Dal 22 al 27 agosto, la Fiera di Rimini ospiterà la 46ª edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli. Con il titolo “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”, tratto dai Cori da La Rocca di T.S. Eliot, l’evento rilancia un messaggio chiaro: anche nei momenti più aridi della storia, è possibile edificare luoghi di incontro, bellezza e speranza. Ne abbiamo parlato con Chiara Marini, ticinese, affezionata frequentatrice del Meeting, che da anni partecipa con famiglia e amici.
di Federico Anzini
Un tema poetico e profetico
La frase di Eliot scelta per l’edizione di quest’anno non è solo un’immagine letteraria: è un programma di vita. Nei “deserti” della contemporaneità — fatti di solitudine, rassegnazione, cinismo, indifferenza, ma anche di conflitti e fratture — il Meeting vuole mostrare che è possibile costruire con “mattoni nuovi”: gesti, progetti e relazioni che nascono dalla gratuità e dalla libertà. Gli organizzatori ricordano come, anche nelle ultime edizioni, siano fiorite testimonianze concrete di questo spirito: uomini e donne che, in contesti anche molto difficili, hanno saputo innovare, creare legami, prendersi cura dei più fragili. «Non è il mero coraggio eroico a sostenere la costruzione del futuro — affermano — ma la gratitudine: per la vita, per le amicizie, per la bellezza della realtà».

Il primo incontro con un popolo gioioso
Chiara Marini ricorda ancora il suo primo Meeting, negli anni dell’università: «Una gran folla di giovani sorridenti. Tornai a casa arricchita da incontri culturali, mostre e nuove amicizie. Mi dissi: ogni anno, in un luogo così, vale la pena tornare per ossigenarsi e ricaricarsi». Da allora, salvo rare pause, Chiara non ha quasi mai mancato l’appuntamento: «Per due anni ho fatto la volontaria e mi piacerebbe rifarlo. Poi ho iniziato a portarci i figli. Ora anche loro si sono appassionati e vanno con i loro amici».
Mostre e incontri che lasciano il segno
Ogni edizione, racconta Chiara, ha il suo momento indimenticabile. Cita – tra i ricordi degli ultimi anni - la mostra “Non esistono ragazzi cattivi” dell’associazione Kairos, che offre percorsi di recupero a giovani in difficoltà: «Ho incontrato il fondatore don Claudio Burgio e alcuni di questi ragazzi. Hanno parlato della loro vita, di come l’incontro con lui li abbia cambiati. È stato molto commovente». Ricorda anche l’incontro “La speranza per tutti”, con uno scultore irlandese e due padri — uno israeliano e uno palestinese — entrambi segnati dalla perdita di una figlia. «Li vedevi seduti uno accanto all’altro, uniti dal dolore ma anche dalla volontà di trasformarlo in azioni concrete per la pace».
L’attesa comincia in primavera
Per Chiara, il Meeting non dura solo una settimana: «Verso aprile o maggio contatto la mia amica, guardiamo le date e prenotiamo l’hotel — sempre lo stesso — lasciando qualche posto per chi vuole unirsi. Spesso andiamo in macchina, a volte in treno. La nostra giornata riminese inizia con la Messa delle otto vicino all’albergo, poi un bagno al mare, e a mezzogiorno si entra in Fiera. Sono giornate piene ma l’energia che si respira ti spinge a vedere ancora mostre, ascoltare incontri e salutare amici».
Un luogo che sa di casa
Alla domanda su cosa le mancherebbe se il Meeting non ci fosse, Chiara non ha dubbi: «Mi mancherebbe la possibilità di recarmi in un luogo vivo, di grande umanità, dove il bisogno di essere amati è preso sul serio. Quando entro lì, mi sembra di conoscere tutti. Non ci sono divisioni religiose o etniche: è quasi un sogno. Ti insegna a donare, a mettere a disposizione i tuoi talenti con semplicità e dedizione».
Il cuore pulsante: i volontari
Chiara conosce bene l’impegno che anima la macchina organizzativa: «Ho fatto la hostess, accompagnando ospiti e relatori, anche personalità importanti come il primo ministro di Malta. Tornavo a casa arricchita da nuove amicizie e dall’atmosfera di collaborazione. È l’impegno di tutti, svolto con serietà e serenità, a creare questa magnifica opera».
I figli e la libertà di crescere
Il Meeting è stato anche un’occasione di autonomia per i suoi figli: «Potevano muoversi liberamente tra padiglioni e attività, sapendo che erano in un luogo sicuro. Partecipavano a sport, laboratori, spettacoli. Hanno respirato libertà, bellezza e amicizia. E, una volta a casa, raccontano l’esperienza a chi non conosce il Meeting».
Oltre un evento culturale
Dal racconto di Chiara emerge una convinzione: il Meeting non è un semplice festival culturale. È un laboratorio di umanità, un luogo dove si impara che “tutto è possibile quando si ha a cuore il destino dell’uomo”. Il Meeting di Rimini 2025, con il suo titolo eloquente, è un invito a tutti a guardare i deserti del presente non con rassegnazione, ma come luoghi da abitare e trasformare. Attraverso volti, storie e opere, offre un’anticipazione di quella fraternità che Chiara descrive come “un paradiso” e ricorda che, con “mattoni nuovi”, anche il terreno più arido può diventare casa. Per chi partecipa, non è solo un evento: è un’esperienza che si attende, si vive e si porta nel cuore, come un segno concreto che la speranza non è un’idea astratta, ma un’opera da costruire insieme, mattone dopo mattone.
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