Ticino e Grigionitaliano

Mons. Mottini: «Il prete oggi: meno Messe e più presenza tra la gente»

Sommario: Nell’intervista il rettore del seminario S. Carlo, mons. Claudio Mottini mette l’accento sulla necessità di ricomprendere il ministero del prete alla luce di una presenza non solo celebrativa ma a partire dall’Eucaristia che sia di condivisione della vita della comunità.

A Lugano, in queste ore, quattro nuovi preti sono stati ordinati dal vescovo Lazzeri mentre due giovani entrano quest’anno nel seminario diocesano. Cifre che forse possono sembrare modeste ma in realtà sono significative in una diocesi di piccole dimensioni come quella di Lugano. Mons. Claudio Mottini, da tre anni rettore del Seminario San Carlo, è una figura di riferimento per la formazione dei candidati al presbiterato.

Le vocazioni al presbiterato non abbondano ma neppure sono inesistenti. Se un giovane vuole interrogarsi sul senso della propria vita proprio in questa direzione, cosa deve fare? La cosa più inadeguata è il «fai da te». Il discernimento sul senso da dare alla propria vita e il desiderio di viverla in un impegno nella Chiesa, lo si fa sempre con qualcuno: una guida spirituale, un prete o un/a laico/ a. Io credo però che la vocazione nasca prima di tutto da una domanda rivolta a Dio. Una vita priva di domande e interrogativi rivolti a Dio, arrabbiature comprese, non è umana. Per questo non si dovrebbe mai spegnere la domanda nel cuore dell’uomo, mai far tacere le grandi questioni. Se poniamo a Dio queste domande, Lui aiuta a fare i passi successivi.

Il celibato è un ostacolo? Le poche vocazioni non dipendono dal celibato. Nelle Chiese sorelle della Riforma o tra i cattolici d’Oriente, i cui ministri possono sposarsi, il problema delle vocazioni comunque è presente. Il celibato è un impegno serio e carico di responsabilità, che non dispensa dalla lotta. Lo si riesce a vivere se inserito in una chiamata ad un amore per tutti.

In seminario vi chiedete cosa cerca la gente in un prete? La gente cerca un vero uomo mandato da Dio, non perché compie cose miracolose ma per lo stile di vita. Nella società smarrita, sofferente, disorientata e ammalata di oggi la missione del prete diventa evangelica, nel vero senso del termine, quando è testimonianza di qualità umane e di una fede bella. Leggiamo nella Gaudium et spes, la costituzione pastorale del Concilio Vaticano II: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, (…) sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo». Per me questa è la sintesi della missione del prete: Dio non ha disprezzato il mondo ma lo ha tanto amato «che ha dato il suo unigenito Figlio» (Gv 3,16).

Oggi non si tratta anche di ripensare il ministero del presbitero? Direi meno messe ed essere più presenti. La celebrazione eucaristica domenicale, che è centrale nella vita della comunità, deve essere bella. Ma in settimana vedrei il prete tra la gente: visite, contatti, senza paura, con amicizie non confezionate. Gesù non ha mai selezionato le persone secondo la legge, ma le ha sempre ricondotte all’amore e alla fiducia di Dio.

Lei ha in mente la figura di un prete capace di accogliere tutti o che si ferma sulla porta dei non credenti? L’accoglienza scevra da pregiudizi è determinante. Il senso di questo bussare anche ai non credenti è quello di portare una parola, ma senza la pretesa sbagliata di voler ricondurre la gente a messa: per prima cosa si tratta di aprire le porte all’agire di Dio, poi sarà il Signore stesso a fare il resto.

Quanto spazio dedicate in seminario ad una formazione alle relazioni umane? Vivere insieme in una struttura come quella del seminario è già una formazione alla comunità. Abbiamo però delle figure specializzate come quelle del padre spirituale e del formatore nell’ambito della psicologia che affronta varie tematiche: la vita affettiva, le relazioni, le conflittualità e il rapporto con il contesto culturale di oggi.

Il seminario è un luogo «aperto»? Un seminario chiuso in sé stesso che non dà spazio all’incontro con i laici non è un luogo formativo. Oltre agli incontri mensili di preghiera con dei laici che avvengono in seminario, i seminaristi possono essere inseriti nelle parrocchie per seguire una formazione pastorale non solo ad opera dei parroci ma anche dei laici che sono attivi nella catechesi, nelle San Vincenzo e in altre realtà.

In questo periodo di pandemia la stessa presenza della Chiesa non chiede un ripensamento? Più siamo umili, più diventiamo strumento privilegiato dello Spirito Santo per inventare nuove forme di apostolato. In questo tempo la nostra Chiesa diocesana è stata toccata dalla grazia della creatività, come era creativa la Chiesa nascente quando ha inventato nuove forme pastorali e di ministeri, perché il Vangelo potesse essere annunciato in modo più capillare. Lo abbiamo visto nell’ambito della carità, della catechesi, ma anche dell’annuncio, grazie ai mezzi di comunicazione.

La celebrazione oggi in Cattedrale a Lugano

Questa mattina, 5 settembre, alle 9.30, nella Cattedrale di S. Lorenzo quattro diaconi della diocesi di Lugano saranno ordinati presbiteri da mons. Valerio Lazzeri, vescovo di Lugano. La partecipazione alla cerimonia, viste le attuali restrizioni, sarà limitata e solo i parenti potranno assistervi dal vivo. Vi sarà tuttavia la possibilità di seguire la S. Messa via streaming su catt.ch. Per ulteriori informazioni sulla cerimonia consultate il sito: diocesilugano. ch.

Cristina Vonzun

5 Settembre 2020 | 07:00
Tempo di lettura: ca. 3 min.
Condividere questo articolo!