: sarebbe davvero una bella notizia per chi desidera tornare o recarsi per la prima volta in quei luoghi così carichi di storia e di spiritualità, ma al tempo stesso anche per tutte quelle persone che qui traggono il proprio reddito dal turismo. Gli ultimi mesi sono stati davvero molto difficili. Gli alberghi erano chiusi, i ristoranti sono rimasti vuoti, i negozi di souvenir non vendevano nulla. Poiché non ci sono qui delle garanzie sociali, moltissime famiglie erano dunque in gravi difficoltà e non sapevano più come guadagnarsi da vivere. Speriamo – e preghiamo per questo – che la situazione migliori verso il Natale.

Ha potuto notare anche in ospedale i segni dell’impoverimento della popolazione?

Negli ultimi due anni sempre più famiglie si sono rivolte al servizio sociale dell’ospedale perché avevano bisogno di sostegno e non sapevano come sbarcare il lunario. Quando un bambino si ammala in una famiglia, c’èunagrandedisperazione:accanto al dolore per il bambino che sta male, c’è l’ansia della grave difficoltà economica.

Ma cosa potete fare voi concretamente lì sul posto, con il vostro ospedale?

Nell’emergenzadiquestacrisianche economica noi cerchiamo di aiutare al meglio. Le famiglie che fanno capo al nostro ospedale pagano una piccola franchigia per le cure, ma soltanto se sono in grado di farlo. Chi non è in grado, non paga. Negli ultimi mesi abbiamo dato cure e medicinali gratuiti a un numero molto maggiore di pazienti rispetto al solito. Le famiglie ci sono molto riconoscenti per questo.

Quando visitai l’ospedale, fui colpito dal fatto che esso risultasse come una oasi laboriosa e viva di pace dentro un ambiente socialmente teso, di fronte alla complessa situazione politica. Come si spiega?

Per noi l’attenzione prioritaria è sempre sul bambino, in ogni circostanza. Non chiediamo la religione dei genitori, trattiamo i bambini di famiglie povere come quelli di famiglie più benestanti, proprio perché il bambino è il soggetto decisivo della nostra opera, è il centro vitale, proprio nel luogo della nascita di Gesù, che fu bambino povero. Vogliamo che le famiglie si sentano totalmente a proprio agio qui con noi, anche se siamo un ospedale. Lasciamo deliberatamente fuori da questo nostro spazio la politica. La nostra visione è che tutti in Palestina debbano ricevere assistenza medica quando sono malati.

Cosa la motiva a fare questo difficile lavoro ogni giorno?

Fare la pediatra per me è un lavoro che mi appassiona, oltre a ciò, mi sento rafforzata e lieta ogni volta che un bambino malato può lasciare l’ospedale allegramente, dopo pochi giorni. Ti ripaga da ogni fatica. Sono arricchenti anche i rapporti con le famiglie, con cui ho continui contatti soprattutto di fronte ai casi più difficili di bambini molto malati. È lì che si intensificano le relazioni. Personalmente quasi ogni giorno prima di recarmi al lavoro vado al luogo della Natività ad accendere delle candele per i bambini malati e perché il nostro team abbia sempre la forza di mettersi al servizio di chi ci chiede aiuto.

Quali sono le malattie particolarmente comuni che dovete affrontare?

Da un lato ci sono le normali malattie infantili. Come in Europa, molti bambini hanno attualmente a che fare con un virus aggressivo che colpisce le vie respiratorie, il virus RS. Di conseguenza, i più piccoli sono spesso aggrediti da una forma grave di polmonite. Ma abbiamo anche quadri clinici molto complessi in cui i bambini non riescono ad accumulare tensioni corporee, e non crescono adeguatamente o, per esempio, soffrono di epilessie di origine genetica. Qui possiamo contare su un team multidisciplinare ben addestrato per prendersi cura di quei bambini e delle loro famiglie.

Capita che la situazione esterna sociale e civile influisca sulla salute psicologica dei bambini?

Le condizioni di vita in Cisgiordania non sono facili. E questo non solo dopo le restrizioni intervenute negli ultimi dueanni.L’occupazioneisraeliana plasma la nostra vita quotidiana. C’è un’elevata presenza militare, che spesso intimorisce i bambini. Ci sono sempre controlli stradali imprevisti e perquisizioni, ci si sente intrappolati dal muro che separa Israele e Palestina per 800 chilometri, c’è una libertà molto limitata di viaggiare. Tutto questo influisce certamente sulla psiche delle persone, specialmente dei bambini.

Come viene finanziato l’ospedale?

La maggior parte dei finanziamenti proviene da donazioni di privati o fondazioni in Svizzera, Germania e Italia. Abbiamo anche un grande sostegno da parte della Chiesa cattolica in Svizzera. La colletta per l’ospedale viene effettuata ad ogni Messa di Natale in tutte le Diocesi svizzere. Questo contributo è un pilastro importante per il nostro lavoro. Riceviamo anche un certo sostegno dal Ministero della Salute locale. La raccolta fondi è in corso anche in Palestina.

Grazie, Dottoressa Marzouqa. Buon lavoro a lei, e buon Natale!

Buon Natale a voi e grazie a tutte e a tutti coloro che vorranno darci un aiuto, come già hanno fatto in passato, a conferma dell’attaccamento degli Svizzeri a questo «loro e nostro» ospedale pediatrico di Betlemme.

L’Associazione Aiuto Bambini Betlemme

L’Associazione Aiuto Bambini Betlemme ha sede a Lucerna e ha quale scopo il finanziamento e la gestione del Caritas Baby Hospital di Betlemme, in Terrasanta, territorio di Cisgiordania. L’Ospedale pediatrico di Betlemme accoglie ogni anno decine di migliaia di piccoli pazienti, in ambulatorio o in clinica. Ogni bambino viene assistito, senza distinzione di provenienza

sociale o religiosa. La concezione etica e sociale della cura è quella di coinvolgere nel processo di guarigione anche le famiglie dei bambini ammalati. Oltre l’aspetto clinico, l’Ospedale si preoccupa del contesto sociale e psicologico e dispone anche di Servizi sociali qualificati. Con i suoi 250 dipendenti locali, il Caritas Baby Hospital è un importante datore di lavoro nella regione.

Oltre a essere uno dei cardini della sanità palestinese, è anche in prima linea nella formazione di medici e infermieri pediatrici. Il Caritas Baby Hospital è in grado di portare avanti la sua missione e salvare tante piccole vite solo grazie alle donazioni.

Per donazioni e informazioni: colletta-natalizia.ch 

IBAN: CH17 0900 0000 6002 0004 7

La storia di Sali affetta da una malattia rara

Tra le tante storie dei piccoli pazienti che hanno incrociato le loro strade con il Carits Baby Hospital, la dottoressa Marzouqa ricorda con particolare commozione quella della piccola Sali, una bambina di 7 anni, affetta da una malattia rara.

«Sali soffre di atrofia muscolare spinale, detta SMA, una malattia rara che si manifesta in atrofia muscolare, paralisi e riduzione del tono muscolare. All’età di dieci mesi e oltre, Sali non riusciva a iniziare a camminare e per la famiglia era cominciata un’odissea che l’avrebbe portata a consultare moltissimi medici. Solo grazie a un test genetico è stato possibile stabilire la diagnosi di SMA e i genitori si sono infine rivolti al nostro ospedale. Da allora la piccola è stata ricoverata tre volte, sempre per polmonite, una affezione a cui vanno molto soggetti i pazienti SMA. Qui Sali può venire curata senza staccarsi dalla sua mamma, la quale non vuole lasciare la sua bambina da sola per nessun motivo.

Lei qui segue la bimba, l’accompagna per gli esami e i prelievi, la incoraggia e le fa compagnia, anche nello spazio dei giochi. Nel nostro Ospedale pediatrico la madre di Sali ha imparato come rafforzare i fragili polmoni della sua primogenita con esercizi di fisioterapia e di respirazione. La famiglia vuole fare avere a Sali una vita il più normale possibile, sia per la scuola, sia per i giochi all’aperto con i cuginetti, e noi la aiutiamo in questo».

Sali è in cura al Caritas Baby Hospital fin da quando era piccola.

Ospedale pediatrico Betlemme. | © Michael Meier
9 Dicembre 2021 | 07:16
Tempo di lettura: ca. 6 min.
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