Mons. Lazzeri e don Marco Dania (foto di archivio).
Diocesi

Lugano: il vescovo «la Chiesa unita è il primo atto missionario»

Bambini, giovani, ragazzi, laici di parrocchie, movimenti e associazioni ci sono stati: sono venuti in piazza Manzoni a Lugano per un incontro che ha voluto parlare, nel rispetto di tutti, di quanto c’è di bello nell’umanità di oggi, in un’esperienza di Chiesa che incontra e abbraccia ogni persona. Dopo la caccia al tesoro del pomeriggio che ha avuto come protagonisti una trentina di ragazzi, l’animazione musicale della Pem Band e lo Street food la piazza è andata via via animandosi di persone in cerca di storie capaci di stupire, come le testimonianze che sono poi state fatte, ispirandosi al titolo dell’evento stesso: «Alle radici dell’umano».

Prima dei testimoni, però, si sono espressi il sindaco Borradori che ha portato i saluti del Municipio e il vescovo Valerio che ha ripreso il tema dell’evento «Alle radici dell’umano” per ricordare che in Diocesi «ci sono diversi gruppi ecclesiali che toccano le radici, custodiscono l’umano nell’uomo, per poi scoprire che esso è già custodito da un Altro». In piazza ci sono infatti gruppi, parrocchie e movimenti ecclesiali. «La Chiesa unita – quella composta da diverse realtà è il primo atto missionario», ha osservato ancora il vescovo. «Il primo atto della Chiesa è essere unita, scoprendo il gusto di essere popolo».

Quindi la parola è passata ai laici che vivono esperienze forti di presenza: nel servizio ai carcerati, tra persone al margine della società oppure vivendo con passione la sfida educativa in mezzo alle nuove generazioni.

Michele Cantoni – professore al Liceo diocesano – ha testimoniato sul senso dell’educazione cristiana dei giovani, spiegando il metodo educativo di don Luigi Giussani e mostrando l’apporto del Movimento di Comunione e Liberazione alla questione educativa.  «Un giorno un giovane mi ha detto di accorgersi di avere dentro il desiderio di cambiare il mondo. Cosa rispondergli se non con le parole di Giussani? nessuno è capace di essere quello che deve essere; per questo c’è Dio. È così che ho iniziato a parlare di me ai ragazzi. Ho iniziato a pescare laddove non credevo di trovare pesci. Il vero criterio educativo? Portare l’allievo a chiedersi: come posso servire di più il Regno di Dio? GS e il metodo di Giussani puntavano a questo, facendo si che la carità diventasse non un gesto occasionale, ma una mentalità. Perché la Chiesa è un luogo commovente in cui ognuno si dona all’altro».

 I coniugi Gaetano e Paola Cascio, membri del Cammino Neocatecumenale, hanno invece parlato della loro particolare missione a Ginevra, dove incontrano quotidianamente famiglie che vivono nella precarietà: «L’entusiasmo per andare avanti ci è dato dal Signore; è lui che porta avanti le cose. È incredibile l’opera di Dio attraverso la sua Chiesa. Alle famiglie distrutte – e oggi ce ne sono tante – e alle persone sole Dio porta amore e noi attraverso di Lui».

 Enrico Berardo  e Elisabetta Cipollone, collaboratrice di Prison Fellowship, hanno invece testimoniato di come il Rinnovamento nello spirito e con esso la Chiesa è capace di coinvolgersi fattivamente con le periferie esistenziali. È infatti da anni sperimentata dal movimento l’animazione liturgica nelle carceri, anche in Ticino. Grazie alla collaborazione con Prison Fellowship, inoltre esso dà il suo sostegno a delle iniziative basate sul concetto di giustizia riparativa, che fanno incontrare le vittime con i detenuti. «Esperienze che fanno maturare il lato umano anche in persone che si sono macchiati di gravi delitti. Si tratta di sanare le ferite e spezzare le catene perché la speranza trovi un varco nei loro cuori», suggerisce Enrico. Progetti simili, che mirano ad una guarigione interiore, sono oggi in atto in molte parti del mondo, dal Ruanda alla Cambogia al Pakistan.

Quindi la testimonianza di Elisabetta: «Mio figlio è stato investito mentre tornava dall’oratorio. L’ho salutato alle 15 e me lo sono ritrovato tra le braccia morto alle 18. Da quel momento è iniziato un mio strenuo percorso per far sì che fosse fatta giustizia. Desideravo ardentemente che fosse comminata la pena giusta per questo reato. La clemenza non era nei miei progetti. Finché Marcella Reni, Presidente del Prison Fellowship Italia, un giorno mi accostò durante una conferenza e mi chiese di partecipare a un gruppo che praticava il concetto di giustizia riparativa. Bastò un incontro con i detenuti: la loro sofferenza mi entrò dentro. Da quel momento io ci sarei sempre stata per loro e loro ci sarebbero sempre stati per me. Io che volevo mettere il mio prossimo davanti al mio dolore, sono invece stata conquistata dalla sofferenza interiore dei detenuti, che pure erano colpevoli di reati simili a quelli che avevano causato la morte di mio figlio. Il nostro dolore si è fuso e siamo guariti».

Diversa ma ugualmente densa di umanità la vicenda di Jean-Guy Thomas, imprenditore della Bretagna aderente al Movimento dei Focolari e presidente dell’associazione «Village Saint Joseph». «Ho passato – ammette – ben 15 anni della mia vita a gestire la mia impresa senza un briciolo di fede. Poi, nel 1998, in seguito a un momento di profondo sconforto, mi sono convertito e niente è stato più come prima: ho capito che, anzitutto, dovevo vivere la mia esperienza lavorativa alla luce degli insegnamenti del Signore. Tocca a noi fare del nostro lavoro un regno d’amore. Ma ad un certo punto anche questo non mi bastava più: ho sentito forte nel mio cuore che il mondo degli affari di cui facevo parte doveva andare a toccare, coinvolgere, accarezzare il mondo degli esclusi, quelle stesse persone che questo mondo crudele e avido aveva messo ai margini. È così che è nato il Village Saint Joseph, pensato proprio per tutte quelle persone ferite dalla vita, un luogo dove le persone possano ricostruirsi. Con il tempo sono loro, gli esclusi, gli emarginati, i dimenticati, i fragili ad essere diventati la mia casa. Ora che sono in pensione la mia impresa è il Village stesso. Perché più do più ricevo«.

L’evento diocesano, dopo queste toccanti testimonianze, si è concluso con un momento altrettanto intenso animato dalla comunità di Palavra Viva e dal Rinnovamento nello Spirito nella chiesa di S. Antonio a Lugano. Poco prima il Vescovo, nelle sue parole conclusive, ha ricordato che «la presenza che abbiamo dentro ci chiama fuori, perché l’uomo non solo ha una missione, ma è missione«.

 

 

Mons. Lazzeri e don Marco Dania (foto di archivio). | © Angela Vinciguerra
10 Giugno 2018 | 14:17
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