Da sinistra: Sara Pellegrini, Miriam Nicoli, Franca Cleis e Tiziana Plebani (foto Laura Quadri)
Ticino e Grigionitaliano

Presentata la storia delle Orsoline di Bellinzona. La cronaca

Si è tenuta ieri sera, mercoledì 9 febbraio, a Palazzo delle Orsoline, in una Sala del Gran Consiglio gremita, la presentazione del libro di Miriam Nicoli e Franca Cleis Un’illusione di femminile semplicità. Gli Annali delle Orsoline di Bellinzona (1730-1848). Al suo interno le due studiose pubblicano gli Annali del ex Collegio delle Orsoline – oggi palazzo del governo –, dalla sua data di fondazione, il 1730: è l’unica cronaca di un Collegio femminile elvetico attualmente edita in modo integrale.

Dopo i saluti istituzionali di Manuele Bertoli e il breve intervento di Sara Pellegrini, Presidente del Circolo di Cultura di Bellinzona (cui si deve l’aver fornito molti documenti d’archivio, poi utilizzati da Nicoli e Cleis), la prof.ssa Tiziana Plebani ha proposto una prima riflessione sulla scrittura religiosa femminile, in riferimento alla storia redazionale degli Annali, redatti quasi integralmente da suor Giuseppa Marianna Mariotti:

«In passato, prima di studi come questi, si pensava che le donne si dedicassero alla scrittura solo occasionalmente, scrivendo, inoltre, solo su temi sempre uguali (relazioni famigliari o argomenti devoti).  Si credeva anche che scrivessero solo le donne ritenute illustri, cui era concesso farlo», ha esordito la prof.ssa Plebani. «La storiografia più recente, così come il saggio di Nicoli e Cleis, ci dice l’opposto:

la scrittura delle donne, di ogni estrazione sociale, è una costante storica, così come il loro desiderio di accedere all’istruzione.

Lo studio di archivi famigliari e monastici, e poi questo studio sugli Annali, cui ci si è dedicati di recente, lo ha confermato. Cosa ne è emerso? È emerso che le donne, per l’appunto, lungo la storia, hanno scritto tanto e con costanza, dialogando con i generi più vari, anche con quelli più nuovi per il loro tempo, come il romanzo».

In questo modo, nota Plebani,

«si è superata quella leggenda nera che voleva i monasteri come luoghi, dopo la Controriforma, di sola repressione.

E anche se così fu, per un certo periodo, dopo che il Concilio di Trento aveva imposto la clausura alle religiose, sorsero comunque molte resistenze e strategie, messe in atto dalle donne, per far sì che le cose cambiassero e la loro soggettività non venisse addomesticata».

La scrittura delle religiose rimane la chiave per comprendere questa «resistenza» al femminile: «Dalla fine del Cinquecento era andata diminuendo la produzione di testi da parte di scrittrici laiche, mentre i conventi rimanevano luoghi dove si praticava comunemente la pratica della scrittura, su suggerimento dei padri conciliari che avevano sancito l’obbligo, oltre che della clausura, anche di tenere libri di cronaca. Queste scritture – spesso delle cronache dei loro ordini monastici – servivano alle donne per convincersi della loro scelta monacale, permettendo alla singola monaca di ritagliarsi una propria espressività. Da qui nacque anche l’impulso alla scrittura storica, come gli Annali di Bellinzona. Per assolvere al compito dato loro dai padri conciliari, le religiose si posero, infatti, delle domande storiografiche importanti: da dove partire per raccontare e raccontarsi? A quali fonti attingere?

Questa pratica di scrittura stimolò anche negoziazioni, messe in campo dalle badesse per difendere spazi di manovra femminili, di autonomia, di cui Bellinzona è un esempio».

Le Orsoline vengono invitate a Bellinzona nel 1730 per occuparsi dell’educazione delle giovani, soprattutto delle famiglie altolocate. Le prime due Orsoline che arrivano a Bellinzona, Maria Gertrude Maderni e Teresa Ghiringhelli, provengono da Mendrisio, dove la Congregazione è presente già dai primi del Seicento. Il successo dell’iniziativa è immediato: nel 1735 le Orsoline bellinzonesi sono già venti. Con il tempo vi aderiscono anche le figlie delle famiglie più altolocate: oltre ai Molo, i Bacilieri, i Bonzanigo, i Chicherio, i Magoria, i Paganini, i Sacchi, i Vonmentlen.

Tale intraprendenza era insista nella spiritualità voluta per le sue consorelle da Angela Merici, che fondò la Compagnia di Sant’Orsola a Brescia nel 1535: «Le Orsoline vivevano una dimensione spirituale al di fuori dei percorsi offerti dalla Chiesa, traducendo questa scelta in operosità. Fu un modello di vita religiosa di grande successo. I prelati più illuminati, tra cui lo stesso Carlo Borromeo ne compresero l’utilità sociale e non imposero alle Orsoline la clausura. Con un equilibrio molto precario, si accettò il singolare percorso di donne nubili e religiose fondato sull’operosità esteriore. A loro vengono affidati l’insegnamento della dottrina e l’istruzione femminile.

Le ragioni che portano al successo questa forma di vita sono dunque molteplici: distanziamento dallo stile monastico, assenza dell’obbligo di portare un abito distinto e assenza dei voti perenni, incoraggiamento dell’ autonomia della singola Orsolina, spiccata indipendenza dalle gerarchie ecclesiastiche.

Quest’assenza di perimetri fece del bene alle Orsoline. Il caso di Bellinzona lo dimostra. Il Collegio si rivolgeva soprattutto alle giovani donne abbienti e offriva loro grande libertà: le Orsoline potevano gestire il loro patrimonio, avere una propria cella. Lo ribadisce la Regola stilata per il Collegio: essa prevedeva che le religiose potessero uscire per «qualunque onesto divertimento non troppo distante dal Collegio», frequentare due o tre volte l’anno i propri congiunti, uscire collegialmente per passeggiare due o tre volte al mese, anche in riva al lago. Gli Annali ci confermano che in realtà i soggiorni fuori dal Collegio potevano durare anche un paio di giorni. Le Orsoline facevano parte della socialità cittadina, ne erano parte. Anche il legame con le proprie famiglie, fatto di aspettative, che proprio la Controriforma aveva voluto spezzare, obbligando le monache alla clausura, in realtà, nel caso delle Orsoline, che potevano visitare i loro parenti in totale libertà, si riproponeva con tutta la sua forza e le sue implicazioni sociali. La storia che viene raccontata negli Annali è, insomma, una storia tipicamente settecentesca».

Ma come dobbiamo immaginare la vita delle prime Orsoline bellinzonesi? A rispondere, interpellata dalla moderatrice Sabrina Cappelli Faller, è Miriam Nicoli: «All’inizio vivevano in uno stabile vicino alla chiesa collegiata, abbastanza povero, senza pozzo né cisterna per l’acqua. Si trasferiscono costrette dai lavori di ampliamento della chiesa. Per aumentare il prestigio sociale delle famiglie fondatrici, che avevano chiamato le Orsoline a Bellinzona, si elabora l’ambizioso progetto di Palazzo delle Orsoline. Allora si trattava di un ampio edificio circondato da molti terreni agricoli. Sul lato occidentale viene inglobata una chiesa cinquecentesca dedicata a S. Maria di Loreto. L’edificio aveva, originariamente, due piani: al piano terra le sale di rappresentanza, le aule della scuola; al piano superiore le celle delle monache. L’insegnamento caratterizzava la vita del Collegio anche se purtroppo, a questo proposito, gli Annali non ci forniscono informazioni.

Dalla lettura del testo emerge comunque l’immagine di monache molto indaffarate».

Franca Cleis racconta anche della sua fatica per arrivare ad individuare dove la storia avesse «celato» gli Annali, dalle molteplici visite all’archivio diocesano, che le confermano la loro esistenza tramite altri documenti rinvenuti, all’archivio diocesano di Como, fino all’Archivio segreto vaticano. Per scoprire, infine, quasi per caso, che il prezioso testo non aveva mai lasciato Bellinzona.

Le prime pagine del documento sono dedicate ad una lotta tra due fazioni di Orsoline, che alla base avevano una visione profondamente diversa della vita congregata. La prima, guidata dalla madre fondatrice Maria Gertrude Maderni più restrittiva; la seconda, più liberale, capeggiata da Fulgenza Marianna Molo, figlia del fondatore. L’esigenza di redigere il testo, viene ipotizzato, sarebbe nata proprio dopo che la Molo aveva deciso di abbandonare la Congregazione. «Effettivamente il testo ci racconta di donne caparbie che non ebbero paura di agire», prosegue Nicoli. «Una fazione fuggì da Bellinzona, per appellarsi al vescovo di Como. Si misero in viaggio vestite in borghese.  A tale intraprendenza le Orsoline erano abitiate da secoli. La loro Regola prevedeva fossero loro ad avere il diritto di eleggere la propria Superiora. Questa caparbietà riemergerà molto bene al momento della Rivoluzione napoleonica, quando il palazzo si trasformerà in caserma».

Il seguito della storia non è meno avventuroso: «Dopo la partenza delle truppe ­– racconta Franca Cleis – la comunità all’unanimità prende la decisione di tornare a vivere insieme nella sua casa. Così, con l’aiuto della popolazione le Orsoline riuscirono a rioccuparla. I parenti delle religiose fecero mettere in ordine le stanze delle loro figlie. Non era rimasto nulla. Una monaca, costretta a dormire per terra su un pagliericcio, vi si installò per prima, dopodiché presero avvio i primi lavori di ristrutturazione. Il governo ticinese avrebbe voluto installarsi in quegli spazi: ignorando la minaccia di essere imprigionate, le Orsoline ne fecero comunque, di nuovo, la loro casa. Combatterono con coraggio.

Riuscirono a restare, fino al 1848, inoltrando reclami, istanze, e adottando un nuovo linguaggio: non più «suore» ma «cittadine».

Nicoli e Cleis hanno anche ricordato la figura di Manola Ida Venzo, co-direttrice della collana nella quale è apparso il libro (La memoria restituita. Fonti per la storia delle donne), a pochi giorni dall’improvvisa scomparsa.

Il libro Un’illusione di femminile semplicità. Gli Annali delle Orsoline di Bellinzona (1730-1848) è disponibile in formato open access sul sito della Casa editrice Viella.

Vi invitiamo a leggere anche l’approfondimento con il prof. Querciolo Mazzonis su alcuni aspetti legati alla spiritualità delle Orsoline e a riascoltare la puntata dedicata al tema di «Chiese in Diretta».

Laura Quadri

Da sinistra: Sara Pellegrini, Miriam Nicoli, Franca Cleis e Tiziana Plebani (foto Laura Quadri)
10 Febbraio 2022 | 07:26
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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