Ticino e Grigionitaliano

Il vescovo di Lugano alla Messa di Natale: «Oggi è il giorno in cui cercare la radice dell'essere cristiani»

«Lasciamoci affascinare ed avvolgere dalla grazia del Natale; lasciamoci trasformare nel profondo dal Signore che è venuto  e nasce in mezzo noi». Con questo invito il Vescovo di Lugano ha aperto la Santa Messa del mattino in Cattedrale.

Assistito dal diacono Enrico Berardo, ha avuto accanto quali concelebranti l’arciprete Azzolino Chiappini, i canonici Nicola Zanini, Aldo Aliverti, Ernesto Willy Volonté e il cerimoniere vescovile Emanuele Di Marco. Il canto era  affidato alla Scuola Corale della Cattedrale diretta e accompagnata all’organo dal maestro Robert Michaels.

Il suggestivo invito natalizio dell’ Adeste fideles, ha unito le due celebrazioni, rispettivamente chiudendo ed aprendo la Santa Messa della notte e quella del mattino.

«A Natale – ha precisato Mons. Lazzeri nell’omelia – non viene al mondo un estraneo, uno che nel mondo non c’era, una luce che abbaglia da fuori, lasciando accecati e paralizzati», ma viene «la luce vera, quella che illumina ogni uomo». Ne consegue la gioia per «tutte le testimonianze di bene che possiamo vedere fiorire ovunque», sentendo che «il mondo è stato fatto bene e, nonostante tutto, non riusciremo mai a rovinarlo completamente», né a «offuscare quel Figlio che è irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza e tutto sostiene con la sua parola potente».

Il confronto con la liturgia

Tenendo presente che la luce del Natale è rivolta a tutti i cuori, ha ricordato che «i cristiani non hanno l’esclusiva della bontà, della generosità, dell’empatia verso i sofferenti, gli umiliati, gli emarginati e gli esclusi della società» e «non possono non apprezzare i movimenti più disparati di consapevolezza, di solidarietà, di ribellione a ogni forma di stortura e di male». Nel contempo ha però richiamato la necessità che il cristiano «non può esimersi dal confronto diretto con lo specifico della sua fede, con l’annuncio che lo raggiunge nella liturgia». Citando i seguenti passaggi tolti dalle letture del giorno di Natale, «Dio ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio»; «noi abbiamo contemplato la sua gloria»; «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto»; «Dio nessuno lo ha mai visto…..il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che ce lo ha rivelato«, ha sottolineato di non avere molte volte «la sensazione che queste espressioni riescano ancora a toccare la nostra sensibilità profonda. Ci diciamo cristiani per molti motivi: per attaccamento a certi valori, per simpatia con alcuni grandi temi, per diverse nobili battaglie, che ci sembra importante fare. Tuttavia il nucleo di ciò che ci fa vivere, il cuore palpitante del mistero del Natale, rischia spesso di rimanere inesplorato».

Con chiarezza ha quindi richiamato che «non possiamo rassegnarci a passare sotto silenzio l’essenziale del Natale, il nostro nascere dall’alto, il nostro nascere con il nascere di Gesù». Quale conseguenza? «O noi testimoniamo una capacità realmente rigenerativa della Realtà in cui crediamo, oppure ci rimarranno soltanto messaggi generici di bontà e di impegno per gli altri, che finiranno per diventare vuoti, o peggio, per lasciarci sempre più l’amaro in bocca, non avendo trovato né la forza per viverli, né la convinzione sufficiente per comunicarli agli altri». Per questo nel giorno di Natale dobbiamo provare «ad aprire gli occhi a ciò che fa lo splendore unico e singolare dell›evento di Betlemme», cercando «»a radice dello stupore, da cui siamo generati al mondo come discepoli di Gesù», nella consapevolezza che «non sono le nostre opere a dare valore a Gesù, ma è Gesù che nasce a brillare in noi nell’intimo del cuore». Per questo  »siamo testimoni dell’Inconcepibile che viene concepito, dell’Inaudito che si fa udibile, non solo nelle luminose e alte parole del Maestro di Galilea, ma in maniera ancora più penetrante già nel più inarticolato vagito del Bambino, deposto da Maria nella mangiatoia di Betlemme e oggi più che mai vivente in noi». Ireneo da Lione, ha ricordato Mons. Lazzeri, ha osato porre una domanda: «Il Signore,  quando è venuto,  cosa ha portato di nuovo?». Questa la risposta, «diretta e fulminante», di quel grande Padre della Chiesa: «Sappiate che ha portato ogni genere di novità, portando se stesso, lui che era stato annunciato. Tutto ciò che veniva predicato era infatti lui, cioè la novità che sarebbe venuta per innovare e vivificare l’uomo». Ne consegue l’augurio, veramente natalizio,  di crescere nella consapevolezza che «dopo aver vissuto da servi  e mercenari, veniamo avvinti nel profondo dallo stupore, umile e fiero insieme, di essere chiamati amici e figli».

La bellezza di vivere giorni e momenti preziosi incontro al Signore che viene

Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, il Vescovo ha sottolineato la bellezza di «vivere giorni e momenti preziosi, facendo l’esperienza del Signore che viene e illumina il nostro cammino». Ha ricordato che nel Natale «siamo abitati dalla sua grazia e dal suo venirci incontro per darci valore, per rinnovare il nostro cuore». Ha invitato a vivere  «in profondità e con gratitudine quello che abbiamo ricevuto, così da far riflettere la luce di Betlemme con la nostra umanità».

Gianni Ballabio

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25 Dicembre 2019 | 14:24
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