Internazionale

Riccardo Pampuri e Charbel Makhluf: chi sono i santi protettori del nuovo ospedale di Milano

«Facciamo l’elogio dell’impresa»: l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha iniziato così il discorso per la benedizione del nuovo ospedale costruito alla Fiera di Milano. Un prodigio di tecnica e dedizione, realizzato in meno di un mese per ospitare a regime più di 200 pazienti in terapia intensiva. Ma il vescovo Delpini non si è limitato a celebrare l’uomo. Nel suo intervento ha voluto affidare l’ospedale a due santi forse poco noti ma dalla storia significativa: fra Riccardo Pampuri, italiano di Trivolzio, in provincia di Pavia, vissuto a inizio ‘900; e Charbel Makhluf, eremita libanese del diciannovesimo secolo.

Ancora oggi i luoghi di san Pampuri e san Makhluf sono meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Sono considerati «santi guaritori» per i miracoli a loro attribuiti. Il corpo di san Pampuri è conservato nella chiesa parrocchiale di Trivolzio, un paesino da 2000 abitanti tra Pavia e Milano. Le spoglie di san Makhluf invece giacciono in Libano nel monastero di Annaya, a un’ora di viaggio dalla capitale Beirut. Ma la devozione è forte anche a Milano, dove la parrocchia di rito maronita ha sede presso la chiesa di Santa Maria della Sanità in via Durini: qui sono conservate alcune reliquie dell’eremita.

Il corpo di san Riccardo Pampuri nella parrocchia dei santi Cornelio e Cipriano martiri a Trivolzio (Pavia)

Fra Riccardo Pampuri era chiamato «il dottorino santo»: dopo gli studi diventò medico condotto, quindi entrò nella congregazione dei Fatebenefratelli che prescrive come quarto voto l’ospitalità e l’assistenza ai malati. Morì a 33 anni, nel 1930, per una tubercolosi. La memoria del suo impegno – in particolare nell’Azione cattolica – e della vicinanza agli ultimi ne fecero un punto di riferimento anche dopo la morte: venerato e pregato dai fedeli, a lui sono attribuite diverse guarigioni tra cui il prodigioso risanamento dell’occhio sinistro di un ragazzino spagnolo, Manuel Cifuentes Rodenas. Giovanni Paolo II canonizzò fra Riccardo nel 1989, dicendo: «La vita breve, ma intensa di fra Riccardo Pampuri è uno sprone per i giovani, i religiosi, per i medici, a vivere coraggiosamente la fede cristiana nell’umiltà e sempre nell’amore gioioso per i fratelli bisognosi».

Il monastero di Annaya, in Libano. Statua di san Charbel Makhluf

Il monaco Charbel Makhluf, invece, dedicò la vita alla preghiera e al nascondimento: non promosse opere né scrisse testi, ma visse a lungo prima nel monastero di Annaya, poi per oltre 20 anni nella solitudine di un eremo. Morì nel 1898 e da subito si verificarono segni miracolosi nei pressi della sua tomba, oltre a guarigioni eccezionali. Fu papa Paolo VI a promuovere sia la beatificazione che la canonizzazione di Charbel, nome che nella lingua siriaca significa «Storia di Dio». Fu elevato agli altari nel 1977 e da allora è il santo più conosciuto nella nazione mediorientale, venerato in modo che potrebbe ricordare il culto di padre Pio da Pietrelcina. Anche molti musulmani o credenti di altre fedi sono devoti al santo eremita.

Reliquia di san Makhluf a Milano

Le rispettive comunità hanno reagito con gioia e sorpresa alla scelta di monsignor Delpini. «Già prima della pandemia» ha detto all’agenzia Fides padre Assaad Saad, responsabile della comunità maronita a Milano, «venivano tanti malati che dal Sud Italia salivano a Milano per le cure oncologiche. Chiedevano di venerare le reliquie del Santo, prima di entrare in ospedale». Charbel Makhluf è conosciuto nella diocesi di Milano, che ha organizzato vari pellegrinaggi in Libano. Sulla scelta di affidare l’ospedale anche a un santo non italiano, padre Saad riflette: «La crisi pandemica è globale», dunque «c’è un orizzonte e un’ampiezza universale anche nell’intercessione dei Santi di cui ora abbiamo bisogno».

Anche il parroco di Trivolzio, don Paolo Serralessandri, non si aspettava questa dedica. «Proprio quest’anno si celebra l’anno giubilare di san Pampuri, ed eravamo in contatto con la segreteria dell’Arcivescovo Delpini perché potesse presiedere la celebrazione conclusiva a maggio. Questo appuntamento non ci sarà, ma siamo stati contenti che l’Arcivescovo si sia ricordato di san Riccardo». In primavera molti pellegrini dal nord e centro Italia avrebbero visitato le spoglie del santo: «Anche dal Canton Ticino c’erano viaggi organizzati. Possiamo dire che, anche se i pellegrini non possono venire a Trivolzio, la dedica dell’ospedale conferma che ora è lo stesso san Riccardo a muoversi per visitare chi ha bisogno di lui». La missione di fra Pampuri, secondo il parroco, può essere riassunta in una parola: «Carità, oltre a tanta competenza. Fra Riccardo pregava ogni mattina davanti al Santissimo, poi si piegava sui malati e in loro rivedeva il Cristo. Questo sguardo capace di abbracciare integralmente ogni persona è la sua testimonianza che arriva fino ai giorni nostri».

Il rosario di san Pampuri

La scelta di Delpini, insomma, ha un significato profondo e universale. Come ha riassunto il giornalista Giorgio Paolucci sul quotidiano Avvenire: Pampuri e Makhluf sono «due santi che hanno a che fare con la salute del corpo e dello spirito, due uomini che non brillano per gesta eroiche, che hanno detto il loro «sì» totale a Cristo dentro l’ordinarietà delle circostanze. Hanno vissuto l’eroico nel quotidiano, come sta accadendo in questi giorni per tante persone colpite dal coronavirus».

3 Aprile 2020 | 14:44
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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