Ticino e Grigionitaliano

Suor Tiziana, nuova responsabile di Casa Betania: «Il mondo ha bisogno di testimoni di fraternità»

È nata l’1 agosto, festa nazionale della Svizzera. Forse un segno nascosto della Provvidenza, che l’ha chiamata a una missione del tutto inattesa. Suor Tiziana Bruni, 47 anni, originaria della Puglia, da settembre è la nuova responsabile della Fraternità Francescana di Betania a Rovio, nel luganese. Si presenta in questa chiacchierata, raccontando i primi mesi da superiora nel periodo eccezionale segnato dalla pandemia.

Suor Tiziana, come nasce la sua vocazione all’interno della famiglia francescana?
Ho sentito la chiamata del Signore in età adulta, dopo un lungo percorso. Da adolescente mi definivo «atea», a 23 anni sono tornata a vivere la fede ma non avrei mai pensato alla vita consacrata. Mi sono laureata come architetto e ho lavorato per alcuni anni prima a Firenze, poi a Vicenza. A 32 anni ho iniziato un discernimento che mi ha portato verso la Fraternità Francescana di Betania. Nel corso del tempo ho sentito forte la voce di Dio che mi invitava a fare un salto, a lasciare tutto per aprirmi a una nuova vita. E in questa vita, oggi, mi sento felice e realizzata.

Come è arrivata in Ticino?
Negli scorsi anni ero vicaria nella casa della Fraternità a Parma, dove vivono i novizi. Quest’estate, il 15 agosto, è arrivato l’invito dei miei superiori a trasferirmi a Rovio. Una realtà che non conoscevo minimamente, in un contesto diverso da quello italiano in cui avevo sempre vissuto. Mi sono fidata di ciò che il Signore mi chiedeva per mezzo dei superiori, e ora vivo tutto come un nuovo inizio.

Che cosa l’ha colpita in questi primi mesi ticinesi?
Sono stata accolta benissimo dai fratelli e dalle sorelle della comunità, così come dalla gente di Rovio. A fine estate stavano ripartendo tutte le attività della Fraternità: mi ha colpito molto lo spirito di collaborazione con le parrocchie della zona, con i gruppi catechistici, con i sacerdoti. A volte capita che una Fraternità come la nostra sia vista quasi con diffidenza, come se potessimo «sottrarre» partecipanti alle iniziative delle parrocchie. In Ticino so trovando invece un grande desiderio di camminare insieme, senza alcuno spirito di competizione. Senz’altro il merito è anche dei confratelli che già vivevano qui o che sono passati negli anni scorsi, e hanno costruito relazioni autentiche.

Nella Fraternità Francescana di Betania, lei è la seconda responsabile donna.
Il nostro fondatore padre Pancrazio, figlio spirituale di padre Pio e venuto a mancare nel 2016, desiderava che anche le donne potessero assumere la guida delle comunità. Dall’anno scorso stiamo portando avanti questa sperimentazione: una consorella è superiora a San Quirino, in Friuli, e da quest’anno ci sono anch’io. In futuro il capitolo generale della Fraternità valuterà queste esperienze e deciderà se inserire la responsabilità femminile nelle nostre Costituzioni. In ogni caso, a prescindere dal governo delle comunità, la vita fraterna di donne e uomini è uno dei cardini del nostro carisma: gli spazi della clausura sono ovviamente distinti, ma le attività comuni sono svolte insieme. È una scelta che permette di vivere la complementarietà del genere femminile e di quello maschile: siamo donne e uomini in pienezza, nella specificità della nostra forma di vita consacrata.

Nel vostro nome c’è la parola ‘Fraternità’. Papa Francesco ha appena dedicato un’enciclica a questo tema…
Sotto tanti punti di vista, possiamo dire che il carisma e la forma di vita immaginati da padre Pancrazio si rivelano sempre più attuali. Fraternità, per noi, è quella tracciata da San Francesco d’Assisi: si sentiva figlio di Dio e fratello di Cristo, e per questo chiamato a creare fraternità con tutti gli esseri viventi creati dal Signore. La fraternità, come dice Papa Francesco, nasce dal riconoscere che siamo tutti figli dell’unico Padre. In questo senso, scopriamo ogni giorno che lo stile fraterno nasce dal rapporto profondo con il Signore, a cominciare dalla preghiera. L’attenzione agli altri, la cura, il perdono, l’autenticità nelle relazioni sono valori fondanti del nostro vivere, che discendono da questo dialogo continuo con Gesù.

Tante donne e uomini, tanti giovani, oggi non si riconoscono nella fede cristiana. Come comunicare anche a loro questo sogno di fraternità?
Gesù stesso ha detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri». Ciò che è attrattivo, nel nostro sitle di vita, è la semplicità francescana, unita a uno stile che si fonda su ascolto e prossimità. L’importante è prima di tutto stringere un rapporto umano con l’altro, senza secondi fini. Da quel legame, poi, possono nascere curiosità, dubbi, ricerca. Ma alla base c’è un approccio di grande umanità, l’accoglienza senza pregiudizi del vissuto dell’altra persona e la comunicazione da parte nostra di una gioia di vivere che non è l’esasperazione di una contentezza, ma la condivisione di una pace profonda nell’appartenenza a Dio.

Tutto questo in una logica non individualista, ma di comunità.
Esattamente. Vivere da fratelli e sorelle, in questo tempo, significa assumersi la fatica dell’essere insieme, rifiutando l’individualismo che porta alla solitudine. Papa Paolo VI diceva che il mondo ha bisogno non di maestri, ma di testimon: oggi il mondo ha bisogno proprio di vedere dei testimoni di fraternità. Un concetto molto caro al nostro fondatore, quando sosteneva che il punto di forza non sono i grandi progetti per conquistare vocazioni, ma la testimonianza credibile della vita che abbiamo abbracciato e del Vangelo. Al resto, ci pensa lo Spirito Santo.

Viviamo un tempo di isolamento dovuto alla pandemia: che cosa ci insegnano questi mesi sulla fraternità?
Forse ci aiuta a ricordare che il Signore ci ha donato un corpo per esprimere il suo amore. L’abbraccio, la carezza, il gesto di conforto aiutano a manifestare il bene che è in noi: le misure di sicurezza ci fanno riflettere su quanto siano importanti questi segni concreti per la nostra vita. Non potendo organizzare le normali attività, anche noi di Rovio proviamo ad adeguarci: sentiamo l’urgenza di una preghiera più intesa, intercessione per questo mondo confuso e impaurito. E poi utilizziamo gli strumenti digitali per proporre incontri di riflessione, e anche solamente per stare vicini alle persone che ne hanno bisogno. Così portiamo avanti la missione di preghiera e apostolato della Fraternità, anche in questo tempo.

2 Novembre 2020 | 19:15
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