Ticino e Grigionitaliano

Padre Giovanni Pozzi: un'opera unica che continua a dare frutti. L'intervista con il prof. Stefano Prandi dell'USI

di Silvia Guggiari

Il 20 giugno 1923 nasceva a Locarno Giovanni Pozzi, successivamente frate cappuccino il cui contributo continua ad essere ancora oggi fondamentale negli studi sulla letteratura e nella mistica, come ci conferma il prof. Stefano Prandi, direttore dell’Istituto Studi Italiani dell’USI, tra gli organizzatori del convegno in programma venerdì 26 e sabato 27 maggio a Lugano.

Professor Prandi, come è nata l’idea di questo convegno?
Innanzitutto occorre dire – ed è un aspetto importante, che conferisce ulteriore importanza all’occasione di questo Convegno internazionale – che le istituzioni organizzatrici sono tre: l’Università della Svizzera Italiana, grazie al contributo dell’Istituto di studi italiani; l’Università di Friburgo e il suo Dipartimento di Italiano; infine l’Associazione Biblioteca Salita dei Frati, nel Convento dei Cappuccini dove Padre Pozzi visse e operò per molti anni. La collaborazione tra queste tre istituzioni è stata una soluzione del tutto naturale, considerato che Padre Pozzi è nato e ha preso i voti in Ticino; che la Biblioteca conventuale di Lugano è stata il suo luogo di formazione spirituale e intellettuale (e quello che lo ha nuovamente accolto dopo la conclusione del suo periodo di insegnamento universitario); che dal 1960 al 1988 ha insegnato all’Università di Friburgo; infine che, come non molti ricordano, ha tenuto corsi anche all’USI, poco dopo la sua fondazione.

Quali aspetti della figura di Padre Pozzi verranno messi in luce? Non è stata impresa facile scegliere quali ambiti dell’attività scientifica di Padre Pozzi privilegiare nel nostro Convegno. Si tratta, infatti, di una figura straordinariamente originale e complessa, capace di compendiare in sé, come pochi altri studiosi, un crocevia di saperi e competenze vastissimi, che hanno trovato espressione lungo un cinquantennio di appassionate ricerche. Innanzitutto il Barocco, un interesse che si prolunga per tutta la vita. Vengono poi le grandi edizioni di testi umanistici, Francesco Colonna e Ermolao Barbaro, a cui Padre Pozzi lavora negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta. Poi ancora le ricerche che si ispirano allo strutturalismo e allo studio della topica letteraria, sulla linea di Ernst Robert Curtius, con una particolare attenzione rivolta all’intersezione tra parola e immagine e alle forme del linguaggio figurato. Ci sono poi gli studi sulla storia della mistica e della religiosità popolare; quelli sulla didattica dell’italiano: e si potrebbe continuare. I contributi del convegno cercheranno di abbracciare con uno sguardo panoramico, certo senza pretendere una completa esaustività, questa vasta costellazione di interessi.

Tra i suoi studi vi sono anche una tesi sulla figura del cappuccino padre Orchi e una sul Cantico di San Francesco. Quanto contò per padre Pozzi essere anche un cappuccino? Fu, a mio parere, decisivo. In uno scritto del 1981, La Biblioteca del Convento dei Cappuccini di Lugano, Pozzi tratteggia le differenze tra gli altri ordini e il proprio che «non ha mai elaborato da protagonista moduli della cultura ufficiale»: né la teologia dei domenicani né la filosofia dei francescani né la scienza dei gesuiti. Fu invece «un ordine di attivisti […] e di asceti». «Se abbiamo retori» – conclude – «le nostre retoriche non sono quelle […] scolastiche o altamente speculative, ma retoriche per i predicatori […]: predicazione basso-popolare e predicazione d’arte». Già queste osservazioni gettano luce su una vasta serie di ricerche di Pozzi, dedicate alle scrittrici mistiche (Maddalena de’ Pazzi, Angela da Foligno, Santa Chiara, l’antologia sulle Scrittrici mistiche italiane curata con Claudio Leonardi), alla storia della devozione popolare (ricordo solo lo studio sugli ex-voto in Ticino o i saggi Come pregava la gente e quello sulla storia del rosario), ai luoghi di culto (come la Madonna del Sasso o Santa Maria del Bigorio). Nel contributo su Emanuele Orchi, Pozzi ricordava che l’idea di intraprendere questa ricerca gli venne dall’aver trovato questa raccolta di prediche nella biblioteca del suo Convento: una biblioteca incompleta e asistematica ma ricca di possibili percorsi di studio, al di fuori dalla via maestra della tradizione critica. La storia della letteratura italiana vi era rappresentata in modo molto parziale: infatti Pozzi confessa che le sue prime letture in quella sede si rivolsero prima ad un «irregolare» come Folengo rispetto ai classici Petrarca, Ariosto o Foscolo. Ecco, la scelta stessa delle letture e degli oggetti di studio differenzia Padre Giovanni da Locarno da un critico laico (e italiano, si potrebbe aggiungere).

Qual è oggi la sua eredità?
L’esempio e l’opera di Padre Pozzi è, per molti versi, irripetibile. Innanzitutto per la straordinaria ampiezza dei saperi e degli interessi che ha mostrato; poi perché tutto quel mondo di straordinari compagni di strada che lo hanno circondato (Contini, Billanovich, Dionisotti e altri ancora) non c’è più. Ci sono, però, i molti allievi – e, dopo di loro, gli allievi degli allievi – che hanno trasmesso un’etica e una pratica della ricerca seminariale, tipicamente svizzera, che rimane come duraturo lascito che continua a dare frutti nei giovani studiosi di oggi.

Per il programma completo del Convegno: https://www.catt.ch/newsi/un-convegno-e-una-mostra-per-ricordare-padre-giovanni-pozzi/
Per la diretta streaming: https://www.usi.ch/it/feeds/24936

Leggi anche: https://www.catt.ch/blogsi/dal-chiostro-del-monastero-al-mondo-scritture-femminili-in-dialogo-con-la-societa-gli-studi-di-padre-pozzi-sulla-mistica/

25 Maggio 2023 | 14:33
Tempo di lettura: ca. 3 min.
Condividere questo articolo!