Ticino e Grigionitaliano

Lugano: il «Cristo nell'Orto degli Ulivi» di Vincenzo Campi (1536-1591) esposto nella chiesa di S. Carlo

Dalla «Madonna delle rose» di Aurelio Luini al «S. Francesco in meditazione» di Michelangelo Merisi da Caravaggio, passando – tra i tanti – dalla «Madonna con Bambino» di Rubens, per poi arrivare, oggi, 30 aprile alle 18 a inaugurare l’esposizione del «Cristo nell’orto degli ulivi» del cremonese, chiamato a Milano, Vincenzo Campi (1536-1591). Sono tanti e decisamente importanti i quadri esposti, dal 2015 a questa parte, nella chiesa di S. Carlo Borromeo a Lugano, su iniziativa della Confraternita di San Carlo Borromeo. Incontri artistici, che prevedono, oltre all’esposizione del quadro, l’intervento di relatori qualificati, scelti tra i massimi esperti dell’autore dell’opera. Fra gli obiettivi: leggere, nello specifico, le istruzioni di S. Carlo sull’arte cristiana, gettare nuova luce sulla riforma cattolica e restituire all’arte sacra quello stesso valore che il Borromeo le attribuiva, ovvero farne uno strumento di lettura per la parabola cristiana. Così è per il dipinto di Vincenzo Campi: «È il 1560 – ci spiega il prof. Franco Paliaga, che interverrà alla serata – quando i fratelli Antonio e Giulio Campi si trasferiscono da Cremona a Milano. Sarà lo stesso Carlo Borromeo a dare loro varie commissioni. Il fratello minore, Vincenzo, li raggiungerà di lì a poco. Egli sarà l’Autore di alcune delle più belle opere dell’intera Diocesi milanese. Mentre nel Cristo inchiodato alla croce della Certosa di Pavia, dà prova di sapersi calare perfettamente nell’atmosfera di solenne drammaticità richiesta agli artisti negli anni della Controriforma, agli anni tra il 1586 e il 1589 corrisponde la sua più importante opera, dipinta in collaborazione con il fratello Antonio: la volta della chiesa di S. Paolo Converso».

Sul rapporto tra San Carlo e l’arte, questa sera interverrà anche la prof.ssa Fabiola Giancotti: «Pur senza l’intenzione di limitare la creatività degli artisti, San Carlo aveva scritto alcune istruzioni di carattere pratico, sia per gli aspetti architettonici sia per le pitture. Sottolineò, ad esempio, che le chiese fossero costruite con ampie scalinate, che le sopraelevassero rispetto al livello della strada. Si circondava, inoltre, di artisti che sapessero, con la loro arte, rendere efficace il messaggio evangelico. I Campi erano tra coloro che riuscivano, secondo il Borromeo, con la loro opera, a produrre questo effetto».

Il dipinto esposto a Lugano proviene da una collezione privata e normalmente non viene esposto al pubblico. «Aion.Art», diretta da Sira Waldner e Claudio Metzger, studiosi, ricercatori e membri della Confraternita, è l’agenzia di consulenza artistica, che rende possibile, da sette anni a questa parte, lo studio di queste opere «nascoste»: «L’idea di fondo è che fruire con immediatezza e spontaneità dell’arte aiuti anche il proprio cammino di fede. È quella che Papa Benedetto XVI, riprendendo Sant’Agostino, ha indicato come «via pulchritudinis«: l’arte che, attraverso la bellezza, evangelizza ed è, al contempo, strumento di dialogo tra le culture, necessità oggi più che mai sentita. Sconfinando nel quotidiano, l’arte eleva così verso l’infinito», ci spiegano. Il Cristo nell’orto degli ulivi del Campi viene riproposto per la seconda volta. Perché? «È un Cristo che, pur non avendola ancora vissuta, ha già vinto la morte, con la fede e la preghiera, superando la debolezza umana, come indicano gli strumenti della Passione ai suoi piedi. Un messaggio di speranza, che ci indica una via di superamento del dolore, nella drammaticità del tempo presente».

Il dipinto rimarrà esposto nella chiesa in via Nassa fino all’8 giugno.

Laura Quadri

30 Aprile 2022 | 04:16
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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