Chiesa

È morto il cardinale Miloslav Vlk. Ha incontrato i giovani ticinesi di AC rinata con Corecco

Nella mattina di sabato 18 marzo è morto il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo emerito di Praga. Nato il 17 maggio 1932 a Lišnice-Sepekov, nella diocesi di Ceské Budějovice, era stato ordinato sacerdote il 23 giugno 1968. Nominato vescovo di Ceské Budějovice il 14 febbraio 1990, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 31 marzo. Il 27 marzo 1991 era divenuto arcivescovo di Praga. Era stato creato e pubblicato cardinale, del titolo di Santa Croce in Gerusalemme, nel concistoro del 26 novembre 1994. Il 13 febbraio 2010 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi.

Ordinato prete nei giorni della «primavera di Praga» del 1968 e vescovo all’indomani della «rivoluzione di velluto» del 1989, Miloslav Vlk è stata una figura di riferimento importante per il suo popolo. Lo confermano le testimonianze di affetto unanimi alla notizia della sua malattia e, ora, della sua morte. Del resto, nella Repubblica Ceca tutti conoscono la sua storia: il lavavetri che diventa cardinale.

In lui Vaclav Havel riconobbe «un valido partner nel tentativo di far camminare insieme Chiesa e Stato e un uomo che ha incarnato una testimonianza da applicare non solo ai cristiani ma a tutta la società». E di umiltà don Vlk ne fece gran scorta svolgendo i lavori più ingrati sotto il regime comunista cecoslovacco, senza però mai smettere di esercitare clandestinamente il ministero sacerdotale.

Figlio di una ragazza madre, fu battezzato il giorno stesso della nascita nel santuario mariano di Sepekov. Ben presto il piccolo Miloslav conobbe il duro lavoro nei campi in fattoria, facendo soprattutto il guardiano di mucche. E la sua aspirazione a diventare sacerdote si scontrò con la dura persecuzione comunista. Così nel 1952 inizia a lavorare come operaio nella fabbrica di automobili Motor Union. Chiamato sotto le armi, riuscì comunque a studiare come archivista alla Facoltà di Lettere della prestigiosa Università Carolina di Praga, laureandosi nel 1960. Con quel titolo ha potuto lavorare in vari archivi nel sud della Boemia. Appassionato di esperanto fin da ragazzo, ha pubblicato anche un’opera per difendere quell’espressione linguistica dagli strali di Stalin.

Tra il 1964 e il 1968 riesce finalmente a studiare, tra non poche peripezie, nella Facoltà di teologia dei Santi Cirillo e Metodio, di fatto un seminario sotto il controllo statale. È in questo contesto che incontra il movimento dei Focolari, maturando la spiritualità di «Gesù abbandonato sulla croce». A ordinarlo sacerdote fu il vescovo Joseph Hlouch, appena tornato da diciotto anni di esilio dalla diocesi di Ceské Budějovice, il quale gli chiese di fargli da segretario. Intanto la «primavera di Praga» faceva intravedere qualche spiraglio per la Chiesa «che comunque zitta non è mai stata» — aveva rimarcato Vlk — ricordando che «il cardinale Tomášek si infuriava quando sentiva parlare di Chiesa del silenzio».

Poi anche su di lui era scesa la mannaia della repressione. Il regime, infastidito dall’influenza che don Vlk esercitava su tante persone, nel 1971 lo confinò in paesini sperduti, fino a proibirgli di svolgere l’ufficio sacerdotale. Motivazione: faceva il sacerdote «troppo bene». In quel periodo, ricordava, «ero solo, nessuno mi poteva aiutare, neanche il mio vescovo, ero rifiutato da tutti».
Il «cittadino» Miloslav Vlk è costretto così a esercitare clandestinamente il ministero a Praga — dove poteva dare meno nell’occhio — per dieci anni, dall’ottobre 1978 al dicembre 1988. Precisamente dal 1978 al 1986 ha fatto il lavavetri nel centro della città. Confessava per strada, nei vicoli, persino nelle sale d’attesa del tribunale. Celebrava la messa clandestinamente nelle case. «Sono stati gli anni più benedetti della mia vita», ha confidato.

In quel periodo ha svolto segretamente la sua attività pastorale con piccoli gruppi di laici. Dal 1986 al 1988 ebbe la possibilità di lavorare nell’archivio distrettuale della Banca statale cecoslovacca, sempre a Praga. E mentre la Chiesa era nelle catacombe, e lo Stato cercava di dividere preti e laici, come pure i laici tra loro, Vlk entrò nella prima comunità focolarina di Praga «come laico — raccontava —, visto che il governo mi aveva ritirato la «patente» di prete. Così io, sacerdote, ho vissuto anche l’esperienza di laico che mi è tornata utile anche da vescovo e cardinale».
Il 1° gennaio 1989, all’inizio della svolta storica, gli fu concesso dal regime di svolgere l’ufficio sacerdotale per un anno di prova. Andò così a fare il parroco in diversi luoghi. Ma è con la cosiddetta «rivoluzione di velluto» che la storia dell’operaio e lavavetri Miloslav Vlk cambia improvvisamente e radicalmente.

Partecipa a Roma, in prima fila, alla canonizzazione di sant’Agnese di Boemia, il 12 novembre 1989, evento che fece come da preludio alla caduta del regime. Ecco le sue parole: «Per la prima volta nella storia del regime comunista cecoslovacco ben diecimila pellegrini partono per Roma per la cerimonia. Da allora gli avvenimenti si susseguono rapidi e senza spargimento di sangue. Pochi giorni dopo a Praga ci fu una grande manifestazione studentesca. È l’inizio della rivoluzione di velluto. E in tanti, non solo tra i cattolici, parlano di miracolo di sant’Agnese. Miracolo! La stessa parola che Havel ha usato accogliendo il Papa a Praga nel 1990: «Non so cosa sia un miracolo, ma oggi ne accade uno!»».

Vlk non nascondeva, però, il rammarico che fosse andata rapidamente dispersa l’esperienza vissuta insieme da cattolici e laici sotto il comunismo e nel 1989: infatti, non tutto era andato come si sperava e si era registrato qualche fallimento nella questione dei rapporti tra Stato e Chiesa sul problema dei beni ecclesiastici, anche all’interno della Chiesa stessa.

Quando nel 1990 venne nominato vescovo di Ceské Budějovice, scelse come motto Ut omnes unum sint. La diocesi non aveva vescovo dal 1972, anno della morte di Hlouch. Ma il 27 marzo 1991, dopo appena un anno di attività, Vlk fu nominato dal Papa arcivescovo di Praga, successore del cardinale Tomášek, la «vecchia quercia», e di Beran. Fu eletto poi, nel 1993, presidente della Conferenza episcopale ceca, restando in carica fino al 2000.

Il 16 aprile 1993 divenne anche presidente del Consiglio delle conferenze episcopali europee: confermato nel 1996, rimase in carica fino al maggio 2001, difendendo a spada tratta le radici cristiane dell’Europa e cercando di mettere insieme le esperienze occidentali e orientali. «Si partiva da zero, non ci conoscevamo neppure», ha raccontato. E nel 1991, al primo Sinodo speciale per l’Europa, svolse il ruolo di segretario speciale: «Chi veniva da oltre cortina era considerato di serie B, solo nella Chiesa non è stato così e ci siamo sentiti subito accolti alla pari».

I primi anni Novanta furono davvero particolari per il suo Paese. Nel giugno 1992 ebbe inizio il processo di divisione della Cecoslovacchia e il 1° gennaio 1993 nacquero i due stati sovrani: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Vlk visse dunque in prima persona questi grandi mutamenti storici e definì «vertiginoso» il cammino compiuto in pochissimo tempo: da sacerdote clandestino, costretto a fare il lavavetri per le strade, ad arcivescovo, dalla persecuzione alla libertà, «una libertà però difficile da maneggiare».

Cardinale nel 1994, divenne membro della Congregazione per le Chiese orientali e del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Gli sono stati tributati importanti riconoscimenti accademici negli Stati Uniti, in Germania e in Polonia, oltre che in patria, dove ricevette l’onorificenza più alta. Momenti per lui indimenticabili sono state le visite di Giovanni Paolo II a Praga nel 1990 (con tappa a Velehrad), nel 1995 (con tappe a Olomouc e a Ostrava) e nel 1997 (con tappa a Hradec Králové), e di Benedetto XVI nel 2009: «Passare con il Papa per le strade del centro di Praga dove avevo lavato i vetri è un’esperienza molto particolare» aveva confidato.

(Osservatore Romano)

19 Marzo 2017 | 09:00
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