Maria Maddalena secondo il cardinale Martini. La categoria dell’eccesso

L’eccesso è per Martini la «categoria» che ci consente non solo di comprendere il mistero di Dio adombrato nella passione, morte e risurrezione di Gesù, ma ciò che esprime il senso profondo dell’essere cristiano, della maturità cristiana.

Ancora una volta è attraverso i personaggi di Giovanni che Martini costruisce questa sua visione, in particolare è Maria di Magdala a guidarci in questo ultimo tratto di cammino. «Maria di Magdala è una figura particolarmente importante nei Vangeli, è il prototipo della persona che accede alla fede nel Risorto. Se gli altri due episodi narrati da Giovanni rappresentano piuttosto una comunità che accoglie il mistero della Risurrezione, l’episodio che ha per protagonista la Maddalena è piuttosto dedicato al singolo credente o meglio al non credente che diventa credente».
Chi è Maria Maddalena? Tutti i vangeli la annoverano tra le donne che si recano al sepolcro. Forse, dice Martini, tale menzione indica «una qualche funzione di leadership», ma non abbiamo elementi sufficienti. Compare inoltre nei racconti della passione e nella vita pubblica di Gesù, dove è messa «sullo stesso piano dei discepoli». La sua figura però si può comprendere anche grazie al confronto con altre figure femminili presenti nel vangelo. Per esempio la peccatrice in casa di Simone, le «Marie di Betania» e, infine, la sposa del Cantico; come lei, la Maddalena «ha cercato Gesù con una passione inesausta, con una perseveranza invincibile e di conseguenza è una figura della ricerca di Gesù e del Signore risorto». Tutte rimandano in qualche modo a un «eccesso d’amore».

Nel testo si legge che il primo giorno dopo il sabato Maria si reca al sepolcro «di buon mattino», quando era ancora buio. Un atteggiamento inusuale e anche un po’ rischioso, che la dipinge fin da subito come una «donna che supera le convenzioni». Esce di casa perché non si dà pace e non si preoccupa di ciò che può capitarle o di ciò che può pensare la gente. Quando arriva al sepolcro ha una prima intuizione degli eventi, ma ancora parziale, distorta. Sconvolta, va da Simon Pietro e dagli altri discepoli, ma, fa notare Martini, riferisce una sua versione dei fatti. In fondo cosa ha visto? La pietra ribaltata e il sepolcro vuoto; su questi elementi costruisce una storia; il corpo di Gesù è stato rubato. L’inquietudine di non sapere dove lo hanno portato non le dà pace. A questo punto la scena si sposta su Pietro e sull’altro discepolo, quello che Gesù amava. Si racconta della loro corsa al sepolcro e del diverso modo di comprendere l’accaduto. Poi la «camera da presa» torna su Maria, che si trova fuori dal sepolcro e piange. Non sappiamo «il motivo per cui rimane, forse un bisogno del cuore, dal momento che non c’è ragione di fermarsi là: se il corpo di Gesù non c’è, non comparirà anche se lo si aspetta». Il testo insiste ripetutamente sul pianto di Maria: è scossa da una «emozione profondissima» e sincera, ma offuscata dal dolore, rimane fissa nelle sue convinzioni. Neanche la vista degli angeli e le loro parole riescono a strapparla alla sua situazione, anche a loro ripete la sua versione dei fatti. È a questo punto che Gesù le si fa incontro, e pone ancora una volta la domanda fondamentale: chi cerchi? Anche a lui Maria ripropone la sua storia. Solo il suono intimo del suo nome pronunciato dal suo Signore, riesce a far cadere il velo dalla sua incomprensione e fargli riconoscere il Risorto: «le si presenta con una parola d’affetto, di interpellanza diretta e personale, non le dà nessun annuncio e la tocca nella maniera più delicata e affettuosa possibile, pronunciando il suo nome, una parola personalissima che è per la Maddalena una rivelazione. A questo punto ella si volta verso di lui, profondamente cambiata. La sua anima è ormai completamente rivolta verso la gloria e l’amore del Signore».

A questo punto Gesù la invia dai discepoli, quale messaggera del vero annuncio. In Giovanni «Maria Maddalena non è soltanto la prima alla quale Gesù appare, è anche la prima a ricevere da lui la missione formale di annunciare la risurrezione». La sua figura è stata variamente interpretata: alcuni hanno evidenziato l’imperfezione della sua ricerca, altri invece ne hanno messo in luce la perseveranza e la fedeltà al di là delle convenzioni. Da parte sua, Martini fa osservare che Gesù premia l’affetto, l’amore, la perseveranza di Maria, anche se il suo comportamento è all’inizio «incompleto».

È proprio grazie all’amabilità con cui Gesù le si rapporta che Maria diventa la figura «dell’amico di Gesù». È la figura del cristiano pieno che ha percorso le diverse «fasi» che ricordavamo: è una servitrice fedele, che ha seguito e servito Gesù, anche dove gli altri discepoli non sono stati in grado di arrivare, ma è anche in grado di andare oltre, divenendo capace di un «eccesso d’amore», perché stima l’amore per Gesù più importante della sua stessa incolumità, della sua reputazione, della sua vita. E così Gesù la fa sentire «immensamente amata», accogliendo i suoi sentimenti, apprezzando la sua «follia». E l’amore di cui si sente oggetto, fa di Maria un’annunciatrice del Vangelo.

Il messaggio «sull’eccesso», racchiuso nell’esperienza di Maria costituisce il vertice della formazione del cristiano. Secondo Martini, è l’eccesso che consente di fare esperienza del Risorto: «Quando siamo di fronte a questo eccesso? Allorché il bene supera, travalica il puro do ut des, il puro contratto paritario, perché qui siamo ancora nell’equilibrio. L’eccesso di bene si verifica nel momento in cui si supera la relazione di stretta giustizia. Allora si dona in totale gratuità, si dà in pura perdita: il perdono iperbolico è tutto in perdita, è dare a chi non merita, a chi ci è ostile, anche oltrepassando le buone maniere, il cosiddetto buon senso della gente, il senso comune della misura. È tutto un eccesso di bene».

(Osservatore Romano)

18 Luglio 2017 | 17:22
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