La storia

Il cardinale dalla fine del mondo

 di Giorgio Bernardelli

MissiOnLine 10 febbraio 2015  

Tre ore di volo sull’Oceano Pacifico solo per raggiunger Auckland, la capitale della Nuova Zelanda. E poi – tra scali e soste – un’altra quarantina di ore per arrivare a Roma. Se il criterio per scegliere un Papa dovesse un giorno essere sul serio «prenderlo dalla fine del mondo» – come disse di sé Jorge Mario Bergoglio, la sera del 13 marzo 2013 – il cardinale Soane Patita Paini Mafi avrebbe ben pochi rivali. Tra le tante sorprese della lista dei venti presuli che il 14 febbraio riceveranno la porpora nel concistoro, la scelta del vescovo di Tonga è di gran lunga quella che più di ogni altra mostra come l’attenzione per le periferie non sia solo uno slogan nella Chiesa che papa Francesco ha in mente.

Cinquantatré anni, nativo di Nuku’alofa – la capitale del regno di Tonga, dove vive la maggior parte della popolazione – il neo cardinale Soane Patita Paini Mafi porterà nel sacro collegio la voce di una piccola Chiesa di appena 14 parrocchie in un arcipelago della parte meridionale dell’Oceano Pacifico: 176 isole (due terzi dei quali disabitate), sparse su una superficie marina di 700 mila chilometri quadrati (oltre due volte l’Italia). Un cardinale di un Paese di poco più di 100 mila abitanti, quasi tutti cristiani, dove i metodisti sono la confessione maggioritaria e i cattolici sono meno di 20 mila.

Paini Mafi è il primo sacerdote diocesano ad essere stato chiamato – nel 2008 a soli 47 anni – a guidare la Chiesa di Tonga: prima di lui tutti i vescovi erano stati religiosi maristi, la congregazione missionaria a cui è legata la storia del cattolicesimo in questo angolo dell’Oceania. Arrivarono nel 1842 i maristi, qualche decina di anni dopo rispetto ai primi missionari evangelici della London Missionary Society. Il primo contatto con gli europei Tonga lo aveva avuto nel 1616, quando una nave olandese approdò sulle sue coste. Poi – nel 1773 – fu la volta del capitano James Cook, che le ribattezzò le «isole dell’amicizia» per l’accoglienza ricevuta. Quanto – però – questo sia rimasto un luogo poco significativo agli occhi del mondo lo dice il fatto che Tonga non abbia mai conosciuto una dominazione coloniale formale (anche se per gran parte del ventesimo secolo il suo regno è stato legato con un «Trattato di amicizia» alla Gran Bretagna). E solo dal 1999 è diventato a pieno titolo un Paese membro delle Nazioni Unite. Lo stesso suo mare incantevole non è diventato un’attrazione come quello delle altre isole della Polinesia: non sono più di 90 mila all’anno i turisti che passano da Tonga.

Andando a scegliere proprio lì un cardinale papa Francesco mostra che per la Chiesa neppure un arcipelago sperduto nel Pacifico è un luogo insignificante. Va anche ricordato che non è la prima volta che succede: già Paolo VI nel 1973 aveva elevato alla porpora il vescovo di Apia, Samoa, mons. Pio Taufinu’u, che partecipò a entrambi i conclavi del 1978. Samoa è un altro arcipelago tra quelli compresi dalla Conferenza episcopale del Pacifico, che raccoglie tutte le diocesi presenti nelle isole più remote: le Fiji, la Micronesia, Guam, Tahiti… Conferenza episcopale di cui proprio Soane Patita Paini Mafi dal 2010 è il presidente (e proprio per questo a ottobre aveva già partecipato al Sinodo dei vescovi).

Il nuovo cardinale, figlio e nipote di catechisti locali, è cresciuto nella parrocchia di Kolofo’ou. Ha studiato nel Seminario Regionale del Pacifico, che si trova a Suva nelle isole Fiji. Appena ordinato sacerdote è stato parroco per quattro anni ad Ha’apai, che è una delle isole minori di Tonga. Finché il suo predecessore, il vescovo Soane Lilo Foliaki, non lo ha scelto a soli 34 anni come proprio vicario generale, inviandolo però a studiare negli Stati Uniti, all’Università dei gesuiti di Baltimora. Esperienza significativa non solo per l’approfondimento teologico, ma anche per il contatto con le comunità della diaspora di Tonga: negli Stati Uniti vive infatti la più folta delle comunità degli emigrati, che sono ormai più numerosi dei tongani rimasti in patria.

Un pastore giovane, dunque, che sopra il clergy-man indossa il ta’ovala  – l’abito tradizionale di Tonga, con cui ci si cinge i fianchi – e nello stesso tempo sta promuovendo la nascita di un Istituto teologico locale per la formazione del clero (in crescita) e dei laici. Un pastore di un Paese che vive una fase di transizione politica: ha appena qualche anno la trasformazione della monarchia dei Tu’i Tonga e delle sue tradizioni in un sistema parlamentare. Ma deve comunque fare ancora i conti con una struttura sociale incentrata sui clan e su un’economia che – al di là delle rimesse dei migranti – va poco oltre l’agricoltura di sussistenza.

Una realtà lontana eppure nel cuore della Chiesa. Ed è suggestivo pensare che proprio un vescovo come Soane Patita Paini Mafi – proveniente da un mondo in apparenza così arcaico – diventerà il più giovane cardinale del Sacro Collegio. Icona vivente di quella sintesi tra antico e nuovo a cui il cattolicesimo del XXI secolo è quanto mai chiamato.

 

Il concistoro delle periferie

Sono venti i presuli che papa Francesco ha creato cardinali nel concistoro del 14 febbraio, quindici dei quali con meno di ottant’anni e dunque elettori. La lista dei nuovi porporati ha mostrato tutta l’attenzione di Bergoglio alle Chiese del Sud del mondo. Spicca il dato dei ben tre cardinali asiatici – l’arcivescovo di Bangkok (Thailandia) Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, quello di Hanoi (Vietnam) Pierre Nguyên Van Nhon e quello di Yangon Charles Maung Bo, che sarà il primo cardinale della storia del Myanmar. Con queste nomine l’Asia arriva per la prima volta a contare 14 cardinali elettori, quasi tutti residenziali. Tra le altre nomine molto significativo il fatto che per il Messico il Papa abbia scelto Alberto Suárez Inda, arcivescovo di Morelia, una delle zone più segnate dalla violenza dei narcos. Per l’Africa, poi, entrano nel Sacro Collegio l’arcivescovo di Addis Abeba Berhaneyesus Demerew Souraphiel e il vescovo di Capo Verde Arlindo Gomes Furtado. Segno dell’attenzione ai crocevia del mondo di oggi, infine, anche la scelta di Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, la diocesi di Lampedusa.

6 Marzo 2015 | 08:00
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